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(15 Novembre 2010) Enzo Apicella
Continua la protesta degli immigrati bresciani sulla gru contro la sanatoria truffa

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    Il 23 giugno partecipiamo al processo contro i detenuti di Corelli in lotta

    (22 Giugno 2005)

    Aggiornamento: Venerdì 17, di mattina, Bocea Marian è stato espulso dal CPT di Corelli verso la Romania. Certamnente non ci sarebbe nessuna novità in questa notizia; ormai ci abbiamo tristemente fatto abitudine alle deportazioni (curioso notare che anche l'Alitalia tecnicamente li definisce "passeggeri deportati con accompagnatore").

    Ma quella di venerdì è una deportazione un po' speciale perchè si tratta di uno dei tre testimoni a difesa dei 16 imputati che giovedì 23 giugno affronteranno l'udienza di 1° grado per gli episodi accaduti la sera del 23 maggio in via Corelli.

    A seguito di quegli incidenti c'era stato l'arresto per danneggiamento di 21 detenuti. Di questi 4 hanno scelto il rito abbreviato e sono stati condannati a 8 mesi senza sospensione della pena (la difesa ne chiedeva l'assoluzione, il PM chiedeva sei mesi con sospensione della pena). Un altro ha patteggiato e si è preso una condanna a 6 mesi sempre senza sospensione della pena.

    Ma la maggioranza degli arrestati, rivendicando la protesta "per la libertà" (testuale nelle udienze di convalida) si è dichiarato estraneo ai danneggiamenti e, pertanto ha scelto di andare al rito ordinario.

    Formalmente si tratta di un processo a 21 persone accusate di aver danneggiato gravemente una struttura di cui sono ufficialmente "ospiti"; questa è la definizione testuale che si legge nelle testimonianze della croce rossa, le uniche fornite dall'accusa. Testimonianze che riguardano direttamente solo 4 dei detenuti di cui due sono stati già condannati e due si dichiarano estranei.

    Bocea Marian era esattamente uno dei testimoni chiave a discapito degli accusati.

    Negli altri CPT

    Da qualche mese, a partire da via Corelli, si è accesa la lotta all'interno dei Centri di Permanenza Temporanea che in alcune occasioni ha assunto la forma di vera e propria rivolta.

    "Siamo stati spogliati dei nostri diritti come esseri umani, ci hanno ingabbiato come animali", diranno nel loro comunicato i detenuti del CPT di via Mattei a Bologna.

    Alle condizioni di reclusione all'interno dei CPT, va sommata la violenza dei rastrellamenti che dai quartieri come San Salvario a Torino fino ai campi rom di MIlano, vengono eseguiti da polizia e carabinieri.

    Di fronte all'intensificarsi della lotta, al tentativo di coordinarla dal basso, alla radicalizzazione dei contenuti stessi delle lotte che, a partire dalla denuncia delle pessime condizioni interne di sopravvivenza, tendono ad assumere le caratteristiche di una battaglia più complessiva per la chiusura dei CPT, lo stato risponde con violenze, arresti, deportazioni. A Milano, il 23 maggio, l'ennesima protesta dei detenuti di via Corelli si è così "risolta" con manganellate sul tetto, 21 arrestati di cui 9 tuttora in carcere a San Vittore.

    L'azione repressiva, tesa ad intimidire i detenuti nei CPT e a criminalizzare ed isolare chi solidarizza con la loro lotta, rivela l'inquietudine dello stato nei confronti di una possibile generalizzazione della lotta che se da una parte potrebbe aprire un pericoloso varco all'interno di un sistema detentivo sempre più diffuso e differenziato, di cui i CPT costituiscono un anello (forse il più debole poiché ancora non completamente integrato e per molti versi indefinito da un punto di vista giuridico e normativo), dall'altra pone immediatamente questioni politiche e interrogativi più generali per esempio rispetto all'utilizzo in chiave militare e poliziesca di porzioni sempre più consistenti della società (Croce Rossa, Vigili del Fuoco, personale salariato del trasporto pubblico e privato, lavoratori aeroportuali), fino ad arrivare al ruolo non più mascherabile ricoperto dall'Italia nella guerra imperialista in corso in molti dei paesi di provenienza degli immigrati reclusi e quindi alle finalità reali dell'allarme terrorismo.

    Crediamo pertanto che sia necessario sostenere e contribuire a generalizzare questa lotta, allargando questo nuovo varco che è andato aprendosi all'interno dei progetti oppressivi e repressivi che lo stato, in tutte le sue varianti politiche, persegue sul "fronte interno" per mantenere una pacificazione forzata del conflitto sociale e di classe.

    LA SOLIDARIETA' E' UN'ARMA: USIAMOLA!
    GIOVEDI' 23 GIUGNO PRESENZIAMO NELL'AULA DEL TRIBUNALE DOVE SI TERRA' IL
    PROCESSO CONTRO I 21 DETENUTI DI VIA CORELLI.

    Non lasciamoli soli il 23 giugno! Appuntamento dalle 9 dentro il tribunale, 1° piano, II sezione d'Assise

    CHIUDERE I CENTRI DI PERMANENZA TEMPORANEA
    BLOCCARE LE ESPULSIONI
    IMPEDIRE I RASTRELLAMENTI
    SOLIDARIETA' CON GLI ARRESTATI E I PERQUISITI DI QUESTI ULTIMI GIORNI

    Comitato di sostegno alla lotta dei detenuti in via Corelli

    Fonte

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