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MALEDETTO LAVORO!

(16 Dicembre 2017)

Quando c’è ti ammazza di fatica, di malattia, di infortuni,
di nevrosi, di stress, di depressione, succhiandoti la vita.
Quando non c’è, o è precario, ti costringe a rinunce, stenti, insicurezze, frustrazioni, succhiandoti la vita.
MALEDETTO LAVORO !
Chi lavora, sa come stanno le cose.
Solo chi lavora lo sa!
Gli altri parlano di lavoro, ma non lavorano, non sono costretti per un misero stipendio a vendere testa e corpo ad un padrone per una vita.
Gli altri, quelli che non lavorano, pontificano, nobilitano, benediscono, criticano, fanno finta di “difendere” i lavoratori, ma non lavorano, appunto!
Tutti parlano di lavoro meno i lavoratori
perché devono mantenere chi parla di loro.

Succede sempre, in particolare prima di ogni campagna elettorale, come quella, lunga, odierna, che ci perseguiterà fino al 4 marzo.
Prima ci hanno preso in giro sulle pensioni, sindacati e partiti, facendo finta di opporsi (con tanto di corteoni!) all’innalzamento dell’età pensionabile di 5 mesi (da 66 e 7 mesi a 67 anni) dopo che ci avevano fatto trangugiare, senza muovere un dito, i 6, i 7, gli 8, i 9 (nel caso dei ferrovieri!) anni in più imposti dall’Europa e dai suoi servitori al governo.
Adesso, tocca al lavoro festivo, e notturno.
La pletora dei chiacchieroni di media, carta stampata, politica, chiesa e sindacato fanno finta di non sapere che il lavoro festivo e notturno è sempre appartenuto a molte categorie di lavoratori, e che da diversi anni sta rovinando la vita a quasi tutti i lavoratori, in particolare quelli della distribuzione, del grande e del piccolo commercio.
E’ questo il frutto di un movimento reale profondo, che ha già determinato nei decenni passati il soppiantamento della piccola bottega da parte dei centri commerciali, e che ora stà imponendo la concorrenza degli stessi con l’e-commerce di Amazon etc.
E’ il tempo del capitale che non dorme mai, col suo ciclo h24 365 giorni all’anno!
E’ la sua legge, frutto della planetizzazione di mercato, non una volontà politica comunque orientata.
C’è da dire, in verità, che lavoro festivo, notturno ed addirittura disagiato, in un altro mondo, in un’altra società, potrebbero essere utili come servizio alla comunità; ma il problema è che in questo mondo, in questa società, il lavoro in se presuppone lo sfruttamento salariato “dedicato” al lucro, al dividendo, al profitto, non certo al servizio (come dimostra ampiamente lo stato comatoso dei trasporti pubblici metropolitani ed il trasporto ferroviario curato quasi esclusivamente nella sua fascia fast) .


Ed è proprio l’ansia da sfruttamento all’osso unita a quella per la concorrenza interna ed internazionale che sta determinando la diffusione del lavoro nei giorni festivi, di notte, sempre: qualcosa che impedisce e mutila pesantemente la libera organizzazione della propria vita insieme al mantenimento di rapporti sociali, familiari, affettivi decenti.
Un vero e proprio lavoro forzato, contro il quale a poco servono le prese in giro sulla cosiddetta “scelta individuale” (la possibilità utopica del lavoratore di scegliere se lavorare o meno i giorni festivi impedita da contratti che ne contemplano a priori l’accettazione pena ritorsioni o licenziamento!).
Come a poco servono le “spiegazioni” giornalistiche su presunte “resistenze e nostalgie contro l’innovazione”, o le omelie vaticane (alle quali si è prontamente genuflesso il 5 stelle Di Maio) preoccupate dalla “perdita di tradizione”, di fedeli, di frequentazione parrocchiale domenicale e dei conseguenti oboli, o la ipocrita “difesa dei diritti” (solo a Natale?) da parte di partiti e sindacati di stato avidi di voti e tessere.
Potenza di una campagna elettorale estranea a chi lavora, che tenta la strumentalizzazione politica, sindacale e compassionevole in extremis, a fronte di una estraneità astensionista del 60% e di un improbabile suo recupero.
Da una parte un movimento reale senza combattive ed organizzate opposizioni operaie, dall’altro la ripresa che soffia sul “consumismo” per troppo tempo rimandato, producono la trasformazione del “lavorare per vivere” nell’attuale “vivere per lavorare”.
A noi lavoratrici e lavoratori la “fortuna” del lavoro non ci serve né nei giorni festivi, né in quelli feriali.
La verità è che ci servono i soldi per campare,
tutti i giorni, feriali e festivi.
Una lodevole resistenza contro il lavoro festivo, se non è inserita dentro una campagna generale contro lo sfruttamento, rischia di prestarsi solo ad utilizzi elettoralistici, sindacali di stato e vaticani, senza produrre alcun risultato.
Siamo schiavi dei soldi e quindi del lavoro, fisso, precario, intermittente, a chiamata, interinale, di giorno, di notte, sempre; schiavi di ciò che serve ed è utile e anche di ciò che non serve, inutile e dannoso, ma che l’ideologia dominante impone trasformando le merci in idee e le idee in merci.
Schiavi senza lavoro e soldi, o ridotti a lavorare molto, troppo, sempre, senza avere il tempo di vivere.
Schiavi come i “consumatori”, altri lavoratori stritolati tutti i giorni della settimana e che magari trovano una “comodità” il lavoro domenicale o festivo di altri.
Se solo si comprendesse e si organizzasse questa comunanza di condizioni schiavistiche, salterebbero per aria insieme alle chiacchiere di tutti i nostri “difensori”, anche il violento vincolo ideologico del “lavorismo consumista”ed i rapporti di produzione e distribuzione che lo sottendono.
Sarebbe l’alba di una nuova umanità, della libera attività, in cui la schiavitù salariata diverrebbe una società preistorica, indegna degli esseri viventi.
Ma questo è un programma che non trova posto sotto nessun logo elettorale.

Pino ferroviere

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