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Esposto sulla sicurezza delle linea ferroviaria Bologna-Verona gennaio 2005

(22 Gennaio 2005)

A prescindere dagli esiti che scaturiranno dalle inchieste in corso sull’incidente del 7 gennaio 2005 nella Stazione di Bolognina e dalla causa primaria che ha determinato il tragico evento, si vogliono qui sottolineare alcuni aspetti fondamentali, utili per una corretta valutazione sia della dinamica che del contesto in cui tale evento si è verificato, e al tempo stesso denunciare le gravi carenze strutturali che hanno avuto un importante ruolo nel determinare quanto accaduto al punto da poter essere individuate come concausa.

Linea a semplice binario.

La linea ferroviaria Bologna-Verona è un importante e trafficato ramo ferroviario della dorsale, di collegamento tra il sud e il nord d’Italia e d’Europa, e si configura, quindi, come tracciato di importanza nazionale ed internazionale. Ciononostante, l’esigenza di un suo potenziamento è stata ignorata fino agli inizi degli anni ’70, periodo al quale risalgono le prime proposte di tracciato per il raddoppio della linea.

Solo agli inizi degli anni ottanta iniziarono i primi veri interventi strutturali per il raddoppio, ma inspiegabilmente a distanza di 25 anni l’opera è rimasta per lunghi tratti incompiuta. Recentemente è entrato in esercizio il raddoppio nel tratto Bologna-Tavernelle/San Giovanni in Persiceto (12 Km, per mezzo di un viadotto che era già stato ultimato nel lontano 1982) e Nogara/Verona (35 Km), ma rimangono ancora importanti tratti a semplice binario, compreso il luogo dell’incidente. Questa grave carenza strutturale, fa da cornice al tragico accadimento; i gravi ritardi e la mancanza di volontà di sviluppo del trasporto ferroviario, conseguente alle politiche attuate dai vari governi che si sono succeduti in questi decenni, hanno portato ad una situazione intollerabile; solo nel 1999 il progetto sembrò aver imboccato la dirittura d’arrivo, anche se oggi i lavori sembrano ancora una volta rallentati per ragioni inspiegabili.

Ad oggi, sono in corso i lavori per la costruzione della linea ad alta velocità, che sarà conclusa presumibilmente nel 2008, ma fino a quella data non sono previsti interventi di ammodernamento delle linee c.d. storiche, compresa la Bologna – Verona, la quale è giornalmente percorsa da centinaia di treni, tra cui Eurostar, Intercity e treni internazionali di letti e cuccette. Non si comprende, quindi, come sia stato possibile lasciare in queste condizioni una linea di tale importanza per il trasporto ferroviario europeo. Questi fattori di contesto strutturale sono elementi di responsabilità oggettiva dell’impresa.

Dotazione di apparati obsoleti per la regolazione della circolazione

La circolazione della linea Bologna – Verona è regolata attraverso diversi regimi d’esercizio. In quei 115 chilometri di linea ferroviaria i regimi d’esercizio cambiano 3 volte (blocco elettrico automatico da Bologna C.le a Bologna Tavernelle (a correnti codifica fino a Bivio S.V.), a blocco elettrico conta assi da Tavernelle a Nogara, a blocco elettrico automatico a correnti codificate da Nogara a Verona P.N.). Nel tratto interessato al disastro ferroviario il sistema d’esercizio era il blocco elettrico conta – assi, sistema che non rappresenta affatto il massimo che la tecnologia mette a disposizione per rendere moderno e sicuro quel tratto di linea così importante e trafficato.

Le condizioni climatiche, la nebbia che non è affatto un fenomeno eccezionale, sono argomenti tali da consigliare l’adozione, proprio su quella linea, di tutte le tecnologie di sicurezza conosciute; invece, i lavori di ammodernamento si sono prolungati in maniera assurda, al punto che solo fino a pochi mesi fa ancora vigeva il blocco elettrico manuale tra le stazioni di Poggio Rusco e San Felice sul Panaro.
Tali carenze sono state ampiamente superate dal sistema di blocco detto “blocco elettrico automatico a correnti codificate”, utilizzato sulle linee di uguale importanza, come ad esempio la Bologna/Venezia o la Bologna/Ancona e nelle tratte iniziali della stessa linea Bologna – Verona rimasta però incompiuta.

Infatti il regime d’esercizio a blocco elettrico automatico a correnti codificate, sebbene sia stato concepito negli anni 60, è il sistema più efficace conosciuto ai giorni nostri perché è in grado di far conoscere in anticipo l’aspetto che segnali che si incontreranno ed è in grado di verificare in ogni momento che tale aspetto permanga sino al superamento del segnale stesso. Il sistema è in grado di intervenire automaticamente, arrestando il convoglio in tutti i casi di sequenza anomala di segnalamento, di indebito abbattimento di barriere ai P.L., di eventuale rottura di una rotaia ed in ogni caso di eventuali inosservanza dei segnali da parte del macchinista. Per questa ragione i macchinisti hanno sempre rivendicato l’estensione di tale sistema d’esercizio su tutta la rete ferroviaria, ad iniziare dai tratti di linea a maggiore intensità di circolazione, e hanno sempre rivendicato di dare continuità ai regimi d’esercizio, ritenendo una criticità per il nostro lavoro la discontinuità dei regimi, soprattutto quelle interruzioni delle linee attrezzate con la ripetizione segnali che non a caso abbiamo definito “buchi neri”.
I cambiamenti dei regimi d’esercizio sono di per se stesso un elemento di criticità e appare colpevole aver lasciato questa linea in uno stato di continua precarietà per tanti anni.

Convergenza degli itinerari

La stazione di Bolognina è dotata di un solo binario di ricovero per entrambe le direzioni di marcia dei treni, cosa che rende particolarmente rischiosa l’effettuazione degli incroci, in quanto non è tecnicamente possibile realizzare la totale indipendenza degli itinerari percorsi dai treni che sopraggiungono da direzione opposte.
Nella fattispecie, infatti, i due treni si trovano sullo stesso binario fino al momento in cui uno dei due viene interamente ricoverato sul binario deviato.

Allo scopo di attenuare in parte questa penalizzante situazione, comune peraltro ad altre località su questa stessa linea, il Regolamento di Circolazione dei Treni prevede la fermata obbligatoria di entrambi i treni ai rispettivi segnali di protezione (in questo caso la distanza tra i due treni è di circa 1500 metri).
Ciò consente al Dirigente Movimento della stazione di far entrare il treno che deve essere fermato sul binario deviato e solo dopo averne accertato il giunto e il completo ricovero nel binario deviato (cioè il binario utilizzato per gli incroci e le precedenze), sarà autorizzato a disporre il segnale di protezione, dalla via impedita, alla via libera incondizionata al treno che deve transitare sul binario di corretto tracciato (quello che normalmente percorrono i treni).

In questo modo i treni restano sempre ad una distanza molto ampia, che consente anche, eventualmente, di arrestare il convoglio in caso di errore o emergenza di vario genere.

In altre stazioni, invece, dove i binari di ricovero sono più di uno e distinti per le due direzioni, dove quindi si realizza appieno l’indipendenza degli itinerari, il Dirigente Movimento può ricevere contemporaneamente i due treni nei loro rispettivi binari deviati, evitando così porli uno di fronte all’altro. Entrambi i treni, quindi, entrano a velocità ridotta in stazione (30 o 60 Km/h a seconda delle condizioni d’impianto) ed utilizzando due distinti rami di binari.

La stazione di Bolognina, come sopra accennato, pur non avendo le caratteristiche che rendono indipendenti gli itinerari, ha subito una modifica della segnaletica per “surrogare” questa indipendenza; è stata utilizzata la norma del regolamento ferroviario che consente di non considerare ostacolo qualsiasi impedimento che si trovi oltre 50 metri dal segnale di partenza (vedere comma 3 articolo 21 dell’IPCL). Con questa modifica alla segnaletica, quindi, siamo passati da 1500 metri circa a poco più di 50 metri di distanza tra i due treni. Come si può ben comprendere questa norma è molto controversa e oggetto di contestazione da parte dei macchinisti.

In questa circostanza e per effetto di quelle norme regolamentari, l’arresto del treno Interregionale n. 2255 al segnale di protezione della stazione di Bolognina non è più obbligatorio, in quanto, per effetto dello spostamento del segnale di protezione lato Crevalcore, che ha distanziato lo scambio di ingresso a più di 50 m. dal segnale di partenza della stazione di Bolognina, ha reso “possibile” il ricevimento del treno 2255 in stazione sul binario di corsa fino al segnale di partenza, pur in presenza del treno proveniente dalla direzione opposta, che può così entrare in stazione contemporaneamente (itinerario convergente).

Questo espediente ha peggiorato le condizioni di sicurezza dell’impianto perché in caso di errore di interpretazione del segnale di protezione della stazione di Bolognina, ovvero di improvvisa disposizione a via impedita del segnale di partenza della stazione stessa, diventa impossibile per il macchinista correggerlo o comunque di rispettarne l’indicazione, in quanto non vi è più lo spazio di frenatura sufficiente per arrestare il treno prima di entrare in collisione con il treno che sta giungendo in stazione dalla direzione opposta, come è appunto accaduto il giorno 7 gennaio al treno 2255.

Il tr. 2255 ha così investito il treno merci prima che potesse inoltrarsi sull’itinerario a lui assegnato per il ricovero in deviata, in quanto si trovava sullo stesso itinerario e non vi era più lo spazio sufficiente per arrestasi senza entrare in collisione. Questo evento non sarebbe potuto accadere, con gli stessi effetti e le stesse modalità, se non fosse intervenuto lo spostamento del segnale sopra citato; pertanto questa operazione, sebbene conforme alle norme vigenti, ha peggiorato le condizioni di sicurezza dell’impianto ed è divenuta concausa dell’evento. Benché dal punto di vista delle regole costruttive degli impianti ferroviari lo spostamento del segnale sia ammissibile, , appare evidente che nella sua attuazione non si sia proceduto ad una corretta analisi del rischio che tale provvedimento avrebbe potuto generare. In altre parole, per rischio, nella tecnica, s’intende il prodotto della probabilità di un evento dannoso per l’entità del danno, diretto o indiretto, che esso può produrre. Perciò può accadere, e accade negli impianti ferroviari in cui l’incidente può avere le dimensioni di un disastro, che il rischio sia molto alto anche se è bassa la probabilità d’incidente; e un’analisi accurata è particolarmente importante. Non risulta che essa sia stata compiuta, altrimenti la sua insicurezza sarebbe apparsa immediatamente evidente, e si sarebbe già provveduto alle necessarie modifiche dell’impianto.

Rimozione dell’apparecchiatura di ripetizione discontinua dei segnali.

Negli anni 70 vennero sperimentati due sistemi di sicurezza definiti ripetizione segnali continua e ricezione segnali discontinua. Sulla linea Bologna – Milano venne sperimentata la ripetizione segnali continua e sulla linea Bologna – Verona venne sperimentata la ricezione segnali discontinua; le linee non vennero scelte a caso, infatti:
- la Bologna – Milano era già una linea a doppio binario ad alta intensità di circolazione e la ricezione segnali continua si prestava bene anche allo scopo di aumentare la velocità in quanto, con queste apparecchiature, aumentano anche gli spazi di frenatura perché è possibile conoscere in anticipo l’aspetto dei segnali che il treno incontrerà sul loro percorso. L’apparecchiatura era anche associata al controllo di velocità, sui mezzi di trazione che potevano superare i 150 Km/h.
- La Bologna – Verona era una linea a semplice binario, anche con un carico di traffico elevato e caratterizzata da condizioni climatiche avverse, a causa delle frequenti nebbie. La ripetizione segnali discontinua rappresentava una soluzione tecnica adatta alla particolare situazione.

Ovviamente, proprio in ragione del fatto che la ripetizione segnali continua aveva ed ha un elevato grado di efficienza e di affidabilità si sviluppò e nel tempo venne adottata su circa 4600 km di linee, mentre la ripetizione segnali discontinua venne abbandonata.
La ripetizione segnali discontinua consentiva al macchinista, per mezzo di un apposito monitor, di avere la conferma dell’aspetto del segnale che stava superando, richiamava l’attenzione del macchinista con una spia luminosa ed acustica e richiedeva il riscontro dell’avvenuto riconoscimento del segnale da parte del macchinista stesso attraverso la pressione un pulsante, entro massimo 3 secondi dal superamento del segnale; in caso di mancato riconoscimento interveniva automaticamente, arrestando il treno.
Tale apparecchio, seppure perfettibile, dava al macchinista la certezza di aver correttamente preso visione dei segnali luminosi e, in caso di mancata risposta, provocava l’immediato arresto del treno, attraverso l’attivazione della frenatura fino al totale arresto del treno.

Se fosse stato presente tale apparecchiatura, l’eventuale superamento di un segnale, senza la pressione dell’apposito pulsante avrebbe potuto provocare l’arresto del treno prima dell’impatto e avrebbe potuto evitare il disastro.

La dismissione di questa apparecchiatura, dopo un lungo periodo di sperimentazione, fu motivata per la sua limitata efficacia, rispetto alla ripetizione segnali continua che all’epoca cominciava ad essere estesa sulle altre linee di interesse nazionale.

La sua rimozione, pertanto, si configura come una grave omissione di strumenti di sicurezza, dal momento che nessuna altra tecnologia è stata installata in sua sostituzione.

A tale proposito si vuole sottolineare il fatto che il sistema di controllo marcia treno (definito in sigla SCMT) è, in realtà, un sistema che assomiglia molto alla ripetizione discontinua, avendone mutuato lo stesso principio di funzionamento, è soltanto più sviluppato ed efficace, anche perché associato al controllo di velocità.

Ridondanza di sistemi di sicurezza su altre linee della Regione Emilia Romagna

Mentre lo stato in cui versa attualmente la linea Bologna-Verona è quello che si è appena sopra descritto, sulle principali direttrici ferroviarie della Regione, particolarmente negli ultimi mesi, il Gestore dell’infrastruttura, RFI, sta procedendo alacremente all’installazione di boe elettromagnetiche collegate ai segnali fissi della linea e facenti parte del sistema di sicurezza denominato “Sistema di Controllo Marcia Treno” (SCMT). In sintesi, tale apparecchiatura, che è composta, oltre che dalle boe, anche di un apposito apparato di lettura delle stesse collocato sui mezzi di trazione, ha lo scopo di regolare la marcia dei treni, imponendo loro una velocità prestabilita a seconda delle condizioni della via. Tale installazione è avvenuta in via prioritaria sulle linee a blocco automatico a correnti codificate, cioè laddove è già possibile il controllo automatico della marcia dei treni, il controllo di velocità, l’arresto del treno nei casi di anormalità, di sequenze anomale nella segnalazione e di mancato riconoscimento dei segnali da parte del personale di macchina, ma anche qualora vi fosse una interruzione, rottura o occupazione del binario, ingombro in linea da parte di oggetti metallici estranei, apertura impropria di passaggi a livello o altre situazioni critiche della circolazione.

A nostro parere e per l’esperienza che ci deriva dal mestiere, il sistema SCMT proprio per le sue caratteristiche ci sembrava più indicato per le linee a semplice binario, oggi sprovviste di qualsiasi apparato di sicurezza; invece, per ragioni legate agli obiettivi di realizzazione dell’equipaggio a macchinista solo, si sono privilegiate altre scelte.
Appare grave, con queste premesse, pertanto, che non si sia pensato di destinare tale sistema di sicurezza proprio sulla linea Bologna-Verona; ancora più grave appare il fatto che solo in seguito agli incidenti di Solignano, (sulla Parma-La Spezia) in cui morirono 5 macchinisti, o quello di Casalecchio Garibaldi, che provocò 127 feriti ed un morto avvenuto successivamente all’evento per altre cause, si sia cominciato ad installare tale apparecchiatura su quelle linee a semplice binario che hanno caratteristiche del tutto simili alla Bologna - Verona.

Evidentemente, sia RFI che può valorizzare sul piano economico le proprie tracce orarie sia la Società Trenitalia, attraverso l’SCMT e l’installazione di un apposito sistema di vigilanza detto VACMA, sono interessate a questa dotazione sulle linee principali per poter ridurre da subito la composizione dell’equipaggio di macchina ad un solo macchinista, ignorando le ripercussioni negative sulla sicurezza già rilevate dal Comitato interregionale delle ASL chiamato a pronunciarsi sul merito del VACMA (documentazione allegata in copia).

Appare una grave omissione aver ignorato il fatto che sulla linea Bologna – Verona non sia stata introdotta alcuna nuova tecnologia di sicurezza (anzi è stata tolta definitivamente anche quella che c’era), mentre sulla Bologna – Milano si sono raddoppiati i sistemi; i macchinisti hanno ravvisato una palese incongruenza e una inefficace utilizzazione delle risorse.

6. Apparecchiatura VACMA

Da notizie di stampa apprendiamo che quel convoglio era provvisto di apparecchiatura atta alla ricezione dei segnali SCMT, ma percorrendo una linea che non era attrezzata con il sistema di terra non poteva ricevere alcuna indicazione relativa all’aspetto dei segnali. C’era l’apparecchio ricevente, ma mancava l’apparecchio trasmittente. Va notato che associato in maniera indissolubile all’apparecchiatura SCMT è stato introdotta l’apparecchiatura VACMA che altro non è che un temporizzatore che obbliga il macchinista a tenere pigiato un pedale per poi rilasciarlo prima che siano trascorsi 55 secondi, questo per il tutto il tempo che si rimane alla guida. Questa apparecchiatura non è di sicurezza, anzi, importanti studi medici e lo stesso Coordinamento Nazionale delle ASL, chiamato a pronunciarsi su indicazione della Conferenza Stato Regioni, hanno sottolineato la sua pericolosità sia per la salute del macchinista, sia per la sicurezza, in quanto richiede operazioni monotone e ripetitive e può indurre a distrazione in quanto richiama costantemente l’attenzione all’interno della cabina di guida quando la massima attenzione del macchinista deve essere, invece, dedicata agli eventi che accadono all’esterno (si allega copia dei documenti citati).

Non è da escludere affatto che l’utilizzo del VACMA da parte del macchinista alla guida del treno 2255 abbia causato proprio un effetto di questo genere, la distrazione nel momento cruciale per la visibilità del segnale, procurando un incremento dello stress e della fatica in una condizione di guida resa ancora più difficile dalle particolari condizioni climatiche.

Il macchinista del treno 2255 non seguiva le indicazioni sindacali di rifiutare le locomotive che sono dotate di queste apparecchiature, non perché non le approvasse, ma perché riteneva che le azioni comportamentali individuali non fossero efficaci anche a causa delle ritorsioni effettuate dall’impresa attraverso l’apparato disciplinare e le minacce di sanzioni sino al licenziamento, aveva sicuramente inserito l’apparecchiatura in quanto l’SCMT è un sistema integrato che assomma sia le funzioni di SCMT (dove presente), sia le funzioni di RSC (ripetizione segnali continua, dove presente) e sia la funzione VACMA (sempre attiva), anche perché in partenza da Verona e in arrivo a Bologna sarebbe comunque stata attiva la ripetizione segnali in macchina.

L’utilizzo del VACMA, quindi, è una possibile concausa del disastro.

7. Rimozione dell’uso dei petardi in precedenza ai segnali di avviso

In passato, quando sulla zona imperversava la nebbia, era prescritto dai Regolamenti che appositi incaricati mettessero in opera, sul fungo della rotaia, tre “petardi di segnalamento” che preavvisavano il personale di macchina dell’approssimarsi ad un segnale luminoso.
Detti petardi, con la loro esplosione al passaggio del treno, mettevano in allarme il macchinista, il quale si poneva alla massima attenzione per verificare l’aspetto del segnale di avviso che di li a poco avrebbe incontrato, in modo da poter regolare la velocità di marcia e rispettare il segnale successivo di prima categoria.
L’aver soppresso tale strumento, benché rudimentale, senza aver individuato un sistema alternativo più efficace, è un elemento che concorre ad elevare il fattore di rischio.

Aggravio delle condizioni di lavoro del Personale di Macchina

A seguito dell’entrata in vigore del nuovo contratto di lavoro del personale ferroviario, nel settembre del 2003, si è cominciato a verificare un appesantimento delle prestazioni lavorative nei turni del personale di macchina ed l’estensione dei mezzi di trazione con i quali RFI ha ritenuto possibile costituire equipaggi ad Agente Unico.
Se prima dell’entrata in vigore di detto contratto il macchinista poteva condurre ad Agente Unico solo Automotrici leggere e percorrere ad Agente Unico non più di 160/180 Km al giorno, a partire da quella data si prescriveva la possibilità di condurre anche locomotori della serie 464, (la stessa del tr. 2255 interessato all’incidente di Bolognina), e il nuovo limite di lavoro diveniva quello delle ore di condotta, cioè 2 ore e mezza per i servizi in sola andata con riposo fuori residenza e 3 ore e mezza per i servizi in andata e ritorno, entrambi al netto dei tempi di sosta.
Il riflesso immediato di tale prescrizione contrattuale è stato l’innalzamento del numero di servizi ad Agente Unico e delle ore di condotta nei turni del pdm, contestualmente alla riduzione, sempre prevista contrattualmente, dei riposi in residenza a fino a 11 ore e la maggiore frequenza di partenze notturne dalla residenza.
Ciò ha indubbiamente prodotto un appesantimento del carico di lavoro del personale tutto ed in particolare del personale che conduce i treni ad Agente Unico. Lo stress da turno, l’affaticamento progressivo dovuto dalle frequenti partenze di notte o al mattino presto, lo stato di pressione costante a cui viene sottoposto il macchinista che guida solo, non favorisce certamente la concentrazione; di certo il fenomeno non può essere considerato soggettivo perché riteniamo non sia affatto trascurabile e sia perciò concausa in questo disastro.
La presenza in macchina di due macchinisti, in questo senso, aveva anche la funzione di potersi alternare alla guida e giungere più vigili al termine della prestazione.
Lo stesso gestore dell’infrastruttura, peraltro, aveva consigliato di estendere i servizi ad Agente Unico con la loc. 464 in modo graduale e diluito nel tempo, indicazione ignorata da Trenitalia che ha fortemente incrementato tali prestazioni. Anche la RSU del personale di macchina, al fine di limitare il danno, nella stessa ottica, aveva richiesto di limitare l’uso della 464 alle linee attrezzate con Blocco Automatico a correnti codificate e dotate di ripetizione segnali, lasciando a doppio macchinista i treni percorrenti le linee a semplice binario e prive di ripetizione segnali, ma tale richiesta è stata accolta per i soli servizi della linea Porrettana e solo dopo l’indente di Casalecchio Garibaldi e non per la linea Bologna-Verona.

Ad aggravare la situazione vogliamo sottolineare il fatto che Trenitalia ha esteso l’utilizzazione ad agente unico anche sui treni trainati da locomotive gr. 464 in deroga alla stessa delibera 35 del 2002 di RFI e nonostante l’intervento dell’Ufficio di Vigilanza e Controllo sulle ferrovie, istituito presso il Ministero dell’infrastruttura e trasporti, che prevedeva come condizione necessaria per effettuare l’agente unico l’adozione di un sistema di comunicazione terra – treno GSM – R che non è ancora attivo.

L’insieme di questi fattori possono senz’altro aver contribuito a creare i presupposti per possibili gravi incidenti ferroviari e non averli considerati è, a nostro parere, un fattore di ulteriore aggravio del rischio.

Possibili interferenze esterne sui segnali

In tempi recenti, abbiamo sempre più spesso potuto constatare che vengono svolte normali operazioni di manutenzioni alle linee, mentre si svolge la circolazione dei treni.

Tale situazione si è manifestata ed è stato possibile documentarla da parte dei macchinisti in quanto si è verificata su linee attrezzate con la ripetizione segnali e il macchinista ha potuto dimostrare attraverso la zona tachigrafica che registra anche i codici captati e quindi nessuno ha potuto dubitare della veridicità del loro operato.

I fatti sono accaduti a luglio e a settembre del 2004 sulla linea adriatica nella stazione di San Benedetto del Tronto (tr.55511 del 6/9/04) e nella stazione di Porto San Giorgio (15/7/04 tr.IC 573); a dicembre del 1998 invece è avvenuto un vero e proprio disastro ferroviario nei pressi del Posto Movimento Capena, sulla linea direttissima Roma – Firenze. Restano un problema non risolto i numerosi, troppi, casi di irregolare sequenza della segnalazione verificatisi nella stazione di Casalecchio Garibaldi sui quali occorrerebbe aprire un capitolo specifico.
In tutti questi casi si è verificato una difformità tra l’aspetto dei segnali che il treno ha realmente incontrato, con i segnali che avrebbe, invece, dovuto incontrare secondo la normale successione o per il percorso effettuato.
Il fenomeno è molto più diffuso di quanto non sia possibile dimostrare da parte dei macchinisti, infatti, spesso vengono contestati ai macchinisti errori che in realtà non hanno commesso, semplicemente perché non hanno alcuna possibilità di documentare realmente l’aspetto dei segnali che hanno incontrato sul loro tragitto.

Fermo restando quanto affermato in premessa, pertanto, non si può escludere che il personale del treno, abbia visto un aspetto del segnale che non corrispondeva alla condizione della via, a causa di interferenze al sistema di alimentazione dei segnali o altre possibili anomalie tecniche. Appare alquanto inusuale, infatti, che il personale di condotta, intento all’osservazione dei segnali nella fitta nebbia, quindi fortemente allertato dallo stato particolare della visibilità, abbia potuto perdere di vista o male interpretato l’aspetto di un segnale di protezione.

Si ritiene, pertanto, necessario approfondire questo specifico aspetto, dirigendo le indagini in tutte le direzioni, evitando tesi precostituite che possano depistare da una corretta ricerca della verità sui fatti.

In conclusione di questa disamina, si reputa opportuno sottoporre all’attenzione di Codesta Procura la richiesta di prescrivere alla Società Trenitalia il ripristino degli equipaggi a doppio macchinista, a cominciare dai treni percorrenti linee a semplice binario non attrezzate con Blocco automatico a correnti codificate e la rimozione delle apparecchiature VACMA dai mezzi di trazione e la prescrizione ad RFI di abrogare le delibere 35 e 36 del 2002, relative alle norme sull’agente e all’utilizzazione del VACMA, nonché di redigere un piano di programmazione e finanziamento per completare l’installazione della ripetizione segnali continua sulle linee a doppio binario, per portare a termine il raddoppio delle linee ad elevata intensità di circolazione e di introdurre l’SCMT sulle linee a semplice binario.

Bologna 12 gennaio 2005

RLS Bertolini (I.A. Cargo Emilia Romagna)
RLS Corradino (ITR Toscana)
RLS Cufari (I.A. TMR Toscana)
RLS De Angelis (ITP Roma)
RLS De Paolis (I.A. TMR Emilia Romagna)
RLS Fabrizi (DPV/PdB Roma)
RLS Pellegatta (ITP Milano)

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