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Si apre una finestra sui metodi della polizia italiana

(14 Maggio 2010) Enzo Apicella
I TG trasmettono l'intervista a Stefano Gugliotta, che porta i segni del pestaggio immotivato da parte della polizia

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INIZIA IL PROCESSO PER PIAZZA INDIPENDENZA

(15 Gennaio 2018)

manifestazione di solidarietà con sgomberati di piazza indipendenza

L'11 gennaio 2018 si sarebbe dovuta tenere alle 12:00 una conferenza stampa indetta dal Si Cobas in Piazza Indipendenza a Roma. Luogo ormai noto dal 24 Agosto 2017 per il violentissimo sgombero eseguito dalle forze dell'ordine nei confronti dell'occupazione abitativa di via Curtatone, che ospitava centinaia di famiglie tra rifugiati e richiedenti d'asilo di origine etiope ed eritrea. La conferenza auspicava a sensibilizzare sulle tematiche del processo penale in corso che vede imputate tre persone, incensurate e da lungo tempo residenti in Italia, fra i quali un lavoratore della logistica iscritto al Si Cobas.

L'occupazione di Piazza Indipendenza rappresentava per noi un luogo dove centinaia di lavoratori e lavoratrici vittime dello sfruttamento dell’economia romana, trovavano un alloggio a fronte di salari indignitosi (pagati dalle cooperative di pulizia, degli alberghi o dai magazzini della logistica) i quali sono insufficenti per accedere dignitosamente al mercato degli affitti privati.

La conferenza si proponeva di esplicare il timore che, per i fatti di questa estate, possano arrivare sentenze esemplari, mentre ci teniamo a precisare che I problemi generati dagli sgomberi e rimasti tutt'ora aperti non si possono e non si devono risolvere nella condanna di tre persone a cui viene scaricata la responsabilità di tutto ciò che è successo.

Ma alla presenza di giornalisti e di un gruppo di attivisti -fra i quali, i compagni del Movimento romano di lotta per la casa, Baobab ed ex-OPG oltre agli operatori sindacali del Si Cobas stesso- l'11Gennaio 2018, si presenta una situazione surreale.
Sette camionette e unatrenitina tra Digos e funzionari dellaquestura, da subito, alzano la tensione immotivatamente, provocando i presenti e intimandogli di sgomberare la piazza (nonostante la presenza dei giornalisti e dei promotori occupasse solo una piccola parte di marciapiede e non intralciasse alcunché). Dopo qualche decina di minuti di insistenza e minacce, il gruppo si sposta in una via limitrofa per raggiungere un luogo più calmo dove tenere le interviste, alcuni giornalisti decidono di fare qualche domanda ai promotori durante la camminata e a quel punto avviene l'incredibile, i funzionari in borghese piombano nuovamente sul gruppo e minacciano giornalisti e attivisti di identificazione e di denuncia, scatenando così le ire dei giornalisti stessi. Dopo una breve ma concitata discussione la conferenza stampa si sposta dentro un cortile chiuso dove finalmente per i giornalisti è possibile fare le interviste e svolgere il proprio lavoro.

Il clima politico a Piazza Indipendenza non sembra, insomma, essersi calmato, sembra ancora di stare in agosto sotto il mirino della repressione e della violenza dello Stato. Di Piazza Indipendenza non si deve parlare, non si può. Non si può puntare il dito sulle scarse o inesistenti misure prese dal Comune per le cosiddette "fragilità", non si può parlare delle violenze poliziesche di quei giorni, non si può chiedere un processo equo per i fermati, nonostante non abbiano causato danni né a cose né a persone, a differenza delle forze di sicurezza che diedero sfoggio ad una brutalità, che non si vedeva da tempo, contro una comunità assolutamente pacifica di centinaia di uomini, donne e bambini.

Quella piazza e quei fatti sono ancora una ferita aperta per la città e per il paese, l'incapacità delle amministrazioni di dare soluzioni brucia ancora e l'ordine pubblico reagisce in maniera sproporzionata e isterica contro chiunque provi a fare luce su i fatti che portarono in piazza migliaia di persone dopo il violento sgombero.

Vogliamo giustizia per i tanti lavoratori e lavoratrici che si trovano oggi in gravi difficoltà perchè non solo gli è stata tolta la casa ma di conseguenza, a tale imposizione, sono aumentati i disagi: lo smebramento dei nuclei famigliari, le difficoltà economiche e la criminalizzazione di una intera comunità, responsabile solo di aver alzato la testa e aver lottato per quelli che sono i loro diritti ma che, esattamente come nei luoghi di lavoro, non sono mai garantiti, ma vanno conquistati e mantenuti con la lotta.
Infine constatiamo e riteniamo di una gravità inaccettabile l'atteggiamento di chiusura da parte di amministrazioni e polizia, responsabili di un imponente restringimento degli spazi democratici dato che, sembra evidente, può essere messa sotto accusa e impedita anche una semplice conferenza stampa.

Coordinamento provinciale Si Cobas Roma

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