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Indignados

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(16 Ottobre 2011) Enzo Apicella
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Potere al popolo!

(24 Gennaio 2018)

In tempi di crisi economica, che potrebbe diventare anche sociale e politica, del modo di produzione capitalistico, la borghesia si trincera dietro le istituzioni del proprio Stato, lo strumento di cui si serve per conservarsi come classe dominante. Non è dunque un caso se continua, nonostante tutto, lo stanco rito dell’appello al “popolo”, entità sovrana che sarebbe in grado di sanare il decrepito e barcollante baraccone del potere, in realtà nelle salde mani della classe dei capitalisti. Lo sforzo del ceto politico al servizio della classe dominante è di dare a intendere a quella dominata che lo Stato borghese sia neutrale, al di sopra di tutti gli strati sociali, la cui imparzialità sarebbe sancita dalla Costituzione, testo sacro a garanzia dei “diritti” di ciascun “cittadino”, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

L’idolatria verso i feticci della democrazia e della Costituzione è assai diffusa fra le anime belle della cosiddetta “sinistra radicale”, anche di quella che si vuole “antagonista” e “antisistema”, la quale periodicamente ne riscopre le pretese virtù purgative di ogni pubblica corruttela, nel rito lustrale delle elezioni politiche. A tempo utile sorgono “a sinistra” nuovi partitini a riportare nell’alveo della democrazia e della “competizione elettorale” quelle minoranze proletarie che iniziano a manifestare scetticismo ed avversione nei confronti del politicantismo parlamentare.

Così, per iniziativa di un Centro Sociale “alternativo” napoletano, alle elezioni politiche del prossimo 4 marzo concorrerà una nuova lista dal nome altisonante quanto vuoto di “Potere al popolo”, che già avrebbe avuto adesioni in molte parti d’Italia. Evidentemente la fantasia non fa parte delle prerogative dei promotori.

Noi non sappiamo, né siamo interessati a sapere, cosa può avere spinto questi adoratori dell’urna a muoversi sulla strada della competizione schedaiola. La cosa che invece presumiamo di conoscere bene, e in anticipo, è la traiettoria e l’esito finale di tale genere di operazioni, le quali, dopo avere suscitato un effimero entusiasmo, si concludono col disvelare il loro saldo ancoraggio al campo politico borghese, in verità mai negato sin dall’inizio.

La collocazione all’interno della compagine politica borghese della lista “Potere al popolo” la possiamo desumere dal suo stesso nome. Cosa è mai infatti il popolo per noi marxisti se non un amalgama indistinto di classi diverse e naturalmente conflittuali fra loro? Fare appello al cosiddetto popolo non significa quindi porsi programmaticamente sul piano del più stantio e demagogico interclassismo?

I comunisti non fanno appello al popolo, che comprende tutte le classi ed esprime l’unità della nazione borghese, ma si rivolgono soltanto ai lavoratori, cioè a coloro che per vivere sono costretti a vendere la loro forza lavoro.

Senz’altro coerente il programma elettorale di questi aspiranti “rappresentanti del popolo”, ansiosi di proseguire la loro campagna di imbonimento delle masse nei dorati emicicli. Al primo punto infatti si legge “Difesa e rilancio della costituzione nata dalla Resistenza”. Si ignora che la tanto incensata carta costituzionale è stata il quadro giuridico all’interno del quale si sono consumati ben 70 anni di dominio della classe borghese in Italia. Nel paragrafo troviamo una sperticata difesa della costituzione che non risulterebbe indigesta neanche al più conservatore dei liberali.

Ma andiamo avanti. Fra le altre richieste i nostri politicanti in erba affermano di volere «ripristinare l’elezione del Parlamento attraverso un vero sistema proporzionale, contro il rafforzamento del potere esecutivo». Nostalgica visione di una mitica età dell’oro della borghese Repubblica Italiana che, dal 1946 al 1993, garantì mezzo secolo di stabilità al regime sotto il saldo dominio della Democrazia Cristiana. Ma forse essi guardano con ancora più vivo rimpianto alle “forze della sinistra” che in tale epoca hanno contribuito a sostenere il regime del capitale ingannando i lavoratori con le chimere di impercorribili “vie italiane al socialismo” o con pretese e mai realizzate “alternative di sinistra”, convincendo poi la grande massa che fosse necessario e fatale approdare al “compromesso storico” fra PCI e DC, riproposizione di quei ”governi di unità nazionale” che fra il 1944 e il 1947 avevano caratterizzato la fase costituente, alla fine del massacro di proletari della Seconda Guerra Mondiale.

Dopo questo tributo alla costituzione della Repubblica borghese e alla Resistenza – cioè all’appoggio a uno dei due fronti imperialisti impegnati nel massacro mondiale! – seguono altri punti in cui si mescola l’uscita dell’Italia dall’Unione Europea e dalla Nato, la cancellazione del Jobs Act, la riduzione dell’orario di lavoro a 32 ore, il diritto alla pensione a 60 anni, l’imposta sul patrimonio, l’abolizione dei ticket per le prestazioni sanitarie e tanto altro per andare incontro alle illusioni e pregiudizi dei cosiddetti “elettori medi di sinistra” pasturati per decenni dall’imbonimento demagogico delle consorterie sinistre dello schieramento politico del capitale.

Ma “Potere al popolo”, anche quando avanza rivendicazioni che si vorrebbero a favore degli interessi della classe lavoratrice, non prospetta altra strategia per sostenerle che quella di chiedere voti. Ecco allora che i promotori si adoperano a confezionare un manifesto che soddisfi gli appetiti di uno spettro più ampio possibile di elettori, con una predicazione anodina, in una pacchiana commistione di conformismo e di pretese illuministe.

Tutto ciò non ci stupisce affatto. La nostra critica dell’elettoralismo ha radici lontane e parte dalla constatazione che, nei paesi ove il potere borghese e la forma democratica di governo sono ben affermati, le campagne elettorali sono per la classe dominante il migliore antidoto per prevenire il manifestarsi e il generalizzarsi della lotta di classe.

Già nel maggio del 1920 la Frazione Comunista Astensionista del PSI affermava nelle sue Tesi:
«La partecipazione alle elezioni per gli organismi rappresentativi della democrazia borghese e l’attività parlamentare, pur presentando in ogni tempo continui pericoli di deviazione, potevano essere utilizzate per la propaganda e la formazione del movimento nel periodo in cui, non delineandosi ancora la possibilità di abbattere il dominio borghese, il compito del partito si limitava alla critica ed alla opposizione. Nell’attuale periodo aperto dalla fine della guerra mondiale, dalle prime rivoluzioni comuniste e dal sorgere della Terza Internazionale, i comunisti pongono come obiettivo diretto dell’azione politica del proletariato di tutti i paesi la conquista rivoluzionaria del potere, alla quale tutte le forze e tutta l’opera di preparazione devono essere dedicate.
«In questo periodo è inammissibile ogni partecipazione a quegli organismi che appaiono come un potente mezzo difensivo borghese destinato ad agire tra le file stesse del proletariato e in antitesi alla struttura e alla funzione dei quali i comunisti sostengono il sistema dei consigli operai e la dittatura proletaria.
«Per la grande importanza che praticamente assume l’azione elettorale, non è possibile conciliarla con l’affermazione che essa non è il mezzo per giungere allo scopo principale dell’azione del partito: la conquista del potere; né è possibile evitare che essa assorba tutta l’attività del movimento distogliendolo dalla preparazione rivoluzionaria».

A quasi un secolo da queste tesi, il nostro partito è consapevole del fatto che siamo oggi più lontani di allora dalla conquista rivoluzionaria del potere. In tutto questo ciclo storico, attraverso la carneficina imperialista della Seconda Guerra mondiale, la borghesia è riuscita a rafforzare enormemente la sovrastruttura politica, ideologica e militare del suo dispositivo di potere statale e ha dato prova di sapere distogliere i lavoratori dalle lotte per i propri interessi economici vitali. È riuscita in questo anche attraverso l’imposizione di una fitta agenda di scadenze elettorali.

La democrazia è una trappola che ha dimostrato e continua a dimostrare la sua efficacia se frotte di gonzi – non sappiamo se più fessi o più loschi – riscoprono a ogni piè sospinto il facile cammino elettorale, che la classe dominante graziosamente offrirebbe alla classe dominata per la sua difesa sociale.

PARTITO COMUNISTA INTERNAZIONALE

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