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Resolution: Revolution!

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(1 Gennaio 2012) Enzo Apicella
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Contributo della mozione “Essere Comunisti” al Congresso Veneto del PRC

Per un partito comunista che discute, elabora, decide e realizza e fa della partecipazione elemento centrale della “Rifondazione Comunista.

(7 Luglio 2005)

Il Congresso regionale si tiene a quattro mesi di distanza da quello nazionale. Nonostante un quadro politico modificato anche per effetto dell’esito non favorevole per il PRC delle elezioni regionali ed anche amministrative ivi compresa Venezia, nonostante la crisi della federazione riformista ed il più recente insuccesso del referendum sulla “fecondazione assistita”, il congresso si tiene senza una adeguata preparazione politica, senza l’elaborazione di un documento che sia stato discusso a livello di circoli e di federazioni per tracciare gli elementi di un progetto comunista per la nostra regione.
Anzichè indagare sulla realtà veneta in crisi sia sul versante dello sviluppo sia su quello dell’occupazione, anzichè analizzare le scelte operate da una giunta di centro-destra che quotidianamente mette in discussione i fondamentali diritti di cittadinanza, anziché avviare un serio confronto nel partito e, fuori di esso, con altri soggetti - in primo luogo il sindacato ed i movimenti - si è scelto la strada di un congresso burocratico che di fatto si limita a formalizzare i risultati numerici del congresso nazionale. Tutto ciò non è coerente in un partito che ama presentarsi come il partito della partecipazione, l’interlocutore privilegiato dei movimenti, anzi interno ad essi, con i quali si dovrebbe costruire l’alternativa di società.
Alla luce di tutto questo il Congresso impegna perciò i nuovi gruppi dirigenti regionali ad avviare dentro e fuori il partito occasioni di analisi e riflessioni sul suo radicamento nel territorio , sul suo progetto politico, sul significato della sua presenza nelle istituzioni, nel sindacato, nei movimenti ed in ogni altra organizzazione di massa ed indica
in una conferenza programmatica,
in una conferenza delle lavoratrici e dei lavoratori comunisti collegata al congresso della CGIL,
nell’attivazione del forum delle donne comuniste
tre obiettivi da realizzarsi prima della scadenza elettorale del 2006.

Per un partito comunista che sia l’intellettuale collettivo che rifugge dal “pensiero unico” e nel quale la ricerca di sintesi rappresenti la quotidiana pratica del confronto interno.

L’assenza di un reale e permanente confronto ed analisi sulla realtà veneta, la mancanza di un progetto discusso e condiviso, l’assenza di una politica di formazione dei quadri, l’acritico adeguamento anche nel Veneto alla linea della maggioranza del partito nell’aderire prima alla Gad e poi all’Unione, prescindendo dai contenuti programmatici, ha avviato un processo degenerativo che si caratterizza innanzi tutto per la subalternità alle scelte moderate dei riformisti, alla marginalizzazione del partito anche a livello delle istituzioni che rischia di perpetuarsi anche in occasione del congresso della CGIL, alla penalizzazione della sua iniziativa sul territorio.
E’ in questo contesto che è maturata anche nel Veneto la sconfitta del partito a livello regionale e che ha visto dimezzare la sua rappresentanza istituzionale ridotta ad un solo consigliere. E’ in questo contesto, unito all’ applicazione delle più ferree logiche del maggioritario in tutte le scelte interne di partito, che è maturata la sua “meridionalizzazione” così come è stato denunciato di recente dal segretario regionale uscente e resa evidente dal “voto di scambio” praticato - o comunque proposto - in talune federazioni. Ma gli effetti di questa politica, se non corretta, possono essere anche altri: la costituzione di gruppi interni in lotta fra di loro per la gestione del potere e delle risorse che dal potere stesso derivano; la negazione del diritto al dissenso e quindi la sua emarginazione o - nel caso di resistenza - alla sua liquidazione anche attraverso l’uso distorto dello Statuto. In talune federazioni questi elementi negativi sono già presenti.
Una gestione unitaria del partito, lo scrupoloso rispetto delle regole, la rinuncia al concetto di maggioranza “pigliatutto”, il ritorno alla pratica di partito “intellettuale collettivo” che a suo tempo fece del PCI un grande partito di massa, ma che ispirò positivamente anche altre forze della sinistra dentro e fuori il parlamento, può rappresentare un nuovo inizio da cui partire per ridare linfa e slancio alla iniziativa del partito, alla sua presenza organizzata sul territorio a partire dai luoghi di lavoro, nei paesi e nelle città del Veneto.
E’ tuttavia necessario dotare il partito di un gruppo dirigente rinnovato, non compromesso con la politica fallimentare di questi ultimi anni e che dia garanzie sul piano politico e morale. La politica di fase non può prescindere dall’affermazione che in Veneto, come in Italia, non c’è bisogno di altro soggetto politico di sinistra che non sia un più forte e radicato partito comunista e che comunque questo già c’è ed è Rifondazione che tuttavia deve recuperare quel carattere comunista che da qualche tempo risulta, per scelte compiute dal suo gruppo dirigente nazionale e locale , alquanto appannato.

La conferenza programmatica regionale, la conferenza delle lavoratrici e dei lavoratori comunisti ed il forum delle donne comuniste possono contribuire a recuperare il carattere comunista di Rifondazione.

La conferenza programmatica dovrà non solo analizzare ogni singola realtà territoriale, ma dovrà prospettare soluzioni e dare risposte concrete alla domanda che proviene dalla classe lavoratrice e dalle fasce più deboli ed emarginate della società veneta. Nell’attuale contesto socio-economico e politico non sono proponibili politiche di austerità o similari che sarebbero pagate soltanto dai lavoratori. Attraverso la conferenza delle lavoratrici e dei lavoratori andrà indirizzata l’azione dei comunisti nel sindacato, nelle fabbriche e in tutti gli altri posti di lavoro, in particolare nei servizi. Il forum delle donne comuniste avrà il compito di individuare insieme al partito la strategia necessaria a difendere i tanti diritti messi in discussione di cui quello disconosciuto dalla legge 40 è soltanto il più recente esempio. Il possibile attacco alla legge 194, il pesante intervento della Chiesa cattolica, l’accondiscendenza di talune istituzioni e l’ambiguità di altre aprono drammaticamente anche il capitolo della difesa della laicità dello Stato, problema particolarmente presente nel Veneto. La conferenza programmatica regionale - che deve coprire il vuoto di analisi e di elaborazione di questi anni - va costruita dal basso coinvolgendo nel partito i circoli e le federazioni e fuori del Partito i soggetti e i movimenti interessati ad una proposta realistica, ma alternativa, ai bisogni della società veneta, proposta che può ( anzi deve) essere e diversa anche rispetto a quella delle altre forze moderate del centro-sinistra.
La crisi del Nord Est è drammatica ed i dati ci sono tutti.

Sono in crisi interi settori: dalla metallurgia alla meccanica, dalle calzature all’abbigliamento, dalla editoria al turismo, dalla concia al tessile, dall’orafo al chimico. La crisi investe praticamente tutto il territorio Veneto: dal Polesine al Bellunese, dal Veronese al Veneto orientale. Riguarda nomi noti come ad esempio la Safilo, la Fiamm, la Pedavena, la De Longhi, la Zanussi, la Bassano Grimeca, la Lanerossi-Marzotto e l’indotto di intere aree, oltre a centinaia e centinaia di piccole e medie imprese. C’è l’importante partita del polo chimico di Marghera con la grande questione ambientale ad esso connessa.
Le responsabilità sono note e riguardano quanti hanno beneficiato di una congiuntura favorevole e di una errata politica sindacale per fare grandi profitti destinati prevalentemente agli investimenti finanziari piuttosto che a quelli produttivi e della ricerca. Oggi devono essere costoro, innanzi tutto, a pagare i costi di questa crisi. Altrettanto noti sono gli effetti - dal nostro punto di vista drammatici - perché si parla ormai quotidianamente di chiusura di fabbrica, di delocalizzazioni, di flessibilità accentuate che significa precarietà sublimata, di perdita del lavoro e di aumento della povertà. Ed è altrettanto nota l’inefficienza della Giunta veneta di centro-destra che non sa dare risposte se non di tipo prevalentemente viabilistico, risposte che non creano sviluppo, ma anzi distruggono territorio e risorse ambientali.
Nel contempo la Giunta Galan rinuncia a dare risposte concrete ai bisogni dei cittadini ed anzi favorisce campagne xenofobe, discriminatorie ed isolazioniste rispetto all’Europa.

La conferenza programmatica regionale il PRC.

La Conferenza deve essere capace di individuare risposte possibili ai problemi del Veneto, a quelli della sua classe lavoratrice e a quelli delle fasce più deboli della popolazione. Questa politica deve ispirare l’azione dei comunisti ovunque essi agiscono ed in primo luogo nelle istituzioni dove spesso le scelte ed i comportamenti sono diversi se non contrapposti rispetto al medesimo problema.
Occorre per esempio fare chiarezza sulle privatizzazioni e sullo sfruttamento delle risorse essenziali come l’acqua, la pesca e l’agricoltura; sulla possibile rimunicipa-lizzazione dei servizi pubblici, sulla mobilità delle persone e delle merci e sulle alternative possibili alla trasporto su gomma che per noi sono la ferrovia, le metropolitane di superficie, le acque interne e la via del mare. Occorre che il partito definisca anche a livello interregionale la propria posizione rispetto al progetto internazionale chiamato corridoio 5 che va da Lisbona a Kiev e le connessioni che con questo progetto hanno i progetti di viabilità regionale quali la Valdastico Sud, la romea commerciale, il passante di Mestre e l’orbitale di Padova , la transpolesana ed altre ancora, il tipo di sviluppo economico del territorio che sottende a questi progetti e il forte e sicuro impatto ambientale che ne deriva.
Dovremo stabilire le nostre proposte sul turismo montano, marino e termale - ovunque in crisi - e soprattutto sulla decisiva questione del lavoro in tutti i suoi aspetti: dalla migrazione ai diritti di cittadinanza, dalla salute alla casa e alla scuola. Dovremo definire lo sviluppo sostenibile per il territorio veneto, le risposte da dare alle politiche di delocalizzazione, alla precarietà, ai bassi i salari e fare proposte per il loro recupero rispetto al costante aumento del costo della vita. Sul complesso di questi temi, sulla coerenza anche rispetto al documento che il nostro partito ha sottoscritto al forum sociale mondiale di Porto Alegre del gennaio 2005, deve dunque dare risposta la conferenza programmatica.

I GIOVANI COMUNISTI , IL MOVIMENTO ED IL VENETO

Nell’ambito di una situazione poco rassicurante per quanto riguarda il Partito, l’organizzazione giovanile comunista veneta non vive una condizione migliore. Dopo che alcune isolate federazioni si sono specializzate solo ed esclusivamente nell’ingresso o nella costruzione di centri sociali, cosa importante, ma non l’unica sulla quale strutturare la vita di una organizzazione giovanile comunista, il veneto , a parte qualche circostanza isolata , non è riuscito a produrre una attività politica , che si possa definire tale su scala regionale: né un confronto con “il movimento dei movimenti veneto”, né una incisività coordinata nel mondo giovanile. Mentre in tutta Italia i Giovani Comunisti crescono, in Veneto solo due federazioni ( Verona e Vicenza) crescono in adesioni, altri calano o possiedono numeri di scarsa rilevanza: da questo congresso regionale il Partito Veneto deve aprire una stagione in cui si analizzino le difficoltà delle varie realtà e con la prossima Conferenza Nazionale dei Giovani comunisti porti ad un riassetto e alla ricreazione di un coordinamento regionale che produca attività politica nel territori.

Conclusioni

Dalla capacità di analisi e di proposta e dalla vastità del dibattito e del coinvolgimento di quadri e militanti dipenderà la futura autorevolezza del nostro partito, la sua credibilità, il suo peso politico ed anche il suo rafforzamento e la sua radicalizzazione sul territorio.

Venezia 2 luglio 2005

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