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+Europa, meno sinistra

(14 Febbraio 2018)

più europa bonino 2

Un grande equivoco serpeggia fra i moderati di centrosinistra. Orfani di un vero partito socialdemocratico e ostili al Pd renziano, molti elettori sono tentati di ripiegare su +Europa, la lista di Emma Bonino coalizzata ai dem. Una scelta a cui arrivano per esclusione: non votano LeU perché lo ritengono troppo estremista o perché temono di avvantaggiare la destra ed escludono il Movimento 5 Stelle perché detestano il populismo grillino.

In mancanza di alternative, +Europa appare loro come un rifugio, un salvagente cui aggrapparsi per non disperdere il voto e allo stesso tempo mantenere uno minimo di dignità in cabina elettorale. Ma è proprio qui che interviene l’equivoco: sulla carta, +Europa fa parte della coalizione di centrosinistra, ma nella sostanza non è una formazione di centrosinistra.

Il malinteso nasce dalla considerazione di cui (giustamente) gode Emma Bonino, autentico baluardo dei diritti civili nel nostro Paese. Chiunque abbia nel cuore battaglie come quelle per il divorzio, l’aborto, i diritti dei gay, dei rifugiati, dei carcerati e delle minoranze in generale, non può non avvertire un moto di riconoscenza nei confronti dell’ex leader radicale.

Eppure, tutto questo non fa di Bonino una donna di sinistra. Non lo è mai stata e non lo è nemmeno adesso. Nel suo orizzonte politico, alla difesa dei diritti civili non corrisponde un interesse di pari entità per i diritti sociali. Al contrario, in materia socio-economica i radicali sono sempre stati e rimangono ancora oggi liberisti.

Forse sarebbe più corretto definirli turbo-liberisti: un cocktail di ideologia thatcheriana (“la società non esiste”, diceva Margareth) e fondamentalismo europeista.

“È tempo di superare la stucchevole polemica anti-europea sull’austerità”, si legge nel programma di +Europa. La prima mossa di politica economica proposta è “il congelamento della spesa pubblica in termini nominali per la durata della prossima legislatura”. Peccato che, come fa notare Stefano Fassina, l’ultima nota di aggiornamento al Def preveda per i prossimi cinque anni una spesa pubblica primaria già sostanzialmente ferma in termini nominali, eccetto quella per le pensioni, che aumenterà di circa 8 miliardi l’anno.

Congelare la spesa pubblica significherebbe perciò abbattere la clava dello Stato sui pensionati, oltre che, com’è ovvio, escludere la possibilità di nuovi investimenti pubblici. A ben vedere, si tratta dei cari vecchi tagli di spesa tanto amati dai liberisti. Gente smemorata: la storia antica e recente ha dimostrato che questa strategia, pur avendo l’obiettivo di rimettere in ordine i conti pubblici, alla fine li peggiora, perché riduce il Pil più di quanto non faccia con il debito, aumentando quindi il rapporto debito-Pil (per un ripasso su come funzionano le frazioni, chiedere ai greci).

Il programma di +Europa prevede anche una semplificazione e un abbassamento delle aliquote Irpef, ma non si tratterebbe di un vero taglio delle tasse, perché la riduzione dell’imposizione sul lavoro verrebbe compensata dall’aumento dell’aliquota ordinaria Iva. Una visione coerente con il vangelo euro-tedesco, che sacrifica i consumi interni sull’altare dell’export.

Insomma, votare +Europa è un po’ come votare per la (disciolta) Scelta civica di Mario Monti. Ma con una postilla: a causa di uno dei tanti trabocchetti nascosti nel Rosatellum, se il partito di Bonino supererà l’1% senza però raggiungere la soglia di sbarramento del 3% (ed è un esito probabile) non avrà diritto ad alcun parlamentare, ma i suoi voti saranno comunque conteggiati fra quelli della coalizione.

E così anche i moderati di centrosinistra con problemi di pudore si ritroveranno a essere elettori del Pd. Ma, per non fare brutta figura all’aperitivo con gli amici, basteranno cinque parole: “Io ho votato la Bonino”.

Antonio Rei - altrenotizie

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