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Su Potere al Popolo

Riflessioni di un compagno

(16 Febbraio 2018)

potere al popolo: accetto la sfida

Il 4 marzo voterò Potere al Popolo. Sono almeno 20 anni che non voto alle politiche e non nascondo la mia simpatia per chi si asterrà anche questa volta, come le amiche di Roma che stanno promuovendo una Campagna di Astensionismo Attivo. Credo, però, che questo 4 marzo sia giusto dare un segnale “affermativo”.

Immagino che vi possano essere decine di motivi per non votare Potere al Popolo, tutti legittimi e spesso ragionevoli. Eppure, nessuno può negare che questa lista elettorale abbia scelto di contaminarsi con un percorso estremamente variegato, incasinato e creativo che ha visto in questi ultimi anni l'impegno di migliaia di compagne e compagni. Il mio punto di vista è quello di un socialista rivoluzionario che ha scelto di trascorrere i suoi ultimi 10 anni di lavoratore partecipando alla costruzione del sindacalismo di base nelle fila delle RdB e poi dell'Unione Sindacale di Base. Non mi sono mai pentito di questa scelta nata un po' per caso.

Certo, mi aiuta il fatto di essere un militante di base, delle retrovie, in trincea nel mio posto di lavoro ma è un fatto: stiamo facendo delle buone cose. Penso, in primo luogo, alla grande mobilitazione di ottobre e al grande sforzo di chi è impegnato nella logistica e nelle campagne a fianco delle sorelle e dei fratelli immigrati. Potere al Popolo esprime anche questo e, nel mio caso, mi offre pure l'opportunità di sostenere una candidata, originaria di Aleppo, che ha condiviso il tentativo coraggioso e ostinato di dare voce alla lotta del popolo siriano dal 2011 in poi: è Samia Akkad, presente nel Collegio Siena, Arezzo, Grosseto.
Potere al Popolo, per me e per molti altri, è semplicemente un'opportunità in questa scadenza elettorale e spero che nessuno, tra i suoi promotori, si faccia qualche idea priva di fondamento. So che altri/e faranno scelte differenti, non votando o votando le altre liste della sinistra extraparlamentare o, addirittura, scegliendo D'Alema o Minniti. Non è questo che mi preoccupa.

C'è un nodo irrisolto, infatti, ed è quello che riguarda una prospettiva che potrebbe sorgere anche in Italia e nel Mediterraneo nei prossimi anni: cosa fare quando la gente comune deciderà di rompere gli argini imposti dal sistema? Come dimostrano anche le primavere arabe, dall'Egitto alla Siria, il problema del potere resta il problema dei problemi, quello che nessun “partito rivoluzionario” o nuove teorie umaniste socialiste hanno sciolto, né tanto meno Potere al Popolo con il suo simbolo elettorale.

Forse è venuto il momento di parlarne insieme e romperci la testa, senza che alcuno rinunci alla propria storia e alla propria identità.

Federico Stolfi

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