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(15 Agosto 2012) Enzo Apicella

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DEMOCRAZIA CON IL “PILOTA AUTOMATICO”

(17 Marzo 2018)

Editoriale del n. 63 di "Alternativa di Classe"

parlamento italiano

Gli esiti elettorali dell'ennesima consultazione, quella di Domenica 4, sono ormai un dato acquisito per l'opinione pubblica, creata dai media. E' stata sottolineata una “alta” affluenza alle urne con la sconfitta del P.D. ed il successo del Movimento 5 Stelle, che è divenuto il primo partito italiano, insieme, all'interno della coalizione vincente, il Centro-destra, al significativo sorpasso di Forza Italia da parte della Lega di M. Salvini. In realtà, quella della affluenza è più una valutazione che un dato, visto che il “non voto” è sì inferiore al previsto, ma è pur sempre aumentato del 2% rispetto alle elezioni del 2013, continuando ad indicare una crescente, seppure a velocità variabile, disaffezione popolare ai meccanismi della democrazia borghese...
La stessa vittoria del M5S, vista nell'immaginario collettivo come “forza antisistema”, contro “la casta”, conferma la distanza della vita reale dell'elettorato dalle questioni della vita “di palazzo”... L'indebolimento della presa dei “politici”, poi, ha significato, a livello popolare, un voto all'insegna dei luoghi comuni diffusi dai media e percepiti come oggettivi: “via i ladri, cacciamo i delinquenti e i mafiosi, reddito per tutti, meno tasse, pensioni dignitose e ospedali funzionanti, e, poiché a qualcuno bisogna addebitare la colpa della bancarotta del sistema economico e sociale in cui siamo ingabbiati, cacciamo chi ci ruba il lavoro e il pane (gli immigrati, gli zingari, i furbetti del cartellino, le maestre incazzate…)”. La coscienza popolare, cui tutte le liste si appellavano, non va oltre questo.
Tra i temi, poi, che hanno caratterizzato le scelte dei votanti, che, schematizzando, hanno privilegiato al nord la Lega ed al sud il Movimento 5 Stelle, il principale è stato, oltre all'avversione sovranista all'Europa, ultimamente più sfumata da parte del M5S, la furia razzista anti-immigrati, vezzeggiata ed accarezzata da tutte le principali forze in campo, anche se coniugata in modo diverso, dal Centro-destra al M5S, passando anche per il P.D., che, senza essersi mai nemmeno preso la briga di smentire le panzane, diffuse sui media, di mitologici redditi che verrebbero regalati ai migranti, con la Legge Minniti-Orlando ha già agito concretamente...
L'altro tema, molto sentito soprattutto nella fascia di età medio-alta, e che ha contribuito al voto per Lega e M5S, è stata la loro dichiarata avversione al sopruso della Legge Fornero sulle pensioni, avversione che molto difficilmente potrà sortire effetti reali... Lo stesso tema del “reddito di cittadinanza”, agitato dai grillini, e che ha fatto, ovviamente, una certa presa, nell'improbabile caso che trovi una qualche attuazione, è destinato a rivelarsi per quello che è: solo un sussidio temporaneo.
Il meccanismo elettorale del “Rosatellum” ha permesso l'approdo in parlamento di un numero limitato di forze, e cioè, da destra a sinistra, di “Fratelli d'Italia”, di Forza Italia, della Lega (che ultimamente ha perso la connotazione “nordista”, indirizzando il suo vecchio razzismo verso gli “extracomunitari”), del Movimento 5 Stelle, del Partito Democratico (unico a definirsi ancora “partito”) e di un drappello di “Liberi e Uguali”. I numeri dei seggi raggiunti, frutto di tali meccanismi, rivelano come la crisi, ormai conclamata, del P.D. non stia significando una sua sostituzione tout court nel ruolo di “partito del capitale”.
Oggi si tratta, sostanzialmente, di tre blocchi, ognuno dei quali, a bocce ferme, non può esprimere un governo se non si mette d'accordo almeno con un altro... Le ipotesi sono ancora tante, ma, aldilà di chi sarà il “presidente incaricato”, una soluzione “tecnica” sarà sicuramente trovata, dato che l'interesse del capitale ad avere presto un esecutivo, che ne interpreti compiutamente gli interessi, corrisponde a quello dell'intero ceto politico parlamentare. Non solo ad ogni forza approdata al nuovo parlamento non servono, ad ognuna per suoi specifici motivi, elezioni a scadenza ravvicinata, ma è interesse materiale dei neo-parlamentari quello di trovare “una quadra”, che permetta loro di restare in carica, chi al governo, chi in maggioranza e chi all'opposizione, almeno fino alle elezioni europee del prossimo anno, quando, dimostrando di essere una “casta” sì, ma stavolta “parsimoniosa”, i costi di nuove elezioni politiche nazionali non sarebbero aggiuntivi.
Gli insediamenti di Senato e Camera sono previsti rispettivamente per il 19 ed il 20, e nel frattempo fervono i confronti tra gruppi per accaparrarsi le principali cariche istituzionali. E' una realtà che vive di dinamiche proprie, e, dopo la storica uscita dal Parlamento delle forze riformiste, avvenuta, nel 2008 (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno V n. 55 a pag. 2), in concomitanza con il manifestarsi della crisi, per una forza classista, o, quantomeno, che ritiene di esserlo, il continuare a porsi, nonostante tutto, l'obiettivo di tale presenza istituzionale è, come minimo, sintomo di totale inadeguatezza verso i proletari che si vorrebbe rappresentare. L'imperialismo italiano sta ancora cercando un assetto di ingegneria istituzionale semplificato, che gli consenta una agevole governabilità, ma, se non altro, con lo sbarramento del 3%, dimostra di avere già chiarezza sui limiti da porre a simili velleità!...
Intanto “Liberi e Uguali” ha frettolosamente archiviato il pomposo obiettivo di costituire il “nuovo partito della sinistra” già il 5 Marzo, dato che ha faticosamente superato la fatidica soglia (con un risultato molto al di sotto delle aspettative soggettive), e che vi è riuscita soltanto perché, emanazione del P.D., è nata già perfettamente interna alle dinamiche di palazzo. Ed infatti è già disponibile ad appoggiare il M5S. A parte costoro, nessuna delle liste “di sinistra” è riuscita ad approdarvi. Hanno poi racimolato percentuali irrisorie e risultati scarsi, sia la lista di Rizzo, che “Per una sinistra rivoluzionaria”, mentre l'aggregato di “Potere al popolo”, un riformismo “fuori tempo massimo”, e su alcuni temi anche equivoco (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno V n.60 a pag. 2), ha raggiunto, nonostante gli sforzi degni di miglior causa, soltanto l'1%.
Già è iniziato nei ceti politici delle liste un dibattito ancora una volta sviante, che tocca aspetti secondari, senza andare alla radice del problema, che è quello di come, nella situazione storicamente data, si possono organizzare forze classiste effettivamente radicate nel corpo vivo della classe per riprendere consistenti livelli di mobilitazione, da troppo tempo non raggiunti. L'opzione di “Liberi e Uguali” è già lì, pronta in parlamento, per eventuali approdi per il ceto politico; è per i compagni, invece, che rappresenta solo uno “specchietto per le allodole”... Si tratterebbe ora, infatti, per i compagni che tanto si sono dedicati a questa avventura elettoralista, e prima che la delusione prevalga, di avere un po' di modestia e di serietà tali da avviare, abbandonando le mire di ceti politici vecchi e nuovi, una riflessione davvero autocritica sull'esperienza fatta, per trovare altri modi di impegnarsi, e questa volta sul serio, alla difesa degli interessi proletari.
La prima cosa da capire per i compagni è che non esiste alcun primato “della politica”. Non è il governo, né tanto meno il parlamento a prendere le decisioni di fondo nella democrazia borghese: il conflitto tra capitale e lavoro non si ferma quando cade un governo o finisce una legislatura! Formalmente, fino alle prossime consultazioni da parte del Presidente della Repubblica, il Governo Gentiloni è in carica, e, per “l'ordinaria amministrazione”, vi rimarrà fino alle dimissioni formali. In ogni caso, anche fra le dimissioni formali e l'insediamento del nuovo governo, c'è da scommettere che Mattarella le “congelerà”: è la prassi. E comunque, anche se, somma irritualità, non lo facesse formalmente, lo sfruttamento continuerà: è “ordinaria amministrazione”! Il sistema capitalistico ha il “pilota automatico”: di questo, purtroppo, ancora troppi compagni non si sono accorti!!
La questione di fondo non è quella di essere astensionisti, invece che votare. Il risalto che viene dato al rito elettorale è ovvio: è ciò che distingue questa forma della dittatura borghese da quella di tipo apertamente coercitivo, che in Italia chiamiamo “fascista”. E' quel rito che dà ad intendere che “siamo tutti uguali”, e, nell'istante in cui si vota, infatti, formalmente lo si è... Subito prima e subito dopo non è così: la divisione in classi resta come realtà oggettiva. Non si tratta allora per i proletari di dividersi tra chi vota e chi non vota, e nemmeno di definire il lavoro politico in negativo o, tanto meno, in positivo, dal parlamentarismo della borghesia. Che, di questi tempi, è impegnata a scegliere chi deve governare i suoi interessi, quale sarà il suo prossimo “comitato di affari”!...
Non si sta affermando qui di essere indifferenti a quanto avviene sul palcoscenico della politica ufficiale. Va registrato certamente e ne va tenuto adeguatamente conto. Ma non certo per considerare tale palcoscenico come il proprio, nemmeno potenzialmente! Il posto dei comunisti è al fianco dei proletari, di quelli che hanno difficoltà di vita, perché il loro tempo, di cui sono derubati, sia che lavorino, sia che vengano emarginati, è determinato dal profitto e dalle sue leggi, che davvero governano l'Italia, l'Europa ed il mondo intero! L'unica via che si apre ai proletari è quella della lotta per i propri interessi, ed è questa a dettare le priorità per i comunisti.

Alternativa di Classe

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