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(25 Giugno 2011) Enzo Apicella

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Poste Italiane: a Genova un ponte tra l'opposizione CGIL e il SiCobas per lo sciopero del 25 maggio

(29 Maggio 2018)

poste italiane

Sull'onda della riorganizzazione lacrime e sangue in Poste Italiane varata dalla dirigenza aziendale con il consenso delle burocrazie di tutti i maggiori sindacati – a partire da CISL, UIL e CGIL, con la piena aderenza di FAILP, CONFSAL e UGL – il risentimento dei lavoratori continua a ribollire e trova nelle OOSS sottoscriventi l'accordo, tranne poche eccezioni in casa SLC-CGIL, lo strumento aziendale per tentare rassicurazioni, diffondere accettazione e spargere acqua sulle fiammelle che si sviluppano.

I lavoratori e la lavoratrici però percepiscono – e ormai nella maggior parte degli uffici di recapito già subiscono – il sopruso di una rivoluzione del lavoro e dello sfruttamento assunta senza nemmeno consultarli, combinata ad un vergognoso rinnovo del CCNL che ha concesso 80 euro di aumento dilazionato (ben al di sotto della perdita di potere d'acquisto), l'integrazione del TURS del 10 gennaio 2014 (con cui ci si è potuti permettere di far passare l'accordo sul recapito con il voto di 97 RSU su 2100 esistenti), l'introduzione del truffaldino welfare aziendale, venduto come aumento salariale, e una ridicola una tantum di 1000 euro, il contentino per anni di mancato adeguamento salariale grazie al ritardo nel rinnovo contrattuale.

In questo scenario i sindacati di base, a livello nazionale e unitariamente – SiCobas, Cobas Poste, CUB Poste, ALPCub e SLG-CUB Poste – hanno convocato uno sciopero di un'intera giornata per il 25 maggio, sulle parole d'ordine che i lavoratori e le lavoratrici percepiscono come necessarie e coerenti: stop alla riorganizzazione a giorni alterni e ai tagli di personale, stop alla flessibilizzazione degli orari lavorativi e agli stravolgimenti turnistici, stabilizzazione di tutti i precari ipersfruttati e ricattati, contrasto alle vergognose condizioni di sicurezza – che ora si aggraveranno con l'aumento dei carichi e dei ritmi, considerato che da inizio anno già tre portalettere sono morti sul lavoro.

In questo contesto si è costruito a Genova un ponte di collaborazione per la riuscita dello sciopero tra militanti del Sindacato è un'altra cosa-opposizione CGIL e SiCobas, fondato sulla necessità di un sindacalismo conflittuale, coerente e classista, nonostante l'aperto boicottaggio dei sindacalisti di CISL, UGL e UIL.
Mentre la CGIL dichiara di non poter formalmente aderire allo sciopero per la concomitanza del già convocato sciopero delle prestazioni straordinarie, dalla base si è prodotta una spinta che ha spostato su posizioni di lotta conseguente anche la struttura locale, che utilizzando canali informali ha fornito supporto per diffondere la consapevolezza della giustezza dell'adesione per i propri iscritti.

Nel più grande ufficio della Liguria, il CDP di Terralba, il lavoro è stato magistrale. L'agitazione nel luogo di lavoro arriva da lontano, e su questa occasione ha potuto esprimersi al meglio. Mentre si avvicinava la giornata di sciopero, i sindacalisti di CISL e UGL, per correre ai ripari e cercare di dissuadere i lavoratori dall'adesione, si sono lanciati in assemblee non autorizzate in cui rassicurare i lavoratori e invitarli a fidarsi dei "sindacalisti responsabili", quelli che hanno firmato l'accordo per co-gestirlo (negli interessi dell'azienda, ovviamente), inventando fantomatiche possibilità di miglioramenti attraverso la contrattazione di secondo livello. Primo falso: infatti l'accordo siglato proprio da loro sancisce che nella contrattazione di secondo livello si possa discutere solo degli orari di lavoro dei turni e della durata della pausa pranzo.
Fallito il primo tentativo, hanno cominciato ad avvertire i lavoratori che se avessero aderito allo sciopero sarebbero incappati in inevitabili sanzioni disciplinari e multe, perché ad indire lo sciopero erano sigle non firmatarie il CCNL. Secondo falso: infatti grazie al TURS del 10 gennaio, adottato sempre da loro, chi non è firmatario dell'accordo o del CCNL non è automaticamente riconosciuto come sindacato interlocutore per l'azienda ai tavoli, ma non per questo non può indire scioperi e i lavoratori non possono aderirvi. Inoltre bisognerebbe diffidare dei sindacalisti che cercano ogni motivo per depotenziare uno sciopero piuttosto che mettere tutte le proprie forze e risorse nella loro riuscita, e quindi anche nell'adozione di casse di solidarietà e resistenza per affrontare eventuali leggi antisciopero che cerchino di depotenziare l'arma principale dei lavoratori.
A quel punto, l'ultimo tentativo concordato con la dirigenza, facendosi apertamente emissari di un abuso e di un atteggiamento intimidatorio, è stato quello di andare ad informare tutti dell'"obbligo di comunicazione preventiva" dell'eventuale adesione. Terzo ed ultimo falso.

La reazione dei lavoratori e delle lavoratrici è stata però determinata e, in virtù delle menzogne smascherate, spinta ad una adesione ancora più convinta. Al punto che tra i volantinaggi fatti dal SiCobas ai cancelli, il lavoro di agitazione dei compagni della CGIL e dell'area di opposizione al suo interno, fino alla stessa mattina del 25 maggio si sono convinti gli ultimi gruppi di indecisi, soprattutto precari, dando vita ad uno degli scioperi meglio riusciti di una categoria tendenzialmente disabituata alla lotta. Il tentativo di capisquadra e di un sindacalista UGL di forzare la mano sull'ultimo gruppo di precari indecisi all'ufficio di Terralba si è consumato proprio con la pretesa risentita e insistente di «ottenere i nominativi di chi decideva di scioperare» per «compilare moduli e garantire i diritti dei non scioperanti». Un'operazione respinta al mittente dai militanti del SiCobas e del Sindacato è un'altra cosa-opposizione CGIL lì presenti, così come dai lavoratori precari che, in blocco, hanno aderito allo sciopero raggiungendo un'adesione superiore al 50-60% dei portalettere.

Nel resto degli uffici l'adesione allo sciopero è stata sicuramente più bassa e meno convinta, a causa anche dell'assenza di una presenza più significativa di compagni e compagne disposti all'agitazione e alla spinta alla mobilitazione dei colleghi, ottenendo però discrete adesioni anche in uffici come quelli di Pra' e Orsini, dove si sono svolti dei volantinaggi con assemblee improvvisate all'uscita del lavoro nei giorni precedenti lo sciopero.

Nel complesso la giornata ha prodotto una conflittualità inaspettata, dando un segnale non indifferente della rabbia che cova tra i portalettere sia nei confronti delle politiche aziendali che delle politiche sindacali delle burocrazie e dei delegati, dimostratisi apertamente schiacciati sugli interessi dell'azienda, intenti più a promettere clientelismi che a svolgere un lavoro di difesa degli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici e di una loro mobilitazione e organizzazione.
In sostanza, una dimostrazione che l'unità reale, nella mobilitazione e nella conflittualità, tra sindacalismo classista, conflittuale e di base può fornire gli strumenti alla classe lavoratrice per difendersi e attaccare. Un'unità di lotta che si contrappone proprio a quell'unitarismo concertativo che ha prodotto solo ritirate, disfatte e complicità con le aggressioni ai salari, ai diritti, alle condizioni e alla sicurezza di chi lavora.

Partito Comunista dei Lavoratori

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