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Nakba

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(15 Maggio 2012) Enzo Apicella
15 maggio del 1948: ha inizio l'espulsione del popolo palestinese dalla propria terra. Oggi i profughi palestinesi sono 4 milioni e mezzo

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Hanno ragione. Se non gli sparano, nessuno ascolta i palestinesi di Gaza

(14 Giugno 2018)

gaza marcia del ritorno

Da nena-news.it

di Gideon Levy (*); da: rebelion.org; 7.6.2018


Dobbiamo dirlo con molta sincerità e chiarezza: hanno ragione.

Non resta loro altra opzione che non sia quella di lottare per la libertà con i loro corpi, con le loro proprietà, le loro armi ed il loro sangue. Non hanno altra alternativa che i razzi Qassam e i mortai. Non hanno altra alternativa che la violenza o la resa. Non possono abbattere i muri che li rinchiudono senza usare la forza, e la loro forza è primitiva, patetica, quasi commovente.

Un popolo che lotta per la sua libertà con aquiloni, tunnel, specchi, pneumatici, forbici, dispositivi incendiari, proiettili di mortaio e razzi Qassam contro una delle macchine belliche più sofisticate del mondo, è un popolo senza speranza ma l‘unico modo in cui può cambiare la sua situazione sta nelle sue povere armi.

Se se ne stanno tranquilli, Israele e il mondo dimenticano la loro sorte. Solo i razzi Qassam fanno conoscere il disastro che li circonda.

Quando sentiamo parlare di Gaza in Israele? Solo quando Gaza spara. Questa è la ragione per cui non hanno altra scelta che sparare. Questa è la ragione per cui i loro spari sono giustificati, anche se causano un danno criminale a civili innocenti, infondono paura e terrore ai residenti del sud e sono intollerabili, a ragione, per Israele.

Non hanno armi più precise e per questo non li si può incolpare di ferire i civili: la maggior parte dei loro proiettili di mortaio cadono in zone spopolate, anche se questa non è la loro intenzione.

E’ difficile incolparli per colpire un asilo vuoto: è chiaro che preferirebbero contare su armi più precise che possano arrivare a obiettivi militari, come quelle che ha Israele che, detto en passant, ferisce (e assassina) molti più bambini.

E’ evidente che la loro violenza è crudele, come qualsiasi violenza. Ma che altra scelta resta loro? Qualsiasi timido tentativo di prendere una strada diversa – una tregua, un cambiamento dei leaders o delle loro posizioni politiche – si scontra immediatamente con l’automatico rifiuto israeliano. Israele crede loro solo quando sparano. In fondo contano su un chiaro “gruppo di controllo”: la Cisgiordania. Là non c’è Hamas, non ci sono lanci di razzi Qassam, non c’è quasi traccia di terrorismo …. e cosa è servito tutto questo al presidente palestinese Mahmoud Abbas e al suo popolo?

Hanno ragione perché, nonostante tutte le distrazioni, gli inganni e le menzogne della propaganda israeliana, niente può nascondere il fatto che li hanno richiusi in un’immensa gabbia per il resto delle loro vite. Sono sottoposti ad un assedio inconcepibile, 11 anni senza un attimo di respiro, praticamente il più grande crimine di guerra esistente in ambito internazionale.

Non c’è propaganda possibile che possa nascondere la loro identità: il loro passato, il loro presente. La maggior parte di essi vive nella Striscia di Gaza perché Israele li ha trasformati in rifugiati. Israele espulse i loro avi dai loro villaggi e dalle loro terre. Altri fuggirono per paura di Israele, e poi non gli fu permesso di ritornare.. un crimine non meno grave dell’espulsione.

Tutti i loro villaggi furono distrutti. Vissero 20 anni sotto il controllo egiziano e altri 50 sotto l’occupazione israeliana, che mai smise di trattarli con crudeltà in vari modi. Quando Israele ha abbandonato Gaza per il proprio interesse, l’ha sottomessa ad un assedio e la sua sorte è stata persino più crudele.

Non hanno goduto della libertà neppure un solo giorno della loro vita. Non c’è alcun segno che la situazione possa cambiare.

Neppure per i bambini. Vivono in un pezzo di terrà il più densamente popolato del mondo, di cui l’ONU ha detto che non sarà più adatto alla vita umana tra un anno e mezzo.

Tutto questo non basta perché si meritino appoggio?

Sono gli ultimi che lottano contro l’occupazione israeliana. Mentre la maggior parte della Cisgiordania occupata sembra essersi arresa, Gaza non si arrende. Sono sempre più decisi e audaci dei loro fratelli cisgiordani, forse perché la loro sofferenza è maggiore.

Non c’è un solo israeliano che possa immagine com’è la vita a Gaza. Cosa significhi crescere vivendo quella realtà. Si è spiegato la situazione innumerevoli volte, e nessuno si scalda per questo. Hanno un governo duro e tirannico, ma Israele non può incolpare Hamas. In Cisgiordania esiste un governo molto più moderato e Israele neanche là sta facendo nulla per mettere fine all’occupazione.

Nelle ultime settimane hanno seppellito 118 persone il che- relativamente al loro volume di popolazione - equivale a 500 morti israeliani, e non smetteranno di lottare. Hanno più che ragione.

(*) Giornalista israeliano, scrive sul quotidiano Haaretz.

Traduzione di Daniela Trollio - Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”, Sesto San Giovanni

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