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Il militarismo moderno al solo servizio dei profitti del Capitale: Lettera dagli USA

Da "Il Partito Comunista" n° 389 maggio-giugno 2018

(17 Giugno 2018)

il partito comunista

L’attacco statunitense alla Siria, coordinato con Gran Bretagna e Francia, ha preso a pretesto le armi chimiche, sostenendo essere nell’interesse del popolo siriano e del mondo. Questo è falso: l’interesse è del Capitale. Ogni minaccia di guerra, o di continuare una guerra da parte della borghesia è una minaccia contro il proletariato, non fra nazioni o fra forme costituzionali. Tutte le costituzioni delle classi dominanti, come un tempo difendevano la proprietà degli schiavi, ora difendono la schiavitù salariale e la compravendita della forza lavoro.

Il proletariato deve unirsi e organizzarsi per difendersi dagli attacchi che gli sono mossi. E i bombardamenti in Siria, come tutte le guerre del capitale, sono un crimine perpetuo contro la classe operaia in tutto il mondo.

Come ripeté Lenin con due anni di anticipo sulla Prima Guerra mondiale, che marchiò di imperialista, l’unica azione corretta contro le guerre del capitale è la mobilitazione del proletariato per l’abbattimento del potere borghese: «La trasformazione dell’attuale guerra imperialista in una guerra civile è l’unico indirizzo proletario corretto, che deriva dall’esperienza della Comune, e delineato nella risoluzione di Basilea (1912); lo impongono tutte le condizioni di una guerra imperialista tra paesi borghesi altamente sviluppati».

Non sappiamo quando scoppierà una terza guerra mondiale come quella.

Le continue guerre parziali hanno fornito un sollievo alla crisi del capitale. Tuttavia le condizioni del mondo capitalistico continuano a peggiorare, dopo la crescita economica generata dalle distruzioni della Seconda Guerra mondiale, crescita pagata col sudore dopo che col sangue proletario.

Come insegna Marx, il capitalismo impone la sovrapproduzione per continuare ad appropriarsi del plusvalore, il che porta alla distruzione degli uomini e del mondo. Per consentire al capitale di sovrapprodurre occorre una sovrappopolazione operaia. Per costringerla al lavoro, benché vi potrebbero essere alimenti ed abitazioni per tutti, bisogna che una parte della popolazione soffra la fame e sia senza casa. Perché la disoccupazione è necessaria al capitale, la sua riserva di forza lavoro a basso prezzo.

La dimensione della sovrappopolazione viene regolata anche con le guerre, sopprimendo vite per ridimensionare il mercato della forza lavoro. La classe capitalista da un lato fa crescere un proletariato da sfruttare, dall’altro ne causa periodicamente la morte. L’esistenza della classe lavoratrice è regolata in base alle necessità del profitto.

Per questo anche i democratici, i liberali e i “progressisti”, hanno interesse alla guerra, anche quando occasionalmente si oppongano ad un particolare intervento come quello recente in Siria, perché sono tutti strumenti nelle mani del capitale.

Negli Stati Uniti sono stati i Democratici a decidere la destabilizzazione della Siria, col pretesto di voler estromettere Assad per difendere la “democrazia” e i “ribelli moderati”. Intanto gli alleati degli Stati Uniti nella regione, in particolare l’Arabia Saudita, Stato capitalista che conserva la sua struttura feudale, mostravano la loro ferocia sul proletariato del Medio Oriente e del Nord Africa.

Il Kuwait, ad esempio, fu incoraggiato dagli Stati Uniti e dall’Arabia Saudita ad estrarre petrolio iracheno da sotto il confine e a sovrapprodurre oltre le quote dell’OPEC. Dopo che avevano fatto intendere a Saddam che assentivano alla sua invasione del Kuwait, gli Stati Uniti si misero alla testa di una coalizione per abbattere il regime iracheno col pretesto di “difendere la democrazia”, ignorando l’evidenza che il Kuwait era una monarchia assoluta.

In realtà è la natura stessa del capitale che impone la sua costante espansione per rallentare la tendenza alla caduta del saggio del profitto: anche la distruzione dell’Iraq, si sperava, avrebbe aperto spazi al capitale occidentale per espandersi.

Questo fenomeno fu già evidente dopo le due guerre imperialiste mondiali, con le grandi crescite economiche anche degli Stati Uniti negli anni ‘20 e ‘50: dopo quelle immani devastazioni, senza eguali nella storia, con la morte di milioni di proletari e la generale distruzione di capitali e di merci, ci fu nuovamente spazio per tornare ad ingolfare di merci i mercati.

Anche la successiva politica di guerra degli Stati Uniti è una diretta conseguenza di questa legge economica. Dalla Corea al Vietnam alle guerre civili in Africa e in America centrale e meridionale, la distruzione porta profitti e la produzione di armi si espande.

Ma Saddam non fu reso docile quanto si sperava dopo la Prima Guerra del Golfo.

Dopo l’11 Settembre, del quale erano coinvolti anche personaggi sauditi di medio rango, gli Stati Uniti hanno invece subito invaso l’Afghanistan, ovviamente con il consenso del Partito Democratico.

Intanto in patria, mentre si facevano profitti con la ricostruzione del World Trade Center, i lavoratori sopravvissuti e i pompieri e i volontari di soccorso, colpiti da malattie polmonari e tumori, non hanno avuto alcun aiuto da parte dello Stato. Le priorità borghesi erano altre, la “guerra al terrore”, con leggi per limitare ogni opposizione e critica.

Si è osservato che non ha senso combattere una tattica, il “terrorismo”. Come le precedenti, le “guerre” alla povertà o alle droghe sono promosse non per essere “vinte” ma per realizzare profitti: con quel pretesto si sono spostate risorse dall’istruzione e dall’assistenza sanitaria a settori dove il capitale ricava maggiori guadagni; si è accresciuta la disponibilità di lavoro schiavizzato nelle carceri e si sono distrutti paesi in America Latina con guerre civili e colpi di Stato, mentre la CIA si arricchiva con la droga.

Con la “guerra al terrore” è stato lo stesso. Le aziende del settore militare, i produttori di armi, le imprese di costruzioni, le compagnie petrolifere e minerarie, gli appaltatori per i rifornimenti, ecc. traggono profitto da giovani proletari costretti a uccidere e che tornano dalla guerra con cicatrici mentali e fisiche, quando tornano.

L’Iraq galleggia sul petrolio: democratici e repubblicani si sono accordati per farne profitti con lo spargimento di sangue di centinaia di migliaia di uomini, un tormento ancora in corso, nonostante l’attuale opposizione dei “coraggiosi” democratici alla guerra in Siria.

Ma l’espansione del programma di droni, i bombardieri comandati da terra, risale alla presidenza Obama. Con questi il capitale pretende di eliminare il costo di mantenimento dei soldati e delle loro famiglie, e la cattiva pubblicità quando muoiono o restano invalidi. Intanto i produttori di droni ne traggono profitto. Come sempre, la parte morta, inorganica, del capitale cresce più velocemente della sua parte vivente, organica: da qui la tendenza al calo del saggio di profitto.

Questa rapina si ripete in ogni paese che i diversi imperialismi invadono. La Siria si trova oggi nella stessa posizione di teatro di scontro fra i giganti del capitale. Pur non avendo molto petrolio, di lì potrebbero passare gli oleodotti che ne ridurrebbero i costi di trasporto. Come meglio martoriare il proletariato siriano che sostenere un “gruppo ribelle”, dando inoltre modo ad Assad di schiacciare brutalmente ogni opposizione? Assad è certamente un feroce nemico della classe lavoratrice, ma non più di tutti i capi di tutti gli Stati borghesi.

Poi, l’uso di “mezzi illegali” di sterminio fornirà il pretesto all’invasione. Non importa quale parte in Siria ha impiegato l’arma chimica, nella lotta inter-borghese, dal suo centro statunitense o da quello russo: comunque si massacrano proletari, se ne lasciano in lutto le famiglie e molti altri debbono fuggire.

E se questi fuggiaschi riescono ad arrivare da qualche parte, vi sono accolti allo stesso tempo con disprezzo e a braccia aperte: col disprezzo della piccola borghesia, a braccia aperte dal capitale, affamato di forza lavoro a basso prezzo. Per questo negli USA Starbucks, Chobani e Walmart hanno preso una “coraggiosa posizione” contro il razzismo, la xenofobia e il fanatismo. A chi chiedere peggiori condizioni di lavoro e di salari se non ai rifugiati dalle zone di guerra? Prima bombardi e distruggi le loro case, poi fai finta di preoccuparti della loro sorte! Hanno bisogno di democrazia, dopotutto, e questa è la democrazia!

Anche Obama, dopo aver fatto deportare 600.000 immigrati dagli Stati Uniti, si mostrò tormentato al pensiero dei bambini che intraprendevano pericolosi viaggi a piedi per arrivarci.

Se una parte dei capitalisti acconsente alla protezione dei peggio pagati lo fa solo per impedire che ne approfittino i concorrenti. Questa realtà ha ormai centinaia d’anni: ad esempio un gruppo di capitalisti in Gran Bretagna negli anni 1840-50 acconsentì a limitare il lavoro minorile, purché la restrizione interessasse tutte le industrie nazionali. C’era comunque, e c’è tutt’oggi, il tacito accordo per continuare a sfruttare i bambini nelle aree più povere del mondo impedendovi ogni tentativo di limitazione.

Nessuna impostura democratica è negli interessi del proletariato. La democrazia è una trappola in cui ogni manovra borghese è fatta apparire voluta dal “popolo” e a vantaggio di tutte le classi. Anche la guerra sarebbe “democratica”, voluta, combattuta e vinta da tutta la società. Tutte le classi ne riconoscerebbero la necessità e, infine, ne beneficerebbero. La società tutta deciderebbe la sua periodica amputazione e la conferma della sua oppressione, nascondendo sotto il manto della democrazia che la guerra è sempre e solo a profitto delle classi superiori.

I comunisti invece vogliono distruggere questa società già di per sé morente, che causa così tanta distruzione e sofferenza, per poter finalmente vivere in una società umana, nella quale non esisterà più una classe di uomini che per vivere vendono la propria forza-lavoro, mentre la classe capitalista trae profitto da lavoro non retribuito e alienato.

Non c’è alcun interesse proletario rappresentato in alcun partito politico nei Congressi e nei Parlamenti né in alcun personaggio del politicantismo borghese, agenti del capitale, sorridenti in un abito elegante o falsamente dimessi in abbigliamento casual. L’interesse del proletariato è solo nel rovesciamento rivoluzionario della borghesia e di tutti i suoi difensori. Solo una guerra di liberazione della classe proletaria può porre fine a tutte le guerre. Questa vera guerra civile deve essere coordinata dal partito di classe, il partito comunista, che raggruppi attorno a sé il proletariato e i transfughi delle altre classi, tutti coloro che hanno in odio la società attuale.

Le condizioni di organizzazione della classe operaia sono oggi in un misero stato. Per questo occorre far rinascere le organizzazioni sindacali, sia contro il padrone singolo sia contro la classe dei padroni; che si uniscano fra loro e rompendo con quei sindacati che hanno irreversibilmente tradito gli interessi operai. Bisogna non sottostare a tutte le limitazioni legali sulla possibilità di scioperare e di stipulare accordi.

I lavoratori del partito collaboreranno ad informare e ad organizzare le lotte difensive della classe, nella prospettiva di ripristinare la forza e l’unità del movimento operaio.

Così organizzata, nel suo partito e nel suo sindacato, la classe operaia potrà tornare ad imporre le sue richieste economiche immediate al padronato e agli Stati.

In queste condizioni di mobilitazione il proletariato potrà gettare la sfida per trasformare la guerra dell’imperialismo in guerra civile, dove la classe lavoratrice e tutti gli oppressi potranno abbattere per sempre ed internazionalmente il potere dei loro nemici ed oppressori.

PARTITO COMUNISTA INTERNAZIONALE

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