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Rifugiato o clandestino?

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“Civiltà” senza cuore

(20 Giugno 2018)

bambino migrante

Quello che molti media, anche mainstream, mostrano e discutono in queste ore sui bambini migranti in gabbia, volutamente separati dai genitori da una politica che criminalizza la migrazione con l’alibi di regolamentarla, è uno dei tratti assunti dalla comatosa sopravvivenza d’un sistema che s’autodefinisce democratico. In questo ciclo perverso ci siamo anche noi, con quella che ci ostiniamo a definire vita. Se i disperati di mare e di terra che giungono vicino alle nostre case devono far i conti con la sopravvivenza imposta da un destino precario e dai respingimenti polizieschi, la nostra sopravvivenza di cittadini perbene è un mascherato convincimento di esistenza dignitosa nel modello di società senza cuore teorizzata da vari criminali della politica. Il circuito è perverso e non ci salva, visto che gli attuali uomini diventati statisti non sono impostori, e pur saliti in alto solo per sete di potere, risultano legittimati da schiere di sostenitori. Il mondo crudele proposto da Trump, Orbán, Salvini e compagnìa globalizzata è volutamente sostenuto dalla maggioranza degli elettori che li hanno collocati a far sfracelli e maramaldeggiare contro i più deboli del mondo. Ad applicare quel terrorismo politico che ciascuno, mentendo, sostiene di combattere.

Ma nel commentare la vicenda dei piccini allontanati dall’abbraccio rassicurante della madre la questione non sta nel compassionevole sentimento di chi si commuove o meno alle lacrime dei minori. Sta nella cinica o distratta accettazione che sia possibile mettere dietro le sbarre, uniti o divisi, esseri umani come all’epoca delle tratte schivistiche. Sta nell’infischiarsene delle cause dei movimenti di migrazione, tutte interne al modello imperialista che nelle sue versioni ‘buonista e malvagia’, all’unisono foraggia guerre al terrorismo e seguenti missioni di pace, prosegue il dissanguamento economico di tante parti del mondo da cui rifugiati e migranti economici provengono. Col fine che giustifica ogni mezzo, l’elettore del peggior politico si concentra solo su ciò che gli viene mostrato come il “suo” interesse, dove l’aggettivo possessivo è padroneggiato da chi ha il comando, creando l’illusione d’una decisione volta al bene comune. In aggiunta, la disumanizzazione posta come valore ci rende talmente insensibili da farci percorrere strade di presunti interessi attorno a categorie che risultano solo retaggi di trascorsi ambigui e contraddittori. Zombie in un egoismo che ha trasformato città e campagne in un enorme cimitero.
20 giugno 2018

articolo pubblicato su
enricocampofreda.blogspot.it

Enrico Campofreda

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