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Sciopero nel trasporto aereo. Le ragioni del sindacato

(13 Agosto 2005)

Colloquio con Paolo Maras, componente della Segreteria Nazionale Sult: «La revoca dei diritti sindacali è un atto politico a cui si risponde politicamente con la massima mobilitazione»

L’assemblea degli Assistenti di volo aderenti al Sult ha approvato ieri a Fiumicino un pacchetto di 192 ore di sciopero per il 2005. Le prime 48 ore saranno effettuate i prossimi 30 e 31 agosto. Una decisione clamorosa che fa saltare la classica tregua estiva nel settore dei trasporti.

Una decisione tuttavia obbligata se si pensa che pochi giorni fa l’Alitalia, con una mossa a sorpresa e senza precedenti, ha revocato i diritti sindacali del Sult.

La fase acuta dello scontro fra il sindacato di base e la compagnia aerea inizia nel gennaio di quest’anno quando il Sult non firma le modalità applicative del contratto sottoscritto il 18 settembre 2004, contratto peraltro ritenuto dallo stesso sindacato estremamente gravoso sul piano dei carichi di lavoro, dei ritmi e delle riduzioni del personale. Le parti non trovano il punto di equilibrio tra aumenti di produttività e risparmi da una parte; vivibilità dell’attività di lavoro, tutela della sicurezza del trasporto e incolumità degli equipaggi dall’altra.

Rotti i ponti con il Sult l’Alitalia tratta con le altre Organizzazioni Sindacali e il 25 febbraio definisce un accordo applicativo giudicato dal Sult «Assolutamente insoddisfacente». Scattano quattro giornate di sciopero. L’adesione alle proteste supera ampiamente la normale rappresentanza del Sult che, va ricordato, è il sindacato di maggioranza relativa tra gli Assistenti di volo Alitalia (oltre mille su un totale di 4.000 a tempo indeterminato e 1.700 a tempo determinato). La vertenza continua e a seguito dei cavilli con cui la Commissione di Garanzia ostacola le iniziative di lotta del Sult due componenti della Segreteria Nazionale del sindacato, Andrea Cavola e Paolo Maras, attuano nel maggio scorso uno sciopero della fame davanti al Ministero dei Trasporti. Uno dei motivi della protesta è proprio il superamento di una norma che obbliga i sindacati a firmare il contratto collettivo pena l’esclusione dal tavolo delle trattative. Forzando all’inverosimile tale norma l’Alitalia il 4 agosto scorso ha revocato i diritti sindacali del Sult. Da questo punto parte la nostra conversazione con Paolo Maras.


Come si spiega la decisione dell’Alitalia di non riconoscere più il Sult visto che siete firmatari di contratto?

«L’azienda afferma che dal momento che non abbiamo sottoscritto l’accordo applicativo del contratto è come se non avessimo firmato il contratto stesso. Si tratta di un evidente paradosso. La spiegazione sta nel fatto che l’accordo applicativo è la sostanza di un nuovo modello di organizzazione del lavoro perché riguarda i ritmi, i turni, il riposo per il recupero psico-fisico, la modalità di trasferimento del personale a Milano, la gestione degli esuberi predeterminati, il trattamento del personale stagionale, un personale che si avvia a fare la quindicesima stagione da precario senza alcuna prospettiva di conferma. Su questi temi la compagnia vuole le mani assolutamente libere nonostante sia evidente che livelli di sfruttamento, contrazione degli stipendi e autoritarismo stanno raggiungendo limiti insopportabili. In altre parole: con il passare dei mesi il contratto sta diventando inapplicabile perché non si può chiedere al personale di lavorare di più, guadagnare di meno e non avere diritti. Noi sappiamo di aver firmato un contratto pesante. Lo abbiamo fatto per senso di responsabilità nei confronti di un’azienda che aveva davanti a sé lo spettro del fallimento. Ma una volta che il sindacato si è caricato questo fardello poi la fase applicativa del contratto deve permettere di trovare l’equilibrio tra aumento di produttività e vivibilità del lavoro. Altrimenti non ci rimettono solo i lavoratori ma anche l’azienda».

La forma di rappresenta sindacale in Alitalia è la Rsa (Rappresentanze sindacali aziendali). Da tempo il Sult si batte per istituire le Rsu (Rappresentanza sindacale unitaria). Anche questo elemento rappresenta un fattore di conflittualità collegato con quelli appena descritti?

«Sì. Non aver firmato l’accordo applicativo ha comportato una forte e positiva risposta della categoria. Una risposta visibile sia nell’aumento di adesioni al Sult sia nelle dimissioni dalle tradizionali organizzazioni. Per loro natura le Rsa permettono giochi di cogestione del potere tra vertici aziendali e sindacali. Vorrei ricordare che nel settore degli Assistenti di volo dell’Alitalia Cgil, Cisl e Uil nel loro insieme non arrivano a 700 iscritti mentre il Sult ne ha mille. Eppure si tenta di cancellarci con un colpo di mano. Ma a parte questo aspetto le Rsu permettono una rappresentanza in cui tutti i lavoratori sono eleggibili e in cui c’è un controllo vero sull’operato del sindacato. Ecco perchè abbiamo ritenuto opportuno lanciare una campagna per una nuova forma di rappresentanza. E’ necessario dare voce ai lavoratori e non solo agli apparati. In questo senso nei mesi scorsi abbiamo compiuto i dovuti passi formali costituendo la Commissione elettorale e raccogliendo le firme per le liste. Abbiamo coinvolto l’azienda che ha trovato dei pretesti per rifiutare la nostra proposta. E abbiamo tentato di coinvolgere gli altri sindacati che si sono dati latitanti. Insomma le Rsu non s’avevano da fare. Visto il sollevarsi di questi muri ci siamo rivolti alla magistratura che ci ha negato il diritto a costituire le Rsu appigliandosi fra l’altro alla mancata sottoscrizione dell’accordo applicativo del contratto. Una sentenza che ovviamente impugneremo».

Confortata dal procedimento della magistratura l’Alitalia vi nega oggi i diritti sindacali non risparmiando l’atto simbolico di smontare le vostre bacheche al centro equipaggi di Roma e Milano. Tra i lavoratori come è vissuto questo momento?

«Ovviamente è stato accusato il colpo. Nell’assemblea di ieri a Fiumicino c’era forte preoccupazione. D’altro canto però la discussione è stata matura e intelligente. Intanto, abbiamo evitato di reagire immediatamente con gesti poco meditati. Possibilità che ritengo sia stata nei desideri dell’azienda. Ma soprattutto il dibattito ha colto la valenza politica dell’iniziativa dell’Alitalia al di là di tutti i tecnicismi giuridico-formali. La revoca dei diritti sindacali del Sult è un atto politico a cui si risponde politicamente con la massima mobilitazione e predisponendosi ad un battaglia che sappiamo già non si risolverà nell’immediato. Abbiamo chiamato i lavoratori ad una mobilitazione generale che da subito si articola in una sorta di assemblea permanente al centro equipaggi di Fiumicino. Inviteremo tutti i colleghi a sostenere il Sult per ripristinare un diritto abusivamente negato e per combattere una battaglia di civiltà. Poi, proseguiremo la vertenza nelle forme antagoniste che ci hanno sempre contraddistinto rispetto alle scelte del management aziendale così come continueremo a lottare per una nuova forma di rappresentanza sindacale in Alitalia».

Come sta rispondendo la categoria a questa strategia di lotta?

«Bene. In questi giorni abbiamo registrato 50 nuovi iscritti e sappiamo di esodi dalle sigle sindacali tradizionali. Non c’è persona di buon senso che non consideri inaudito il tentativo dell’Alitalia di cancellare il sindacato di categoria maggiormente rappresentativo. Inoltre, è evidente che l’abuso dell’azienda dice a chiare lettere a tutti i dipendenti della compagnia che è lei a scegliere chi li rappresenta. E questo è inaccettabile per chiunque. Anche per chi è distante dalle nostre posizioni».

Dinanzi a una situazione così critica quali sono i margini di trattativa?

«Credo che lo scenario sia abbastanza confuso. L’Alitalia ha negato l’esistenza del suo maggiore interlocutore nel settore degli Assistenti di volo. In situazioni di questo tipo i margini di trattativa vanno inventati di sana pianta. E si inventano solo in modo politico e con grande chiarezza. E’ evidente che se qualcuno si aspetta un nostro andare a Canossa si sbaglia di grosso. Forse l’Alitalia non si è resa conto dei riflessi politici del suo gesto. La dinamica che si è messa in moto ormai non riguarda solo le relazioni industriali ma investe il Paese nel suo complesso. Nessuno in Italia può accettare che un’azienda decida chi è legittimato o meno a rappresentare i lavoratori. In una democrazia sono i lavoratori a scegliere la rappresentanza che più li aggrada».

La dichiarazione degli scioperi del 30 e 31 agosto sta già sollevando il canonico sdegno della quasi totalità della stampa italiana. E' il solito un fuoco di fila finalizzato a condizionare negativamente l’opinione pubblica nei confronti delle proteste dei lavoratori dei trasporti. Come controbatte il Sult?

«Tutti gli scioperi nel settore dei servizi ledono qualcuno. Per esempio gli scioperi dei giornalisti ledono il diritto del cittadino ad essere informato. E la nostra è chiamata la società dell’informazione. Perciò quando i giornalisti incrociano le braccia viene leso un diritto fondamentale del vivere civile. Ma se ragioniamo così non andiamo da nessuna parte. A me sembra che i sistematici attacchi della stampa alle lotte dei lavoratori dei trasporti siano banali perchè è come se si affermasse che in nome di un diritto divino del viaggiatore si può compiere qualunque abuso nei confronti del lavoratore. Se questo è l’approccio allora la stampa dovrebbe affermare, magari infilandoci anche se stessa, che in tutta una serie di settori è sospeso il dettato costituzionale. Però va detto con coraggio. Perché quello che troppo spesso si legge è un appello che punta a stimolare l’irrazionalità. In occasione di scioperi proclamati con cinquanta giorni di anticipo e per i quali l’azienda non fa il minimo passo per evitarli ecco apparire la classica ripresa televisiva della vecchietta in triste attesa alla stazione o in aeroporto. Una stampa meno di parte e più razionale avrebbe il dovere nei confronti dei lettori, degli ascoltatori, dei telespettatori di condurre inchieste sulla patologia del nostro sistema di relazioni industriali. Un patologia causata dalle Leggi esistenti che ormai impediscono la normale vita sindacale e autorizzano le aziende a fare il bello e il cattivo tempo. Dal punto di vista dell’informazione questo scandalo tra l’altro non tiene conto che i diritti dell’utenza devono essere presi in carico sia dai sindacati che dalle aziende. Invece queste sono svincolate da qualsiasi responsabilità sociale e non avendo vincoli di alcun tipo giocano a depotenziare le lotte dei lavoratori. Ma è evidente che così facendo prende piede una conflittualità strisciante, costante e sempre più fuori dalle regole. Un danno per tutti».

Patrizio Paolinelli

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