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La borsa vola

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(22 Febbraio 2012) Enzo Apicella

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Follie finanziarie del capitalismo in crisi

(30 Agosto 2018)

IIF

L’IIF (ente ricerca internazionale banche multinazionali) comunica che il debito globale (col settore finanziario) ha raggiunto 247 trilioni di dollari, quasi il 250% del PIL mondiale. E i debiti societari (4 mld di dollari in obbligazioni) – specie negli Usa – cominciano a far paura, soprattutto se aumentano i tassi di interesse. Gli aumenti (oggi, siamo all’1,75% - 2,00%) avrebbero ripercussioni, con l’apprezzamento del dollaro, sui “mercati emergenti” (vedi Turchia e Venezuela). Intanto gli investimenti internazionali (si temono guerre commerciali per il protezionismo di Trump) perdono redditività: l'UNCTAD rileva un rendimento medio globale al 6,7%, (dall'8,1% nel 2012), specie in Africa, America Latina e Caraibi.

Mentre si prolunga l’illusione che scenda il debito pubblico italiano (tempo fa da Padoan aveva previsto il calo per il 2016), il bel mondo borghese continua ad aggrapparsi alle provvidenziali concessioni – per le Banche – di fondi a tasso zero, e al denaro distribuito dal QE. Si dovevano bloccare gli assalti ai Titoli di Stato ed immettere altra liquidità nella già annacquata economia italiana. Dopo che i Fondi Europei hanno già soccorso la Germania (in possesso di una notevole quantità di Titoli tossici) con ben 400 mld di euro alle Landesbank e Commerzbank. Di seguito, “benefici” anche per Spagna, Portogallo e Irlanda. Ora la Bce ha annunciato la fine dei provvidenziali aiuti entro dicembre 2018: arriva la fine del piano straordinario di acquisto Titoli e si prevede un aumento del costo del denaro: era al 4,25% nel 2008 e ora è allo 0,0%...

Nel frattempo, per i gestori degli hedge-fund, continuano le manovre speculative, comprese le scommesse sui cambi (euro-dollaro), sui Btp (italiani e spagnoli) e sui Titoli più capitalizzati. Proliferano gli operatori di private equity; e nel 2017 si sono avute transazioni per un controvalore di circa 750 milioni di euro. Per il 2018 si ipotizzano alcuni mld di euro, in gran parte nascosti nei bilanci delle Banche. E continuano i movimenti – circolano enormi somme di denaro – degli strumenti derivati, come i future, con Germania e Francia che detengono il 73% dei derivati in area europea. Il rischio legato a questi _asse_t è molto alto, mentre si continua a speculare su una classificazione a livelli più o meno favorevoli dei titoli tossici. E i guadagni (artificialmente creati) sono fittizi, pericolosissimi al momento della resa finale dei conti.

In Europa, la Deutsche Bank è arrivata ad avere in cassa derivati per 75trilioni di dollari, quasi pari all’intero Pil mondiale. W. Buffet, un guru della finanza mondiale, aveva definito così i derivati: “armi finanziarie di distruzione di massa, che portano pericoli potenzialmente letali, anche se latenti”. L’Italia figurerebbe in una “posizione più virtuosa”, ma il Tesoro sarebbe appesantito da perdite potenziali pari a 42 mld di euro. In totale, secondo Bankitalia e fino a circa due anni fa, il valore nazionale dei contratti derivati era pari a quattro volte il Pil.

Da quando esplose (2007-2008) la crisi “finanziaria”, il valore mondiale dei derivati aggirantesi nelle Banche è salito a cifre iperboliche: si parla oggi di oltre 700 mld di dollari. Tempo fa, secondo l’Occ (Office of the Comptrollor of the Curreney) le 5 maggiori Banche Usa avevano una pericolosa esposizione in derivati per 40 trilioni di dollari, pari al 67% di tutte le attività bancarie!

Quella che cresce nel mondo è una massa di denaro “virtuale”, per lo più costituito da debiti e crediti. Gli investimenti veri e propri di capitale riguardano solo nuove tecnologie e servizi, con una forte integrazione fra gestione e distribuzione. I gruppi finanziari e bancari raccolgono miliardi offrendo prodotti e servizi di matrice internazionale, sofisticati e diversificati. Stili gestionali e asset class riguardanti materie prime, valute, strategie hedge, bond e titoli anche non “quotati” (private equity). Offerte di acquisti e vendite dipendono dalle informazioni assorbite dai computer e poi automaticamente vagliate, tutto in pochi nano-secondi: mercati con una impressionante volatilità.

Nelle vendite sono compresi anche titoli che non si possiedono (allo scoperto) sperando poi di “comperarli” a prezzi più bassi per restituirli ai “prestatori” di denaro. Si vendono euro e si comperano dollari (o viceversa, secondo l’aria che tira…). Asset che al momento alimentano una fittizia circolazione di valanghe di “segni” monetari altrimenti immobilizzati come “capitali inattivi”….Quanto agli scambi di azioni nelle Borse si ricorre all’uso di computer interagenti con altri computer e questi con altri ancora, con l’applicazione di sofisticati algoritmi. Così si gestiscono i derivati e le scommesse finanziarie.

La borghesia (sinistra o destra pari sono!) ha mobilitato i suoi esperti nel tentativo di una pur minima regolazione di questi movimenti che pretenderebbero di ossigenare l’agonizzante modo di produzione capitalistico. L’illusione sarebbe quella di renderlo “più efficiente, equo e solidale”: insomma, gli si consenta pure di fare gli interessi di un certo numero di privilegiati, ma fingendo di preoccuparsi di quelli più “sbriciolati” del popolo! Gli sia data almeno l’illusione di un “democratico controllo” della sua miseria, delegando politici, imprenditori, banchieri e amministratori a curare gli interessi (privati in veste pubblica) dell’intera società!

Si tratterebbe oltretutto – dicono – di una questione morale: si facciano pure debiti purché poi si paghino (come recita il “padre nostro”…). In caso di difficoltà, si concedano “prestiti per il rimborso” di quelli precedenti e con i “piani di salvataggio” elaborati da membri delle stesse Banche, Istituti di Credito, grandi imprese e della Bce. In agitazione schiere di professori di economia, avvocati ed altri eminenti professionisti, tutti preoccupati di trarre da quelle fittizie manovre le dovute ricompense. Per ora sventolando ancora le sdrucite bandiere della loro liberal-democrazia…

Per finire: dopo gli Npl (“crediti deteriorati”, diventati una partita chiusa , una perdita contabilizzata o quasi, per oltre un centinaio di mld), ecco ora gli Utp (“inadempienze probabili” ovvero una “difficoltà”, un “ritardo nascente nei rimborsi di un finanziamento”). Sono stimati, da analisi della Banca d’Italia, in 91 mld di dollari, nascosti per lo più nei bilanci delle Banche del nostro Bel Paese. Spuntano acquirenti di tali crediti e Special services per il loro recupero. Signori miei, non dimenticatevi che quello finanziario è “un mercato di gioco, e, tutto sommato, il migliore che si conosca”. Lo dicono gli addetti ai lavori…

DC

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