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Lo scontro fra Italia e Francia nella crisi libica

(9 Settembre 2018)

usafricom

Lo stemma di AFRICOM

Non stupisce più che la macchina comunicativa, messa in moto dal "governo del cambiamento", produca in tempo reale slogan che sintetizzano il messaggio che i vari ministri vogliono veicolare ad ogni loro azione politica. I problemi nascono quando il frenetico attivismo si risolve in una competizione che li porta a continui cambiamenti con annunci paradossali. La furiosa polemica antifrancese sul tema dei flussi migratori e sulla crisi libica, potenziata dallo slogan "sulla Libia la leadership è nostra", potrà anche appagare il pubblico italiano, ma al di là dei confini fa ricordare il suo più colossale disastro coloniale.

Il premier Conte, dopo l’incontro con Trump a Washington, dichiarava che "con la cabina di regia in Libia c'è quasi un gemellaggio tra Usa e Italia: l'America riconosce il nostro ruolo di interlocutore privilegiato”. Ma se andiamo a prendere il report del 2 maggio 2018 “Libya: Transition and U.S. Policy” emesso dal Congressional Research Service https://fas.org/sgp/crs/row/RL33142.pdf , si apprende che l’attenzione degli USA nella regione si concentra principalmente sul problema terrorismo. E’AFRICOM ad avere il compito di relazionare sugli sviluppi interni, ed è l’ONU l’organismo preposto alle decisioni inerenti la stabilità (gli USA riconoscono il Governo di Accordo Nazionale (GNA) presieduto da Fayez al Sarraj).

I compiti di AFRICOM, come riporta Libya Herald https://www.libyaherald.com/2018/03/07/africom-reports-on-its-2018-policy-in-libya/ , sono quelli di distruggere i gruppi terroristici che minacciano gli interessi degli Stati Uniti e la destabilizzazione della regione, evitare la guerra civile, sostenere il processo di riconciliazione politica verso un governo unificato facilitato dall’ONU e contribuire a frenare il flusso dei migranti illegali in Europa. Nella dichiarazione di Stephanie Williams, l’incaricato per la Libia del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, avvenuta dopo l’incontro del 31 maggio a Tripoli insieme al generale Thomas Waldhauser, comandante di AFRICOM, e al Primo Ministro Fayez al-Sarraj del governo libico, si conferma il sostegno all’Alta Commissione elettorale nazionale che sta lavorando alla preparazione delle prossime elezioni attraverso l’investimento di oltre 32 milioni di dollari: “Gli Stati Uniti ritengono che le elezioni dovrebbero avvenire il prima possibile, ma devono essere ben preparate per evitare un'ulteriore instabilità. Sosteniamo la leadership delle Nazioni Unite attraverso il rappresentante speciale Salamé che deve consultare i leader libici al fine di promuovere il processo di adozione di una costituzione e tracciare un percorso verso elezioni credibili, sicure e ben preparate”. https://www.africom.mil/media-room/Article/30843/u-s-libyan-officials-meet-in-tripoli

Dunque ufficialmente gli USA si muovono bilateralmente in Libia. Tuttavia Trump ha mostrato indifferenza nei confronti della Francia che si è fatta promotrice di prossime elezioni durante la Conferenza sulla Libia di maggio, mentre permette l’Italia di preparare una nuova Conferenza. Secondo un articolo del New York Times Trump non ha una strategia per la Libia e finora si è fatto guidare dal suo istinto. https://www.nytimes.com/2018/02/07/world/africa/trump-libya-policy-russia.html

Il ministro degli Esteri Moavero, il diplomatico del nuovo governo, ha annunciato formalmente che all’incontro sulla Libia parteciperanno anche Cina e USA : “Libia: Moavero, d'accordo con Macron. Dialogo con tutti. Conferenza in Italia a novembre” http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/africa/2018/09/06/libia-moavero-daccordo-con-macron_69c097c0-cfab-40f4-b494-397b22791312.html
Il 22 agosto, pochi giorni prima dell’inizio degli scontri che hanno provocato più di 70 morti e 300 feriti, l’inviato delle Nazioni Unite per la Libia, Ghassan Salamé, aveva affermato che in Libia si doveva porre fine alle ingerenze straniere favorite da alcune fazioni locali: “la Libia è ormai vittima delle ingerenze di molti paesi che vengono spesso sostenute e favorite dall'opera di alcuni libici. I libici sono in grado di fermare queste interferenze, ma ciò necessita del dialogo tra tutte le parti”.

In questa direzione si muove lo studio effettuato dall’ISPI “La Libia tra conflitto e migranti: ripensare il ruolo delle milizie”, ripreso da Alberto Negri nel suo articolo “Il Paese guida sconfitto a Tripoli”. Si sostiene che “è giunto il momento di chiedersi se non sia l’intero processo politico a dover essere rivisto, coinvolgendo in particolare quegli attori che sono spesso stati esclusi o almeno formalmente relegati ai margini” https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/la-libia-tra-conflitto-e-migranti-ripensare-il-ruolo-delle-milizie-21012

Nell’aprile 2017 il ministro dell’Interno Minniti dichiarava, dopo aver sottoscritto un accordo di pace tra le due principali tribù libiche meridionali, che “Governare il sud della Libia significa controllare le rotte migratorie e combattere il business dei trafficanti". Un successo della "diplomazia del deserto", che prometteva di stabilizzare la regione del Fezzan e dare corpo a quel memorandum italo-libico siglato a Palazzo Chigi a febbraio, con l'obiettivo principale di arrestare il traffico di esseri umani. Da qui passano infatti le principali rotte migratorie, che da Niger e Ciad portano prima sulle coste libiche e poi via mare fino all'Italia.

Per la stabilizzazione della Libia Parigi, differentemente dall’Italia, ha puntato sul generale Khalifa Haftar, signore della Cirenaica, che a capo dell’Esercito nazionale libico controlla l'Est del paese. Ora Parigi vuole tornare a influenzare il Fezzan, un’area strategica e di collegamento con gli interessi francesi in Algeria, Tunisia e nel Sahel. La Libia diventa così una piattaforma tra Mediterraneo e Sahel che, congiunta al resto della Françafrique, permetterebbe a Parigi di controllarne le risorse e i traffici più del Niger. http://espresso.repubblica.it/internazionale/2018/01/29/news/missione-italiana-niger-1.317686
Non è un caso l’attenzione posta, soprattutto dalla Francia, al settimo Forum Cina-Africa https://www.focac.org/eng/ che si è svolta a Pechino nei primi giorni di settembre. Gli investimenti previsti dalla Cina in Africa sono pari a 60 miliardi di dollari che si vanno ad aggiungere alla stessa identica somma che è stata definita durante il FOCAC del 2015 e sono rivolti essenzialmente alla progettazione ed al miglioramento delle infrastrutture (finanziamento di 3.000 progetti infrastrutturali). Un tema caldo del Forum è stata la discussione sulla ‘Belt and Road Initiative’ (BRI), la Nuova Via della Seta, a cui dovrebbe partecipare anche la Libia https://www.libyaobserver.ly/economy/libya-joins-china%E2%80%99s-belt-and-road-initiative . L’obiettivo è creare un ampio flusso economico per integrare i mercati e migliorare la connettività dei continenti asiatico, europeo e africano e dei loro mari adiacenti.

D’altra parte Conte conta di sfruttare l’ostilità di Trump nei confronti della Germania (e dell’Europa in generale) per contribuire all’indebolimento di Berlino e ripensare l’Eurozona, sperando di prendere il posto privilegiato della Francia che non può abbandonare la Germania. Il Presidente del Consiglio ha chiesto a Trump che le compagnie petrolifere americane non abbandonino la Libia per evitare l’avanzata della società francese Total, che agisce in contrapposizione all’Eni. Questo perché nel mese di marzo l’americana Marathon Oil ha venduto il suo pacchetto di titoli nel giacimento di Waha proprio a Total: un affare da 450 milioni di dollari. Per Tripoli questo è stato il segnale che non solo Marathon, ma anche le altre società statunitensi, se ne sarebbero andate lasciando spazio ai francesi. https://www.corriere.it/politica/18_agosto_01/conte-chiede-trump-bloccare-francesi-petrolio-tripoli-366c86c2-9503-11e8-8f77-2ea13bfc36ea.shtml

Il 20 luglio l’agenzia Reuters ha pubblicato un articolo in cui si sostiene che “le importazioni italiane di greggio statunitense hanno registrato un record a giugno dopo gli attacchi di gruppi armati che hanno bloccato due importanti porti petroliferi libici e tagliato la maggior parte delle consegne dal paese OPEC”. Jim Krane, docente in studi energetici alla Rice University del Baker Institute for Public Policy di Houston l’ha detto apertamente: “Gli Stati Uniti stanno diventando un fornitore stabile di petrolio che può arrivare su mercati che altri non possono raggiungere. Quando vediamo turbolenze in Libia o nell’Africa dell’Ovest, il petrolio dagli Stati Uniti sarà il sostituto del futuro”. https://www.reuters.com/article/us-usa-oil-italy/u-s-crude-oil-floods-into-italy-as-libyan-supplies-falter-idUSKBN1KA2LI

Nel clima di agitazione semantica provocata dal governo Conte, non possono mancare le bizzarre incursioni dei vari ministri in campi a loro sconosciuti che ne caratterizzano l’inattendibilità.

Il ministro Di Maio, ministro dello sviluppo economico e ministro del lavoro e delle politiche sociali, nonché Vicepresidente del Consiglio dei ministri nel Governo Conte, simbolo di una Italia in piena confusione, ha pomposamente affermato che “l’unica cosa che non vogliamo fare è quanto fatto nel 2011, cioè esportare democrazia con bombe e giustificare interventi militari” non sapendo, forse, che il suo ministro della Difesa Trenta aveva dichiarato, ai tempi della seconda guerra nel Golfo, che “I 9 mesi a Nassiriya come consigliere politico del comandante italiano e della missione Antica Babilonia sono stati l’esperienza che più ha segnato la mia vita. In quel periodo ho compreso l’impossibilità di slegare lo sviluppo di un paese dalla sicurezza e dalla pace e le nostre forze armate forniscono un contributo essenziale alla realizzazione della pace e della sicurezza internazionale. Per la prima volta mi sono sentita fiera di essere italiana”. Non solo, Trenta è stata sponsor di mercenari, oggi chiamati contractors. Il mercenario Fabrizio Quattrocchi (quello che prima di essere giustiziato in Iraq urlò “Vi faccio vedere come muore un italiano") fu ingaggiato dall'ex parà della Folgore Gianpiero Spinelli: "Io, ingaggiato dalla società della ministra Trenta. È legale, nessuno scandalo". L’attuale ministro è stata infatti responsabile in Libia di un progetto per il reintegro degli ex-combattenti che prevedeva anche il recupero di “missili terra-aria sottratti dagli arsenali di Gheddafi segnalati dai nostri servizi segreti: una questione di sicurezza nazionale in appalto ai privati”. Sfortunatamente ogni sua dichiarazione viene surclassata sia dai suoi vice-ministri salvini-Di Maio sia dalle azioni dei governi precedenti che deve necessariamente occultare. L’affermazione che “lo scenario che oggi descriviamo ci vede dunque non spettatori in Libia, come lo eravamo con il precedente governo bensì attori protagonisti come Italia” https://www.agensir.it/quotidiano/2018/9/6/libia-trenta-min-difesa-litalia-intende-continuare-ad-avere-un-ruolo-da-protagonista/ riporta il senso della volontà di rottura con il passato, ma risulta bizzarra se si pensa alla polemica emersa a proposito della presenza in Libia di uomini delle forze speciali italiane autorizzate dalla normativa approvata dal Parlamento durante il governo Renzi. La normativa, che non risulta essere stata abolita, consente al presidente del Consiglio di autorizzare missioni all'estero di militari dei corpi d'elite sotto la catena di comando dei servizi segreti. “Ecco perché forze speciali italiane sono in Libia” https://formiche.net/2016/05/libia-serraj-haftar-agenti-speciali/

Peggio va con va con Angelo Tofalo, sottosegretario difesa (M5S), che a proposito dei contractors sostiene che "bisogna fare una legge che regolamenti il settore in Italia" e infine sostenuto la possibilità di blocco navale per controllare i flussi migratori. Il nome di Tofalo è emerso anche in un caso di traffico di armi fra Italia e Libia “Cosa c’entrano il M5S, i golpisti libici e due trafficanti d’armi” https://www.ilpost.it/2017/02/28/m5s-libia-traffico-armi/

Il ministro dell’Interno Salvini, quello che “la maggioranza del popolo è con me”, ha dichiarato, riferendosi alla Francia, che “Le forzature, le esportazioni di democrazie e la fissazione di date elettorali a prescindere da quel che pensano i cittadini, non hanno mai portato nulla di buono". Eppure proprio lui ha legittimato l’annessione russa della Crimea forzata da un referendum fittizio. Dimentica, quando descrive che l’intesa con la Russia “richiedeva collaborazione fra i nostri movimenti giovanili su temi culturali ed economici, esattamente come abbiamo accordi con il Front National in Francia e il Freedom Party in Austria”, di commentare la notizia circa i legami emersi tra reclutatori di mercenari e i due dei principali partiti dell’universo sovranista italiano, Lega e Fratelli d’Italia. “Reclutavano mercenari per la guerra in Ucraina”. Arrestati sei neofascisti italiani, caccia ai complici” http://www.lastampa.it/2018/08/01/italia/reclutavano-mercenari-per-la-guerra-in-ucraina-arrestati-sei-neofascisti-italiani-caccia-ai-complici-Hd0tgCsCszueiZKOFWFAXI/pagina.html

Il filo nero che unisce Salvini con Marine Le Pen non è l’unico legame che lo accomuna alla destra francese. Sebbene ai tempi del governo Berlusconi abbia disprezzato l’operato di Sarkozy, simile è il linguaggio truculento usato contro gli immigrati. Salvini definisce gli immigrati “Nullafacenti e delinquenti, in Italia è in corso una sostituzione etnica". Intende cancellare per decreto la protezione umanitaria istituita da Prodi nel 1998, rispedire nei paesi d'origine gli stranieri detenuti in Italia e aprire un Centro di identificazione ed espulsione in ogni regione. Per la vicenda della nave Diciotti è stato accusato di sequestro di persona, arresto illegale, abuso d’ufficio, omissione di atti di ufficio (per la mancata indicazione del porto di sbarco) e sequestro di persona a scopo di coazione.
L’ex presidente francese quando era ministro dell’Interno chiamava feccia i ragazzi delle banlieue. Nel 2006 regolamentava in maniera molto rigida gli ingressi sul territorio francese riducendo la possibilità di ottenere la "carta di residenza", introduceva il cosiddetto "contratto di integrazione" e la schedatura attraverso le impronte digitali e i dati biometrici per tutti coloro che avrebbero fatto richiesta di visti e permessi di soggiorno, aumentava da 12 a 32 giorni la detenzione in attesa dell’espulsione dal paese. Nel 2012, un anno dopo l’inizio della guerra in Libia, si presentava alle elezioni promettendo di dimezzare gli ingressi di stranieri perché altrimenti il paese avrebbe rischiato "la paralisi". Nel 2018 viene indagato per "corruzione passiva, finanziamento illegale della campagna elettorale e occultamento di fondi pubblici libici". La campagna elettorale in questione era quella del 2007. Anno in cui Gheddafy lo incontrava sottoscrivendo accordi per oltre 10 miliardi di dollari. Tranne poi, dopo la vittoria di Sarkozy, decidere di stipulare un trattato di amicizia e cooperazione con l'Italia e utilizzare parte delle sue scorte di oro, circa 143 tonnellate, per creare una valuta panafricana per soppiantare il Franco Cfa, utilizzato in 14 ex colonie francesi. Ed ecco che nel 2011 decide di bombardare la Libia usando l’attacco al leader libico per ottenere la riconferma all’Eliseo e, evidentemente, per occultare il finanziamento ricevuto.

Alberto Negri ricorda che sono stati proprio i francesi a organizzare “le fazioni anti-Gheddafi alimentando inizialmente i capi golpisti con armi, denaro, addestratori delle milizie (anche quelle sospette di legami con Al-Qaeda), intelligence e forze speciali al suolo”. Le motivazioni dell’azione di Sarkozy sono state soprattutto economiche e geopolitiche: Il desiderio di Sarkozy di ottenere una quota maggiore di petrolio della Libia a danno dell’Italia, aumentare l’influenza della Francia in Nord Africa, migliorare la posizione politica interna di Sarkozy, dare ai militari un’opportunità per riasserire la posizione di potenza mondiale della Francia e infine, rispondere alla preoccupazione dei suoi consiglieri circa i piani di Gheddafi per soppiantare la Francia come potenza. https://notizie.tiscali.it/esteri/articoli/Sarkozy-soldi-Gheddafi/

Sarkozy è stato il presidente di destra più amico degli americani (i presidenti francesi che hanno avuto più feeling con gli americani sono stati quelli socialisti) differentemente dai gollisti doc (Charles de Gaulle fu il meno americano), è con lui che nel 2009 la Francia ritorna nella Nato. Macron (che può essere definito tranquillamente di destra), ha instaurato con Trump un rapporto altalenante, “siamo entrambi cecchini con una forte relazione personale”, segnato da diversi disaccordi su questioni internazionali ed economiche. Rispetto alla Libia, sebbene abbia definito un errore l'intervento del 2011 “la Francia non ha partecipato alla guerra in Iraq e ha fatto bene. Invece ha avuto torto a fare la guerra in Libia. Qual è stato il risultato di questi interventi? Stati distrutti in cui prosperano i gruppi terroristi”, non ha cambiato alleato come scrive Alessandro Orsini: “la Francia, pur facendo parte dell’Unione Europea, ha scelto, sin da subito, di appoggiare il governo di Tobruk nel tentativo di guadagnare posizioni in Libia a discapito dell’Italia. Nella fase iniziale, l’appoggio al governo di Tobruk era nascosto giacché la Francia non voleva operare apertamente in contrasto con le decisioni di Unione Europea, Nato e Stati Uniti. Tuttavia, lo strappo è diventato di dominio pubblico il 20 luglio 2016”. https://www.ilfoglio.it/esteri/2017/09/26/news/cosi-le-mosse-di-macron-svelano-i-suoi-timori-verso-l-italia-154054/

Il presidente Conte si è presentato in Parlamento dicendo che sarà “l’avvocato degli italiani”. Ma che avvocato? Un “Azzecca-garbugli” che sorride soddisfatto a Trump quanto gli dice “Grazie stai facendo un lavoro fantastico. Sono molto d'accordo con il lavoro che stai facendo sull'immigrazione legale e illegale. Bisogna essere duri sui confini”. Ma cosa avrebbe risposto se il presidente gli avesse chiesto “perché gli Stati Uniti dovrebbero avere tutta questa gente che arriva da questo cesso di Paesi?” con riferimento agli immigrati provenienti da Haiti, El Salvador e da alcuni Paesi africani? Farebbe come con Salvini “Capisco lo scoramento di Salvini, da avvocato mi sarei offerto per difendere la Lega”? In barba allo Stato di diritto.

Rossana De Simone

Fonte

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