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MORTI SUL LAVORO E ORGANIZZAZIONE OPERAIA

(20 Settembre 2018)

no morti sul lavoro

Bisogna partire dalle cose concrete che interessano la nostra classe, dai suoi bisogni, organizzandoci insieme ai nostri compagni, partecipando in prima persona a tutte le lotte e iniziative di chi si muove sul terreno degli interessi generali della classe.
Anche nel mese di agosto, quello in cui la maggioranza delle fabbriche e dei luoghi di lavoro sono chiusi per ferie, i morti sul lavoro hanno raggiunto cifre record.
Nocività, salute, lavoro sempre più sfruttato e precario è diventato la normalità a cui ci siamo ormai assuefatti.

Che il capitalismo sia un sistema ingiusto, basato sulla sopraffazione di pochi detentori della proprietà privata del capitale ai danni di proletari, operai e lavoratori salariati, è evidente.
Da sempre i padroni ci dicono che, nonostante alcune storture questo è il migliore dei mondi possibili.
Lo sfruttamento capitalista si manifesta in vari modi, ma il più violento è rappresentato dagli infortuni e dai morti sul lavoro: frutto della continua lotta di classe, guerra che i borghesi, gli sfruttatori, conducono contro gli sfruttati. Un’organizzazione sociale divisa in classi, in cui predominio e potere sono nelle mani di chi possiede il capitale, in cui la proprietà privata dei mezzi di produzione appartiene ad una minoranza di persone: in sintesi il "modo di produzione capitalistico”.
Perciò la causa dei morti sul lavoro oltre che dei singoli padroni è del sistema economico, cioè della società borghese, in cui i mezzi di produzione appartengono ai capitalisti privati o pubblici, a gruppi economici e persone cui interessa solo realizzare il massimo profitto.

Ruolo dei sostenitori del capitalismo: sindacati confederali e PCI

La ricerca del massimo profitto inevitabilmente acuisce i contrasti di classe e si scontra con la resistenza degli operai in lotta contro il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro.
I sindacati confederali CGIL-CISL-UIL-UGL, ma anche altri sindacati corporativi falsamente “autonomi”, riconoscendo come legittimo il profitto, sostenendo solo le rivendicazioni sindacali “compatibili “ con il sistema, sono diventati negli anni pilastri del sistema e paladini dell’ideologia borghese fra i proletari, il principale puntello al sistema dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
In passato un aiuto importante ai padroni è venuto, oltre che dai sindacati, dal PCI che negli anni 70’, ma anche prima, giovandosi del suo passato di partito operaio, ha sostenuto una politica filo-padronale (oggi sostenuta dal PD e da Rifondazione Comunista) e, attraverso i suoi uomini nel sindacato, ha cercato e cerca di impedire e controllare le lotte autonome e indipendenti basate sui reali interessi dei lavoratori.

Separare la lotta economica da quella politica per la presa del potere è da sempre l’obiettivo della borghesia, aiutata in questo dai sindacati collaborazionisti e dai partiti borghesi.
La lotta sindacale – economica - contro lo sfruttamento e quella contro gli infortuni e i morti sul lavoro è un aspetto della lotta tra le classi. Esprime un conflitto di interessi fra borghesia e proletariato ma, per quanto necessaria per limitare lo sfruttamento capitalistico, da sola non basta – e non è mai bastata - perché è una lotta contro gli effetti e non contro le cause dello sfruttamento.
Con la lotta, imponendo misure di sicurezza adeguate, possiamo ridurre i morti, ma senza il potere in mano alla classe operaia, senza una società socialista in cui lo sfruttamento sia considerato un crimine contro l’umanità, gli operai continueranno a patire e morire.

La frammentazione della classe operaia

La borghesia da anni - tramite i suoi pennivendoli salariati e i mass media - ha condotto un’opera sistematica di distruzione della memoria storica, aiutata in questo dagli ex dirigenti “comunisti”, passati armi e bagagli al carro del vincitore, privando così il proletariato della sua avanguardia operaia comunista, ridotta ormai a mera testimonianza.
L’amnesia storica e politica hanno avuto il risultato di portare molti operai e proletari a una crisi d’identità, a non rendersi neppure più conto di far parte di una stessa classe sottomessa. Solo quando sono toccati personalmente, quando un compagno di lavoro muore per infortunio, solo allora - toccando con mano la dura realtà della guerra di classe in atto e della giustizia borghese - ci si rende conto che le istituzioni, la legge e gli stessi giudici assicurano prima di tutto la continuità degli interessi della proprietà privata dei mezzi di produzione, lasciando impuniti i colpevoli di questi omicidi.
Dove si sono organizzate lotte contro lo sfruttamento, in particolare contro i morti di lavoro, queste esperienze si sono dimostrate vere scuole politiche rivoluzionarie, facendo toccare con mano ai partecipanti la differenza fra chiacchiere e realtà. L’esperienza e la partecipazione alla lotta dimostrano più di tante parole che la democrazia e la giustizia sono al servizio della classe dominante.

Le divisioni sindacali e politiche

La condizione di peggioramento continuo della condizione operaia, l’aumento dello sfruttamento e dei morti sul lavoro, dimostrano la brutalità del sistema capitalista che, nella ricerca del massimo profitto, distrugge gli esseri umani e la natura inarrestabilmente, lasciando sul campo delle forze proletarie i morti e i feriti.
Davanti all’attacco della classe capitalista la risposta operaia e proletaria è frammentaria e divisa in piccole lotte di resistenza isolate
I morti sul lavoro e di malattie professionali sono assassinii compiuti dalla classe capitalista nella guerra quotidiana contro la classe operaia, che però non trovano oggi da parte degli operai momenti di lotta unitari e organizzati sui loro interessi di classe.

Oggi, come classe operaia, come lavoratori, siamo divisi in una miriade di lotte di resistenza sparse sul territorio nazionale (ma anche a livello internazionale) e non esiste una risposta adeguata.

La mancanza di una risposta unitaria è particolarmente evidente davanti ai morti sul lavoro. Ognuno lotta, protesta e piange i suoi morti nella sua situazione e territorio, spesso non riconoscendoli neanche come morti di tutta la classe, rivendicando solo l’appartenenza al proprio sindacato o all’organizzazione politica di cui fa parte.
La concorrenza fra sigle sindacali e politiche a volte arriva all’assurdo: in particolare davanti ai morti sul lavoro, dove abbiamo assistito al misero spettacolo di scioperi e manifestazioni contrapposte, che spesso hanno costretto lavoratori della stessa fabbrica a protestare o manifestare in momenti diversi.

La coscienza che la divisione della classe operaia, la concorrenza, il suo frazionamento, indebolisce la classe anche nella sua resistenza è ormai chiara a molti.
Bisogna partire dalle cose concrete che interessano la nostra classe, dai suoi bisogni, organizzandoci insieme ai nostri compagni, partecipando in prima persona a tutte le lotte e iniziative di chi si muove sul terreno degli interessi generali della classe, criticando aspramente l’abitudine di delegare ad altri i suoi problemi e la loro soluzione. LA CLASSE E’ UNA CON UN UNICO INTERESSE

Michele Michelino, da nuova unità periodico comunista di politica e cultura n. 5/2018

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