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La banda del buco

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(6 Giugno 2012) Enzo Apicella

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LO SFRUTTAMENTO E' L'UNICA LEGGE PER I PADRONI!

(29 Settembre 2018)

Editoriale del n. 69 di "Alternativa di Classe"

loris campetti ma come fanno gli operai

L'articolo 603-bis del Codice penale, rubricato ”Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”, è stato introdotto nel 2011, in relazione a gravi episodi di sfruttamento del lavoro agricolo verificatisi nel Sud Italia e modificato dalla Legge n. 199 del 29 Ottobre 2016, rubricato ”Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento del settore agricolo”.
Lo scopo era quello di contrastare il fenomeno del caporalato nel settore agricolo. Un problema, quello del caporalato in agricoltura, molto sentito prima di tutto in Puglia, dove negli ultimi anni sono morte decine di braccianti agricoli.
Lavoro nero e caporalato sono un business da 4,8 miliardi di Euro, con 1,8 miliardi provenienti dall'evasione fiscale. Delle quarantasei (46) inchieste oggetto di monitoraggio da parte delle autorità giudiziarie, diciannove (19) procedimenti concernono fatti verificatisi nel Centro-Nord, e ben dodici (12) appartengono a comparti produttivi diversi da quello agricolo.
Recentemente è stato scoperto a Pavia un sistema illecito di cooperative. Quaranta (40) cooperative operanti nella logistica facevano capo, attraverso una serie di schermi societari ed a prestanomi, ad un unico gruppo di persone, ognuno con un proprio incarico e ruolo all'interno del sodalizio criminale, il cui obiettivo era il frodare l'erario, ma soprattutto sfruttare lo stato di bisogno dei lavoratori. Che, infatti, pur di lavorare e avere comunque una retribuzione, erano disposti a fare turni di lavoro anche di 12 ore giornaliere, senza pianificare riposi settimanali e ferie retribuite.
Molto spesso nei settori diversi da quello agricolo, l'abuso perpetrato in danno del lavoratore si cela dietro un velo di legalità. E l'articolo 603-bis del Codice penale protegge di fatto i datori di lavoro dalle imputazioni più gravi. Colpiti dalla crisi capitalistica e dalle politiche borghesi, privi di rappresentanza di classe, con un sindacato inadeguato, i lavoratori sono tragicamente soli.
Per quanto riguarda la vertenza ILVA, di stretta attualità, deve continuare la lotta contro il piano Arcelor-Mittal di divisione dei lavoratori, taglio di salari e di diritti. Il governo Cinque stelle-Lega non è amico dei lavoratori, come non lo erano i governi di centro-sinistra; niente di nuovo e di buono nell'accordo raggiunto Mercoledì 5 durante l'incontro, promosso dal Vice premier L. Di Maio, tra sindacati confederali, Usb e azienda al tavolo del Ministero dello Sviluppo economico.
Con l'Ilva il governo Lega-Cinque stelle è divenuto di fatto l'esecutore della volontà dei governi precedenti. Il Governo ha portato avanti una politica orientata a vendere l'Ilva al colosso Arcelor-Mittal “nelle migliori condizioni”. In nessun modo si è parlato di fermo degli impianti pericolosi, già messi sotto sequestro dalla magistratura.
La guerra mondiale dell'acciaio è quanto mai acuta, e Arcelor-Mittal ha grande bisogno degli stabilimenti di Taranto e Cornigliano (GE). Bisogna lottare per fermare la spirale di infortuni e di morti, per bonificare radicalmente il sito pugliese, nonché per salvaguardare dappertutto i diritti acquisiti, che sono costati anni di dure lotte. Bisogna ricostruire l'unità tra operai e ceti popolari dei quartieri inquinati, a tutela della salute. Serve autonomia di classe per portare la lotta sino in fondo.
Il compito, per noi comunisti, oggi è quello di organizzare la classe dentro la crisi odierna del capitalismo. L'Assemblea antirazzista e internazionalista di Domenica 23 Settembre a Bologna, promossa dal sindacalismo conflittuale, ha individuato il razzismo al centro dello scontro di classe, chiarendo che non è un problema nato dalla "malvagità" di SALVINI e DEL SUO GOVERNO, che peraltro potrebbe anche cadere per volontà di altre fazioni borghesi. Importante è avere acquisito la consapevolezza della crisi del sindacalismo di base, incapace, come tale, di interpretare la realtà che stiamo vivendo. Si è parlato della necessità di lavorare con più determinazione per l'unità della classe in tutti i luoghi di lavoro e nei territori. Il prossimo Ottobre ci saranno due importanti iniziative di lotta. Il 26 OTTOBRE lo SCIOPERO GENERALE nelle principali città. Il 27 Ottobre una manifestazione nazionale a Roma.
I padroni cercano incessantemente la divisione tra lavoratori autoctoni e immigrati. E' un momento decisivo, nel quale occorre schierarsi al di là delle sigle sindacali e delle bandiere, per l'unità dei proletari, su scala nazionale e internazionale, contro il razzismo e il nazionalismo. Oggi viviamo una dura realtà, fatta di fabbriche in crisi o addirittura chiuse, dove stanno finendo anche gli ammortizzatori sociali per lavoratori che si ritrovano troppo giovani per potere accedere alla pensione (che la Riforma Fornero ha trasformato in chimera), ma al tempo stesso troppo anziani per trovare un altro lavoro.
Ci sono aziende, come ad esempio la Fca (Fiat Chrysler Automobiles), che fanno gola ai nuovi competitors (cinesi) in un mercato capitalistico globale, caratterizzato da scontri feroci senza esclusione di colpi.
Sono giorni di grande agitazione in casa Fca. Da una parte vi sono i lavoratori sempre più preoccupati, dall'altra la società con i suoi azionisti, orfani di Marchionne, ma con le tasche gonfie di profitti. L'Exor, la ”cassaforte” della famiglia Agnelli, ha infatti chiuso il 2017 con un utile netto di 1,39 miliardi di Euro (+136% rispetto al 2016).
La lista delle promesse non mantenute è lunga: quella di arrivare a produrre sino a 7 milioni di vetture, mentre oggi siamo sui 4,7 milioni, di grandi investimenti nel nostro Paese, che non si sono poi visti, di una produzione in Italia di 1.400.000 vetture all'anno, mentre siamo a 750.000, ed infine, ma non certo meno importante, del reintegro di tutti i cassaintegrati, cosa che non si è affatto verificata!...
Intanto oggi in Italia l'azienda occupa 29mila persone, mentre solo nel 2010 se ne contavano ancora 190mila, ed è ormai chiara la volontà dei vertici Fca di smantellare Pomigliano con la Cassa integrazione per 4600 operai. I lavoratori si possono aspettare un futuro ancor più lacrime e sangue dell'ultimo decennio, tra esuberi e licenziamenti. E' sempre più urgente riprendere gli scioperi contro l'intensificazione dello sfruttamento, contro i licenziamenti di massa e politici.
Nei cantieri navali di Monfalcone si parla più slavo che americano, eppure tutti capiscono il significato di “dumping sociale”, brodo di coltura della guerra tra poveri, con operai pagati in nero, o a tre euro l'ora, senza diritti; e proprio questi ultimi diventano il bersaglio preferito della propaganda leghista. Operai ingaggiati da veri e propri caporali, come denuncia il libro-reportage di Loris Campetti, dal titolo “MA COME FANNO GLI OPERAI”, a pagina 53. Caporali che gestiscono l'intermediazione di mano d'opera, e che fanno pagare una tangente intorno ai 500 Euro a ciascun immigrato, per “autorizzarne” l'entrata in cantiere.
Non è una pratica esclusivamente monfalconese: gli operai della Fincantieri di Ancona raccontano la stessa storia. I caporali si fanno pagare in oro dai nuovi arruolati, come a Monfalcone provenienti soprattutto dal Bangladesh, per ridurre i rischi legati al passaggio diretto di denaro. La Fiom della città marchigiana nei mesi passati ha presentato esposti alla locale procura sull'attività dei caporali.
Nel 2017 Fincantieri ha registrato un utile in aumento del 13%, dopo aver chiuso un anno con record di produzione. Agli inizi del 2018 l'Amministratore delegato Bono esultava con queste parole: "la crisi è alle spalle, attraversiamo un momento epocale". Ma, per i lavoratori, maggior produzione significa maggior sfruttamento, aumento dei ritmi, tagli alla pausa mensa. La ricattabilità e la precarietà, che costantemente si vivono nel settore degli appalti e sub appalti, sono gli strumenti necessari agli azionisti per continuare ad arricchirsi.
La crisi capitalistica ha contribuito a modificare gli atteggiamenti dei lavoratori,e proprio là dove ha picchiato più duro, rischia di scatenarsi la guerra tra poveri, tra operai fissi e precari, tra diretti e interinali, tra “tempi pieni” e part-time, tra indigeni e immigrati, tra anziani professionali e giovani studenti, trasformati in operai nel weekend. Una guerra che conduce al peggiore degli abbagli: invece di incolpare la borghesia dominante e le sue ricette, si creano ulteriori ingiustizie, individuando il nemico in chi sta ancora più in basso,ed è più debole.
Il rapporto con gli immigrati diventa sempre più difficile, e il populismo parafascista prende campo ormai ovunque. Forze sedicenti progressiste inseguono il populismo sugli stessi terreni, al limite del razzismo, pensando così di raccogliere consensi. Pensiamo alle scelte becere e reazionarie del Ministro degli Interni del passato governo, Marco Minniti del PD, che hanno fatto dire al comico Maurizio Crozza nei suoi panni: ”NON SI PUO' LASCIARE IL FASCISMO AI FASCISTI!”.
I giovani operai hanno incontrato il Pd del Governo Renzi, del Jobs act e dell'eliminazione dell'art 18. Nel 2014, dopo i primi provvedimenti del Governo Renzi, Marchionne disse: "di sicuro è stato veramente qualcosa di nuovo, di dirompente, di cui il paese ha bisogno. Ha il mio totale appoggio".
Gli operai più anziani ricordano il dirigente del PD, Piero Fassino, per cinque anni sindaco di Torino, ma prima ancora, in passato, Responsabile della Commissione lavoro del PCI. Piero Fassino, in quel periodo, diceva apertamente che, se fosse stato un operaio, avrebbe votato SI al referendum-ricatto di Marchionne, in cui un ipotetico lavoro futuro veniva scambiato con la certa cancellazione di diritti conquistati in decenni di lotte operaie.
Negli ultimi anni, Marchionne, con l'assenso dei “progressisti” e delle burocrazie sindacali, ha trasformato i lavoratori in servi. Lavoratori, che ora guadagnano di meno rispetto ai loro colleghi francesi e tedeschi, ed HANNO MENO DIRITTI.
Molti militanti della cosiddetta sinistra radicale dicono che la frammentazione è il dato generale della fase attuale. Dobbiamo chiarire: ad essere frammentata è la nostra classe, attuale e potenziale. La frammentazione è infatti la forma attraverso cui il capitale compone tecnicamente il proletariato a suo vantaggio, combina la nostra classe per la propria valorizzazione, ed è impegnato in modi diversi a neutralizzarla come soggetto politico antagonista.
Oggi il precariato si dibatte in una duplice dimensione: da un lato, all'occupazione saltuaria corrisponde non meno, ma più lavoro, perché bisogna moltiplicare gli impieghi, formali, e soprattutto informali, attraverso cui procacciarsi i soldi per campare. Più lavoro e meno soldi, è la parola d'ordine del capitale. Dall'altro, le nuove generazioni subiscono e traducono il rifiuto come alienazione, non come conflitto dentro e contro i rapporti di sfruttamento capitalistico.
Nostro compito è fare ricerca sulle varie forme di rifiuto, potenziale o reale, del lavoro: rifiuto del lavoro gratuito, rifiuto del lavoro per pochi soldi, rifiuto del lavoro banalizzante. Fare del rifiuto un'arma politica contro il padrone, per l'affermazione di una indisponibilità alle sue esigenze, per la conquista di un terreno di attacco e non solo più resistenziale.
Una pseudo-sinistra, che pretende di difendere i lavoratori con la ricerca di compatibilità con la conservazione della società capitalistica, sperando di correggerla dai suoi “errori” e dai suoi “eccessi”, ci sta sottomettendo, passivi e disarmati, alle esigenze del capitale.
Contro le illusioni paralizzanti di un miglioramento del sistema capitalistico, bisogna muoversi in piena indipendenza e autonomia di classe, per costruire una base di intervento sul piano sociale e politico, nella presa di coscienza del fossato che il capitale sta costruendo a difesa della sua conservazione, attaccando i proletari, indigeni e immigrati, dentro e fuori le aziende. Il proletariato può difendersi soltanto con la lotta.
Il corso della lotta di classe in Italia, pur con i suoi tratti specifici, è inseparabile dal corso del capitalismo e della lotta di classe su scala mondiale. Ciò rende l'internazionalismo più che mai indispensabile e vitale nell'azione del movimento dei lavoratori.

Alternativa di Classe

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