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L’assemblea antirazzista internazionalista del 23 settembre a Bologna: un punto di svolta

(30 Settembre 2018)

È il caso di dire qualcosa, molto in breve, sull’assemblea antirazzista internazionalista convocata a Bologna domenica scorsa dal SI Cobas, perché può essere un punto di svolta, l’inizio di un vero movimento di lotta presente sull’intero territorio nazionale, proiettato internazionalmente, contro la politica del governo Lega-Cinquestelle di aggressione agli emigranti e agli immigrati – quindi alla intera classe lavoratrice, essendo la sorte dei proletari autoctoni indivisibile da quella degli immigrati.

Nel suo comunicato il SI Cobas ha indicato i motivi per cui la giudica, a ragione, “un successo che è andato ben oltre le più rosee previsioni”. Per parte nostra aggiungiamo qui alcune considerazioni di ordine politico, che mettono questa iniziativa in prospettiva.

Da anni il SI Cobas si è progressivamente distinto dal restante sindacalismo di base per avere per primo organizzato migliaia di facchini della logistica immigrati, per le sue lotte, per il livello di militanza, per aver messo sotto accusa tutto il sistema delle cooperative (ben incluse le cooperative “rosse” e la Lega Coop), per aver dovuto e saputo fronteggiare provvedimenti repressivi in serie e provocazioni padronali, per avere catalizzato intorno a sé una rete di organismi solidali (anzitutto alcuni centri sociali). Ma si è distinto anche per avere preso iniziative a volte più politiche che sindacali, svolgendo un compito di provvisoria supplenza in una situazione in cui è tuttora assente un’organizzazione politica della classe lavoratrice. L’assemblea del 23 settembre fa parte di questo continuo sforzo. Uno sforzo che è tanto più rilevante, e da sostenere, in quanto cade proprio nel momento in cui sono in tanti a recitare la parte degli gnorri, facendo finta di non sentire, non vedere, non capire che le politiche anti-immigrati del governo sono soltanto il primo atto di un’offensiva anti-proletaria a trecentosessanta gradi a cui si deve rispondere senza ulteriori indugi.

Ciò premesso, registriamo con grande soddisfazione il fatto che l’assemblea del 23 settembre è stata la più tesa, la più energica, la più lucida, la più politica, la più internazionalista e forse anche la più partecipata delle assemblee indette in questi anni dal SI Cobas. L’aspetto più notevole di essa è stato senza ombra di dubbio la capacità dei proletari d’avanguardia intervenuti di spingersi oltre, molto oltre, l’orizzonte della lotta sindacale in direzione di una lotta al governo, soprattutto contro le sue politiche anti-immigrati e perfino oltre la stessa lotta al governo Salvini-Di Maio verso una battaglia all’intero sistema capitalistico. La loro grinta ha segnato dall’inizio alla fine il livello di calore, decisamente alto, di tutta l’assemblea. A cominciare dal filmato che l’ha introdotta, che ha preso le mosse molto opportunamente dal colonialismo storico, perché se si mettono tra parentesi il colonialismo e il neo-colonialismo, come fanno in tanti anche all’estrema sinistra, non si può capire un accidenti delle cause profonde e risalenti delle attuali emigrazioni (forzate) di massa.

Dal documento preparatorio, dalla relazione introduttiva e dalla gran parte degli interventi è emersa netta la caratterizzazione di classe del razzismo di stato come arma dei padroni. E in maniera altrettanto netta l’azione di contrasto al razzismo è stata fissata non in termini etici, “umanitari”, di “mutuo soccorso”, come avviene in genere, ma nei termini di un anti-razzismo di classe, centrato sull’unità nella lotta tra proletari autoctoni e immigrati, sulla denuncia di tutte le discriminazioni ai danni degl’immigrati e sull’obiettivo della piena parità effettiva di diritti tra autoctoni e immigrati. La contrapposizione alle politiche del governo Lega-Cinquestelle non poteva essere più decisa. Né poteva essere più forte la determinazione dei proletari immigrati presenti a attivarsi anche sul piano politico. Se l’Italia è all’avanguardia, oggi, nella guerra agli emigranti e agli immigrati, tant’è che l’intera galassia delle formazioni di destra più aggressivamente razziste (incluse quelle statunitensi) guarda con interesse a quello che succede in Italia, la battaglia contro il governo Salvini-Di Maio acquista un valore, un significato, una portata internazionale e internazionalista, che è stata colta e sottolineata dai compagni venuti dall’estero.

Non meno significativo è stato il fatto che la relazione introduttiva sia stata integrata da un ampio intervento dedicato alle emigranti e alle immigrate, la cui esperienza viene quasi sistematicamente ignorata e perfino resa invisibile, nonostante costituiscano in Italia il 51% della massa totale delle popolazioni immigrate. Braccianti, operaie dell’industria, salariate dei servizi, lavoratrici di cura, donne dannate alla prostituzione dai circuiti mafiosi italiani e stranieri (nonché dalle patologiche abitudini dei maschi nostrani), donne di casa: sempre si abbatte su di loro un di più di oppressione, sfruttamento, dolore, violenza specificamente riservato alle donne. E nonostante questo, le donne immigrate, in larghissima misura proletarie, mostrano una straordinaria capacità di resistenza e anche di lotta (è stata ricordata la lotta alla Yoox), a cui bisogna fare eco perché non venga soffocata dai processi di atomizzazione e dalla indifferenza. Tutti temi ripresi da diversi interventi, a cui va dato un coerente sviluppo, rompendo la consolidata abitudine a tacerne o a metterli all’ultimo posto.

Razzismo, arma dei padroni, ma non certo l’unica loro arma per impedire la riscossa e l’unità della classe lavoratrice: anche questo messaggio ha preso corpo nel dibattito, con molteplici richiami, oltre che al sessismo, all’aziendalismo, e in particolare al nazionalismo, al “sovranismo“, un virus micidiale che sta attecchendo, e quanto!, in ampi strati di lavoratori e in crescenti settori del fu-sindacalismo di base e dell’estrema sinistra. Inevitabile è stato, a questo riguardo, il richiamo allo scontro che sempre più oppone SI Cobas e USB: con il SI Cobas incardinato su una linea di indirizzo internazionalista, e l’USB che all’opposto flirta con i Cinquestalle, identificandosi con la prospettiva nazionalista della creazione di un'”area euro-afro-mediterranea”, perfettamente capitalistica e fortemente concorrenziale con l’Europa franco-germanica.

L’idea così cara a un certo sindacalismo di base secondo cui la politica deve restare fuori dalle sedi sindacali e dalle lotte immediate è messa in crisi irreversibile, tra gli altri fattori, dall’esistenza di una crisi storica del capitalismo sempre meno contenibile dalla infinita pompatura di moneta e di debito avvenuta nell’ultimo decennio, e sempre più indirizzata verso conflitti e scontri di portata devastante. Ci stiamo avvicinando a grandi passi a un aut-aut storico che travolgerà come castelli di carta le soluzioni intermedie, lasciando in piedi solo l’alternativa radicale: o la riorganizzazione di un capitalismo reso dalla sua senescenza sempre più brutalmente predatorio con la nostra classe, il genere umano e la natura; o la rottura rivoluzionaria di questo decrepito sistema sociale, e l’avvio della transizione a quello che un tempo fu chiamato socialismo internazionale, sapendo di cosa effettivamente si parlava (almeno a grandi linee), e oggi invece ci toccherà rispiegare da capo di cosa si tratta. Nell’assemblea non si è discusso di questo aut-aut storico, ma sono emersi molteplici spunti di critica al capitalismo in quanto tale. Pochissime, o zero, litanie sul neo-liberismo, a cui sempre fanno seguito finte soluzioni keynesiane, ancor più fintamente pro-lavoratori; ed invece un sano sentimento anti-capitalista, di un anti-capitalismo di classe denso di potenzialità.

La stessa cosa può dirsi dell’internazionalismo. Non è stata solo la presenza di delegazioni venute dalla Francia, dal Regno Unito, dagli Usa e di un messaggio augurale dalla Germania, né soltanto la presenza energica e cosciente di proletari di avanguardia di diverse nazionalità, primi protagonisti della fase più esaltante dell’assemblea, segno del carattere definitivamente multinazionale e multirazziale del proletariato italiano ed europeo; è stata l’atmosfera che si è respirata dall’inizio alla fine dei lavori a consentirci di dire che da anni, da molti anni, non si vedeva una iniziativa così segnata da un genuino spirito internazionalista proletario.

Merito, dunque, ai compagni e ai lavoratori del SI Cobas per avere dato vita ad essa e per avere proclamato insieme ad altri organismi sindacali lo “sciopero generale” del 26 ottobre e la successiva manifestazione a Roma del 27 ottobre contro il governo Lega-Cinquestelle – ed in preparazione a queste scadenze la giornata del 10 ottobre con iniziative in molte città. Merito anche a quanti hanno saputo raccogliere al volo questo appello anti-razzista, anti-capitalista, internazionalista. A chi non c’era, mentre avrebbe potuto e dovuto esserci, rivolgiamo l’invito a rompere gli indugi e scendere in campo senza aspettare che suoni il gong dell’ultima ripresa. Non si può più restare alla finestra.

Per quanto ci riguarda, una cosa ci preme dire agli organizzatori e ai partecipanti dell’assemblea del 23 settembre: bisogna cominciare a pensare in grande, senza accontentarci di essere una piccola, combattiva minoranza cosciente della classe. Dobbiamo puntare ad arrivare al grosso dei lavoratori autoctoni, imparare a rispondere al loro scontento, alla loro rabbia, al loro sbandamento, alle loro paure con almeno altrettanta efficacia dei nostri nemici. Dobbiamo riuscire ad arrivare alla massa dei giovani precari e degli studenti, incitarli e motivarli a rompere la loro lunga stasi. Ce la faremo, specie se finalmente prenderà corpo, e si organizzerà, una tendenza politica internazionalista capace di essere all’altezza delle grandi sfide del nostro tempo.

Marghera, 27 settembre

Il cuneo rosso

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