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Imperialismo e guerra:: Altre notizie

SIMON BOLIVAR, IL LIBERTADOR PLURIPRESIDENTE

(4 Ottobre 2018)

Dal n. 69 di "Alternativa di Classe"

Simon Bolivar

In questi ultimi anni si fa un gran parlare di Simon Bolivar. La sua figura in America Latina viene spesso portata come esempio di personalità indipendentista, che ha sostenuto i ceti deboli, ed a lui è intitolata la “Repubblica Bolivariana del Venezuela”. E' necessario fare un rapido excursus della sua travagliata ed avventurosa vita, per potere capirne meglio indirizzi ed orientamenti.
Era nato a Caracas, in Venezuela, il 24 Luglio 1783 da una famiglia aristocratica spagnola di origine basca. All'età di 9 anni divenne orfano di entrambi i genitori, e fu affidato, con i fratelli, agli zii materni. Andreas Bello, in particolare, influenzò molto le sue idee, tanto che all'età di soli 14 anni entrò nel “Battallon de la Milicias de Blancos de Aragona”, nella quale suo padre era stato colonnello, avviando la carriera militare.
Le colonie spagnole alla fine del 1700 erano suddivise in tre grandi vicereami: a sud vi era il vicereame di Rio de la Plata (oggi Argentina, Paraguay, Uruguay, un pezzo del Cile e parte del Brasile), al centro verso l'Oceano Pacifico vi era il vicereame del Perù (all'incirca come il Perù attuale, più Bolivia e parte del Cile), mentre nella parte nord del Sudamerica vi era il vicereame della Nuova Granada, con capitale Bogotà. Questo era a sua volta suddiviso in quattro grandi territori, che avevano una larga autonomia amministrativa: la Venezuela, con capitale Caracas, Nuova Granada (poi Colombia), con capitale Bogotà, Equador, con capitale Quito, e Panama, con capitale Panama.
Nel 1799, all'età di sedici anni, andò in Europa a finire gli studi: prima in Spagna, e poi in Francia, a Parigi, dove, pur vivendo negli agi, conobbe le istanze della Rivoluzione francese, ed anche lo stesso Napoleone Bonaparte.
All'età di 24 anni il Bolivar tornò in Venezuela, dove un'insurrezione anti-realista, guidata dal Comandante Francesco de Miranda, veniva repressa, come le altre che si verificavano anche negli altri dominios spagnoli, come a Rio de la Plata, a Quito, a La Paz. La nuova borghesia, ormai americana, mostrava insofferenza verso la madrepatria, peraltro indebolita dal controllo di Napoleone, che aveva incoronato suo fratello come nuovo Re di Spagna.
Fu così che nel 1810 era ormai maturato in Bolivar il progetto di indipendenza delle colonie dalla Spagna; tali colonie, secondo il pensiero Bolivarista, avrebbero dovuto diventare delle repubbliche confederate, similmente agli Stati Uniti in Nord-america. Nello stesso anno, insieme ad altri indipendentisti, si recò in Inghilterra a chiedere aiuto per una prossima guerra di indipendenza dalla Spagna.
Il 5 Luglio 1811 la Venezuela dichiarò l'indipendenza dalla Spagna, anche perché non più riconosciuta come madrepatria, essendo governata dai francesi. L'esercito indipendentista, guidato da Francesco de Miranda venne, però, sconfitto il 26 Luglio dell'anno successivo, e la Prima repubblica venezuelana cadde. Durante tale periodo era stata promulgata una costituzione repubblicana, che aveva registrato la posizione critica dell'ufficiale S. Bolivar.
Con la restaurazione realista spagnola, Bolivar, insieme ad altri patrioti indipendentisti, fuggì dalla Venezuela e si rifugiò a Cartagena, importante città di Nuova Granada (oggi Columbia), che godeva di una grande indipendenza politico amministrativa. Lì lancio il “Manifesto di Cartagena”, cioè in pratica l'idea di una federazione Sud-americana di stati indipendenti repubblicani, retta da un governo forte, capace di controllare le forze centrifughe disgreganti. A Cartagena, così, riorganizzò un nuovo esercito e puntò alla riconquista della Venezuela.
Dopo vari scontri con gli spagnoli, il 6 Agosto 1813 entrò vittorioso a Caracas, dove fu acclamato come il “Libertador”, e questo rimase il suo appellativo a livello popolare. L'esercito realista, comunque, non cedette, ed anzi lo costrinse a rifugiarsi in esilio forzato prima in Giamaica, dove chiese nuovamente aiuto agli inglesi, e poi ad Haiti, che si era appena liberata dal colonialismo francese ed aveva abolito la schiavitù.
Così, con l'aiuto del governo di Haiti, riorganizzò un nuovo esercito e ritornò in Venezuela, dove in poco tempo liberò le città costiere dal dominio spagnolo. Il 16 Giugno del 1816, sulle orme haitiane, proclamò ufficialmente l'abolizione della schiavitù in tutte le terre da lui liberate. Proseguì la guerra antispagnola, senza trascurare la diffusione della sua impostazione politica, attraverso il nuovo giornale “Correo de Orinoco”, fondato il 27 Giugno 1818, finché, riconquistata l'intera Venezuela, indisse le elezioni di un Congresso indipendente. Nella sua seduta inaugurale del Febbraio 1819, Bolivar lesse un discorso, rammentando punto per punto il suo pensiero politico, prima della sua elezione il giorno 15 a Presidente della Repubblica.
Da lì partì ben presto per invadere la Nuova Granada, sconfiggendo i realisti nella battaglia di Boyacà e dirigendosi verso Bogotà, dove proclamò la nascita della “Grande Colombia”, una federazione di stati, che ricomprendeva inizialmente Venezuela, Nuova Granada e Panama, in pratica quasi tutto l'ex vicereame, cui mancava solo l'Ecuador! Il 17 Dicembre 1819 Bolivar divenne Presidente della “Grande Colombia”.
Dopo un armistizio, durato circa un anno, nel 1821 l'esercito della Grande Bolivia, sconfisse ancora l'esercito spagnolo nella battaglia di Carabobo, liberando definitivamente la Venezuela. Successivamente il miglior generale di Bolivar, Antonio José de Sucre, inseguì le truppe spagnole in ritirata in Ecuador fino alla liberazione di quel Paese, con la loro definitiva sconfitta militare, che avvenne il 24 Maggio 1822. Così anche l'Ecuador fu liberato e si potette unire alla Grande Colombia, voluta da Bolivar.
Ma si trattava solo della base da cui partire per il suo progetto di federazione Sud-americana, stile USA. Ed infatti volse la sua attenzione al Perù, rimasto ultimo baluardo dei realisti spagnoli. Là infatti già da tempo il generale argentino Josè Francisco de San Martin, che aveva combattuto per l'indipendenza di Argentina e Cile, era entrato a Lima il 28 Luglio 1820, proclamandone poi l'indipendenza e governandola per due anni, nonostante la persistente presenza dei realisti, soprattutto nell'Alto Perù.
Il 26 e 27 Luglio 1822 sia San Martin, che Bolivar e Sucre, parteciparono alla Conferenza di Guayaquil, in Ecuador, nella quale fu decisa una strategia per la definitiva sconfitta dei realisti. In tale occasione, San Martin decise di ritornare fisicamente in Argentina, lasciando campo libero a Bolivar e Sucre. Fu così che il 10 Settembre 1823, esattamente 195 anni fa, Bolivar entrò a Lima per reclutare indipendentisti e costruire un esercito di liberazione del Perù per sconfiggere gli spagnoli. Divenuto Presidente del Perù il 17 Febbraio 1824, condusse le vittoriose battaglie di Ayacucho e Junin tra Agosto e Dicembre, dopo delle quali ebbe il controllo dell'intero Paese. Ora Bolivar era presidente sia della Grande Columbia, che del Perù.
Per quanto riguarda l'Alto Perù, roccaforte degli spagnoli, le operazioni militari furono condotte da Sucre, che il 6 Agosto 1825 completò l'indipendenza anche di quell'area. L'Alto Perù divenne una nuova nazione, col nome di Repubblica di Bolivar, che ne divenne presidente il 12 Agosto. La denominazione del Paese fu poi successivamente cambiata in Bolivia, con capitale La Paz. Ora Simon Bolivar era diventato contemporaneamente presidente di tre nuove nazioni, e poteva dedicarsi alla costruzione della federazione degli Stati indipendenti che aveva propugnato. Ma il Congresso panamericano indetto a Panama nel 1826 fece emergere forti contrasti tra le diverse delegazioni.
A partire dal 1827, infatti, le divisioni interne e le rivalità fra i “generali rivoluzionari” provocarono conflitti politici e fratture nel governo federale, e la ancora fragile federazione, voluta da Bolivar, si stava rompendo. Alla fine, non riuscendo a diventare presidente a vita, Bolivar si proclamò dittatore il 27 Agosto 1828, abolendo la vicepresidenza, e dando così ragione ai suoi detrattori. Poco dopo scampò ad un attentato; i cospiratori (che rinfacciavano a Bolivar di aver tradito i suoi stessi ideali) vennero condannati alla pena di morte, tranne il principale artefice, Santander, che fuggì all'estero.
Dal 1829 la federazione si sgretolò, a partire dal Perù, seguito l'anno dopo dalla Venezuela. Poco dopo la morte di Bolivar, avvenuta a Bogotà il 17 Dicembre 1830, si sciolse anche la Grande Colombia, che si divise in quattro stati.
In realtà le rivalità politiche tra i generali erano il riflesso dei diversi interessi delle oligarchie locali, formatesi durante il colonialismo spagnolo, e dei relativi privilegi. Le diverse realtà economiche delle diverse aree non erano riconducibili ad unità politica su di una fragile base ideologica.
Le ripetute richieste di aiuto alla Gran Bretagna da parte di S. Bolivar non si erano concretizzate mai completamente ed apertamente, perché tale potenza temeva il suo obiettivo della nascita di un grande Paese in America Latina e preferiva appoggiare i singoli movimenti indipendentisti in funzione anti-spagnola, trattando con ognuno separatamente. Il risultato fu, infatti, che tutti i nuovi Paesi entrarono, prima o poi, nella orbita economica britannica.
Bolivar riuscì anche ad unire nella lotta anticolonialista contro il regno di Spagna gli elementi patriottici dei proprietari terrieri creoli, la borghesia e la massa del popolo, seppure in una tendenza bonapartista, verso obiettivi repubblicani. Va apprezzato l'antischiavismo, non scontato per l'epoca, ma l'indipendentismo di Bolivar, che è rimasto comunque un militare, non aveva i caratteri di una vera lotta di liberazione nazionale, salvo che per i coloni creoli.
Il “Codice bolivariano”, introdotto dal Bolivar, era a imitazione del “Codice napoleonico”, esportato dalla Bolivia al Perù, e dal Perù alla Colombia, come dice Marx. Non ha esitato, inoltre, ad abbracciare la dittatura personale; il pluripresidente viene da Marx giudicato, in sintesi, come un “avventuriero”, ed in realtà è una figura contraddittoria, che certamente va inquadrata storicamente, ma di cui è discutibile lo stesso “progressismo”, e che sicuramente non ha niente a che vedere con la storia del Movimento Operaio. In sostanza, se “il socialismo del XXI° secolo” trae ispirazione da questa figura politica, si tratta di un movimento dal quale i proletari si devono guardare bene...

Alternativa di Classe

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