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(19 Dicembre 2010) Enzo Apicella

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Per l’unità nella lotta della classe lavoratrice contro ogni falsa divisione
Per il fronte unico sindacale di classe

Roma, sabato 27 ottobre

(27 Ottobre 2018)

Volantino del Partito Comunista Internazionale distribuito alla manifestazione a Roma.

Da anni le condizioni di vita e di impiego dei lavoratori sono in continuo peggioramento, sottoposte all’attacco della classe capitalista – nazionale ed internazionale – che nasconde la sua dittatura sulla classe lavoratrice dietro il gioco dei suoi burattini che si avvicendano al governo attraverso il falso ed ingannevole teatrino democratico.

Tutto è finalizzato a dividere la classe lavoratrice per abbassarne il salario medio: rinnovi dei contratti nazionali di categoria sempre a perdere; ricorso agli appalti, alle esternalizzazioni di settori di attività, alla frammentazione contrattuale affinché le aziende dispongano nello stesso posto di lavoro di una forza lavoro divisa; controriforme del lavoro e della previdenza, che hanno diffuso la precarietà contrattuale, innalzato l’età pensionabile, ridotto l’importo mensile della pensione.

Le politiche contro gli immigrati sono un ulteriore strumento della classe dominante per dividere la classe lavoratrice. Servono a rendere quella parte della classe salariata costituita da immigrati privi della cittadinanza più ricattabile, quindi più sfruttabile, per poter più agevolmente metterli in concorrenza contro gli altri, a giovamento dello sfruttamento padronale di tutta la classe proletaria.

L’unità della classe lavoratrice è una vitale necessità pratica prima ancora che un valore morale: è l’unico modo che hanno i lavoratori per frenare la concorrenza al ribasso insita nel mercato del lavoro e fomentata ad arte dai padroni per difendere i loro privilegi di classe. Questa unità è incompleta – quindi fallimentare – se si ferma dinanzi ai lavoratori immigrati e non li include.

Non si tratta di decidere se accogliere o respingere gli immigrati. L’immigrazione dai paesi devastati dalla guerra, dalla carestia, dalla fame è un processo inarrestabile che riguarda decine di milioni di persone in ogni parte del mondo e non esistono muri o barriere che possano fermarla. La questione centrale per la classe lavoratrice è sindacalizzare i lavoratori immigrati, lottare insieme per superare ogni divisione che possa fomentare la concorrenza al ribasso fra proletari, fra cui quella del possesso, o meno, della cittadinanza.

I lavoratori immigrati sono una “risorsa” per ogni borghesia nazionale fintantoché riesce a sfruttarli di più di quanto già non faccia con quelli autoctoni. Ma sono una “risorsa” anche per il movimento operaio quando questo riesce ad unirli a sé.

Lo dimostrano otto anni di scioperi nel settore della logistica in Italia, organizzati dal sindacato SI Cobas: lavoratori in larga maggioranza immigrati sono riusciti a conquistare forti aumenti salariali e miglioramenti nelle condizioni di lavoro, in controtendenza col resto delle categorie della classe lavoratrice.

Di queste dure lotte operaie – il più delle volte vittoriose ma costate sacrifici, ritorsioni padronali, scontri con le forze dell’ordine nei picchetti, persecuzioni giudiziarie contro militanti sindacali autentici – i lavoratori italiani sanno pochissimo se non nulla, tenuti all’oscuro sia dai sindacati di regime (CGIL, CSIL, UIL e UGL) sia dai mezzi d’informazione, in mano al Capitale, che ben si guardano dal parlarne e si curano invece di rimbambirli con lo spauracchio della “invasione”.

Opporsi alla propaganda razzista sul suo stesso piano, opponendole una propaganda antirazzista, sul piano umanitario, come fa la Chiesa, è insufficiente e non può che condurre al fallimento perché significa non saper riconoscere il vero obiettivo della classe dominante, che non è l’affermazione dell’infame ideologia razzista in sé, ma il suo utilizzo per dividere la classe lavoratrice, mantenerla oppressa e sfruttarla di più.

L’unico terreno vincente su cui rispondere è quello della lotta e dell’unità dei lavoratori, al di sopra di ogni divisione, per i loro obiettivi di classe:
– forti aumenti salariali, maggiori per le categorie peggio pagate;
– riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, per tutta la classe lavoratrice;
– salario pieno ai lavoratori licenziati (non “reddito di cittadinanza”, vincolato alla accettazione di lavori a basso salario ed utile quindi anche questo ad abbassare il salario medio);
– forte abbassamento dell’età pensionabile.

Queste sono le vere rivendicazioni generali della classe proletaria, le sole che possano difenderla dal continuo attacco cui è sottoposta dalla classe dominante. Sono rivendicazioni sindacali ma che per il loro carattere generale hanno già un intrinseco valore politico, che non è quello di essere contro un governo di questo o quel colore ma contro l’intero regime politico borghese.

Chiamare allo sciopero i lavoratori solo “contro questo governo” non basta perché, caduto un governo, il regime politico borghese ne fa un altro che sarà comunque contro i proletari: l’obiettivo della classe lavoratrice dev’essere abbattere tutti i governi della classe borghese. Incanalare la lotta operaia nei falsi giochi parlamentari è la migliore risorsa che ha sempre avuto la borghesia per difendere il suo dominio politico. Le rivendicazioni operaie sono intrinsecamente già contro ogni governo e ogni regime politico capitalista, ed un potente movimento di sciopero per esse non potrebbe che vedersi schierato anche contro ogni preteso “governo amico”

Le rivendicazioni generali della classe lavoratrice possono essere portate avanti solo da un forte movimento sindacale di classe in grado di dispiegare scioperi generali ad oltranza. Ieri i sindacati di base SI Cobas, Cub, Adl Cobas, Sgb, Usi Ait, Usi, Sial Cobas e parte dello Slai Cobas hanno proclamato lo sciopero generale di tutte le categorie. Un atto giusto ma che ha sofferto ancora una volta della divisione interna al campo del sindacalismo di base: sia l’Usb sia la Confederazione Cobas sono state escluse dalla preparazione dello sciopero, fatto prontamente impugnato dalle dirigenze di queste organizzazioni per giustificare la loro mancata adesione. Un tentativo formale ed ufficiale di coinvolgere questi sindacati non avrebbe offerto loro questa comoda giustificazione e avrebbe dato più forza a quei lavoratori che, all’interno di quei sindacati, si sono battuti per l’adesione allo sciopero, in nome dell’unità d’azione della classe operaia e del sindacalismo conflittuale.

L’unità d’azione del sindacalismo di classe (dei sindacati di base e delle correnti di classe dentro la Cgil):
– servirebbe a smentire agli occhi dei lavoratori le menzogne sparse sul movimento operaio organizzato dal SI Cobas da otto anni nella logistica;
– aiuterebbe a rompere il muro di silenzio attorno quelle dure lotte operaie;
– infierirebbe un duro colpo al muro che i padroni vogliono erigere per dividere i lavoratori italiani da quelli immigrati;
– è il miglior modo per dare forza all’autentico sindacalismo di classe all’interno del sindacalismo di base, per sconfiggere le dirigenze opportuniste e costituire un Fronte Unico Sindacale di Classe, quale passo verso la formazione di un unico grande Sindacato di Classe.


Compagni, lavoratori,

i proletari che credono siano necessarie le politiche per fermare l’immigrazione non per questo sono razzisti ma pensano che queste siano necessarie per impedire il loro immiserimento. È la stessa idea che in tutti questi anni ha spesso fatto accettare i sacrifici in nome del preteso comune e superiore “interesse del paese”, che altro non è che il bene del capitalismo. La maggior parte dei lavoratori crede che il capitalismo possa essere “riformato” perché da decenni questa idea è stata inculcata nella classe operaia dal PCI stalinista e togliattiano e dagli altri partiti opportunisti.

È compito dell’autentico partito comunista rivoluzionario spiegare ai lavoratori come il capitalismo sia destinato al crollo mondiale della sua economia, non certo a causa degli immigrati, o degli sprechi, o della corruzione, ma per la inevitabile crisi di sovrapproduzione di merci e capitali e per il calo inesorabile del saggio del profitto.

L’unica soluzione che hanno a disposizione le borghesie di tutti i paesi contro il futuro avvitarsi della crisi è scatenare una nuova guerra, un nuovo macello mondiale per distruggere le merci in eccesso, fra cui la merce forza lavoro. A questo scopo per esse è fondamentale usare la propaganda nazionalista, che non a caso inizia a prendere piede in ogni paese e che ha fra i suoi pilastri la paura e l’odio verso gli stranieri e verso gli immigrati.

Anche per questo l’unità fra lavoratori in ogni paese e al di sopra dei confini nazionali è vitale, perché intrinsecamente oppone al cancro nazionalista e patriottico la pratica dell’internazionalismo proletario, della lotta rivoluzionaria che oppone alla guerra tra gli Stati la guerra tra le classi per abbattere il regime del capitale.

PARTITO COMUNISTA INTERNAZIONALE

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