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    IL PROLETARIATO NON HA NAZIONE

    (12 Novembre 2018)

    Costantino Lazzari

    Costantino Lazzari, Segretario del PSI dal 1912 al 1919

    Mosso da una forte preoccupazione ho preso spunto dalla ricorrenza riguardante la conclusione della prima guerra mondiale per compilare questo appunto, dai contenuti meramente didascalici.
    Il tema che mi sta a cuore è quello del sorgere di un evidente pericolo di scivolamento su posizioni nazionaliste (oggi definite “sovraniste”) di alcuni dei settori della sinistra italiana che, in questi ultimi anni di grande confusione, hanno comunque mantenuto non facili posizioni di coerenza e di relativa conseguenza politica al riguardo dell’emergere di una nuova qualità delle contraddizioni sociali e di un feroce attacco di destra.
    E’ vero che siamo di fronte ad un fallimento epocale come quello dell’UE e al “ritorno all’indietro” di quello che era stato definito come processo di “globalizzazione”.
    L’idea della “cessione di sovranità” dello stato – Nazione è stata incautamente accelerata mentre emergevano, ed emergono, da parte delle grandi potenze posizioni di tipo imperialista.
    In questo quadro è però necessario rifiutare uno scontro di taglio manicheo tra gli “ortodossi” europeisti – globalismi e i “neo – nazionalisti”, chiaramente orientati a destra.
    A questo punto emerge la necessità di rivisitare la nostra storia, soprattutto dei socialisti e dei comunisti italiani, nei suoi punti più alti tornando anche a studiarne tutte le complesse sfaccettature.
    Si celebrano dunque i 100 anni dalla fine della Grande Guerra mentre sembra risorgere il nazionalismo, vera matrice di quell’immane conflitto.
    C’è un solo motivo per ricordare quell’immane strage che, tra il 1914 e il 1918, avvolse la vita delle nostre madri e dei nostri padri: combattere oggi come allora il nazionalismo.
    Ed è questo:
    Oggi il rosso si colora inopinatamente di bruno, dopo essersi acconciato all’arcobaleno.
    Rosso – bruno e rosso – arcobaleno rappresentano i due punti, opposti tra di loro, attorno ai quali si è smarrita l’identità delle idee di riscatto sociale che avevano – al tempo – potentemente contrassegnato gli anni d’inizio ‘900 e poi si erano tradotte nel concreto prima nel voto ai crediti di guerra da parte dell’SPD e del PSF e successivamente nella “Rivoluzione contro il Capitale” in Russia.
    Era così mutato tremendamente di segno il lascito di decenni di lotte operaie.
    Il pericolo maggiore per la sinistra, adesso, ritorna a essere quello del nazionalismo.
    Il nazionalismo racchiude in sé tutte le chiusure che si stanno verificando sia sul piano culturale sia dello sviluppo politico che si stanno verificando anche qui in quell’Occidente che continuavamo a considerare il punto più avanzato nel quale il pensiero del progresso politico poteva ancora continuare a esprimersi.
    E’ necessario allora tornare a far capire che tutte le lotte: contro il razzismo, il militarismo, la sopraffazione di genere, portano in sé una matrice comunque che è quella dello sfruttamento.
    Lo sfruttamento che nasce dall’imposizione della logica del profitto sull’insieme delle attività umane.
    E’ proprio per affrontare questa situazione che, molto modestamente, si é cercato in questa occasione di presentare una riflessione quanto mai sintetica sui due termini opposti di nazionalismo e di internazionalismo.
    Il nazionalismo rimane l’arma più forte in mano a chi intende perpetuare le logiche di sfruttamento e l’internazionalismo deve essere considerato ancora lo strumento più importante per chi vuole opporsi e proporre un’alternativa insieme di sistema e di società.
    NAZIONALISMO
    Un’assoluta identificazione con la nazione e l’interesse nazionale ha rappresentato il tratto tipico del nazionalismo che si era imposto come ideologia dello Stato di potenza.
    Il nazionalismo entra in campo sulla scena della storia al tempo della seconda rivoluzione industriale e della società di massa.
    Le forme nelle quali il nazionalismo si è storicamente espresso possono essere così riassunte:
    1) Autoritarismo
    2) Interventismo armato
    3) Apologia della guerra
    In sostanza sono stati questi i criteri di politica interna ed estera assunti dalle maggiori potenze europee nel ciclo della crisi internazionale.
    Gli elementi appena sovra esposti rappresentarono i vettori ideologici per il disciplinamento delle masse e per la loro completa identificazione nel patriottismo fanatico (da cui il termine sciovinista).
    La competizione politica, a questo punto, si era trasferita sul terreno delle ideologie autoritarie e di origini biologiste (vedi antisemitismo) e della vocazione imperialista.
    Insomma: i punti salienti sui quali si sono innestate le catastrofi del ‘900 e che oggi, in veste modernizzata dalla tecnologia e dalla velocità di comunicazione, sembrano riproposte dalle maggiori potenze mondiali (affari militar – energetici compresi).
    INTERNAZIONALISMO
    L’internazionalismo il concetto di base si fonda sul carattere universale dei principi di emancipazione sociale, presupposto indispensabile per il superamento dei conflitti tra le diverse nazioni.
    L’internazionalismo ha trovato alimento nella necessità di coordinare le diverse organizzazioni operaie nazionali nella lotta comune contro l’applicazione universale delle logiche di sfruttamento (queste definizioni appartengono all’800, ma mantengono una stringente attualità nella sostanza dell’analisi delle dinamiche sociali).
    Purtroppo, sempre con riferimento alla prima guerra mondiale, la Seconda Internazionale non si formò sulla base di principi internazionalisti ma si configurò come una federazione di autonomi partiti nazionali.
    Fu questo il punto, già richiamato poco sopra, che ne causò il crollo nel 1914 a causa della vicenda dei crediti di guerra votati nei rispettivi parlamenti.
    In Italia non ci fu bisogno di quel voto perché Monarchia e Governo decisero l’entrata in guerra scavalcando il Parlamento, i cui membri erano per la maggioranza contrari.
    Il Partito Socialista, unico tra i partiti europei, assunse ufficialmente una posizione di “né aderire, né sabotare”, ma il principio internazionalista ormai era stato superato in negativo e non sarebbe stato recuperato neppure attraverso l’esito della Rivoluzione d’Ottobre.
    La fondazione della Terza Internazionale, infatti, concluse la sua parabola (ben prima dello scioglimento, avvenuto nel cuore della seconda guerra mondiale) con la subordinazione degli interessi dei lavoratori alle esigenze dettate dalle scelte del “socialismo in un solo Paese” (cioè l’URSS).
    In effetti, l’internazionalismo considerato come principio – guida è finora mancato sulla scena della storia moderna: non è il caso però di considerarlo soltanto come un aspetto di un’utopia ormai dimenticata.
    Serve mantenere la memoria e restare comunque preparati.

    Franco Astengo

    Fonte

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