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La disputa fra UE e governo populista:
spade di cartone e spade d’acciaio

(19 Novembre 2018)

Jean-Claude Juncker

Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Europea

Sul carattere di classe, la politica e la collocazione internazionale del governo M5S-Lega ci siamo più volte espressi: un compromesso instabile fra la grande borghesia, settori di ceti medi meridionali declassati e settori reazionari della piccola e media borghesia settentrionale, raggiunto su una politica sciovinista, repressiva e razzista che punta a dividere e indebolire la classe operaia.

Una politica che sul piano internazionale supporta gli interessi strategici dell’imperialismo USA, che punta a disgregare dall’interno l’UE.

Dentro questa cornice, il governo di colazione fra Di Maio e Salvini sta attuando un braccio di ferro con la Commissione europea.

La bocciatura del documento di bilancio decretata da Bruxelles deriva dal mancato rispetto dell’obbligo della rapida riduzione del rapporto PIL/deficit.

Non è questioni di decimali: il precedente italiano può mettere in discussione il Fiscal compact, dunque la tenuta della fragile struttura dell’UE, continuamente erosa dalla legge assoluta dell’ineguaglianza di sviluppo economico e politico (quest’ultimo oggi si esprime con i nazionalismi borghesi aggressivi).

La Commissione respinge dunque la manovra, ne chiede la revisione, detta misure, provoca e ricatta da vero e proprio direttorio del sistema imperialistico in Europa.

Può farlo perché decenni di politiche liberiste e di austerità, di direttive e trattati antipopolari, non solo hanno prodotto la devastazione sociale, ma hanno anche reso il nostro paese un vassallo della UE, oltre che degli USA e del Vaticano.

In questo processo la borghesia italiana ha svolto un ruolo tutt’altro che passivo: le esigenze capitalistiche di aumento dello sfruttamento e della messa in concorrenza al ribasso dei lavoratori, di saccheggio dei popoli oppressi, di piena libertà di movimento dei capitali e merci per combattere la concorrenza internazionale, ci hanno portato nella gabbia sempre più stretta della UE.

La disputa fra UE e governo populista apre problemi economici, politici e giuridici seri. Pone il problema della sovranità popolare che la UE nega e la borghesia italiana ha seppellito sotto gli interessi del capitale monopolistico finanziario.

La pressione e le ingerenze della Commissione rafforzano i populisti che si presentano come i “difensori della nazione”. Con Salvini in testa, fanno gli spavaldi per meschine ragioni di propaganda e annunciano percentuali di crescita infondate, per continuare a ingannare i lavoratori.

Vanno avanti con la loro sporca demagogia in vista delle elezioni europee del maggio 2019, lasciando a Conte e Tria il compito di rassicurare i mercati.

In realtà la “manovra del popolo” - che contiene il reddito di sudditanza e nuovi tagli alle pensioni – è l’ennesimo capitolo dell’attacco alle masse lavoratrici.

Da un lato la spesa pubblica aumenta a beneficio degli evasori fiscali, dei padroni e dei ricchi (condono, Flat tax etc.), dall’altra il governo non vuole trovare le entrate colpendo i pescecani dell’industria, del commercio e della finanza capitalistica.

Non c’è dubbio: i “partiti antistema” sono i migliori difensori del sistema di sfruttamento e parassitismo!

Indicativo il fatto che Lega e M5S, partiti con un largo consenso di massa, si guardano bene dal mobilitare i lavoratori contro la UE.

Non hanno alcuna intenzione di gettare sul piatto della bilancia la forza delle grandi masse perché temono più il loro risveglio e la loro partecipazione attiva, che “le élite” che dicono di avversare.

Sanno che una volta avviato lo scontro in maniera frontale devono andare sino in fondo, cosa che i rappresentanti delle “mezzi classe” non vogliono e non possono fare.

Dopo appena cinque mesi di governo gli imbroglioni al governo non possono nemmeno più contare pienamente sulla loro base elettorale che è sempre più delusa.

Dal Salento a Genova, da Roma, a Taranto alla Val Susa si esprime la protesta contro il M5S per aver tradito gli impegni elettorali.

Questo problema riguarda anche la Lega che mantiene stretti legami con il grande capitale (è stata in tutti i governi Berlusconi) a cui fornisce una base di massa per le sue politiche, e perciò deve necessariamente dare addosso a tutti gli operai, siano essi immigrati o italiani.

Come evolverà dunque il “dialogo fra sordi” di UE e governo populista?

La Commissione UE si prepara ad aumentare la pressione e la sorveglianza sull’Italia tramite la “procedura per deficit eccessivo”. Ma difficilmente giungerà alle sanzioni miliardarie, allo scontro aperto. Il problema è la crisi interna della UE, che per sopravvivere deve concentrarsi a livello finanziario, politico e militare per reggere la concorrenza con USA e Cina. E il tonfo dell’Italia – che non è la Grecia - non conviene ai tecnocrati di Bruxelles, dato che le ripercussioni sarebbero dirompenti.

Dall’altro lato, i fanfaroni populisti inseriscono “clausole di salvaguardia”, dilazionano spese (pensioni e reddito di cittadinanza), privatizzano, ma “con fermezza”.

Vogliono continuare a illudere gli strati sociali che hanno finora creduto alle loro promesse sostenendo che è colpa dell’UE se non possono essere mantenute. La tattica serve per le prossime europee.

Una cosa è chiara: populisti e UE si combattono fra loro con spade di cartone, sono pronti a venire a patti sulla manovra, perché quelle di acciaio le usano solo contro gli sfruttati e i popoli oppressi.

In questa situazione, che è esposta a molte variabili, data l’anarchia dei mercati finanziari, qual è la posizione della classe operaia?

Ideologicamente decapitata e politicamente paralizzata, non riesce a sviluppare un’iniziativa indipendente e nella sua maggioranza non si è ancora pronunciata sulla manovra. Settori combattivi del proletariato hanno però ricominciato a scioperare e scendere in piazza, impedendo al governo populista di avvantaggiarsi della pace sociale voluta dai riformisti per avvantaggiare le forze reazionarie, tracciando con la lotta e l’unità la via da seguire.

Mentre il paese è portato alla deriva da vecchi e nuovi politicanti borghesi e altre offensive antioperaie sono in gestazione, è della massima importanza collocare al centro della linea di massa la costruzione e il consolidamento del fronte unico di lotta anticapitalista, contro la borghesia e il governo M5S-Lega, contro la UE dei monopoli.

Un fronte che miri alla rottura rivoluzionaria col sistema capitalistico, favorendo la mobilitazione di massa e di piazza come unica garanzia per realizzare le rivendicazioni del proletariato e delle masse lavoratrici ed impedire l’avanzata dello sciovinismo, del razzismo e del fascismo.

Le due questioni che da tempo andiamo ponendo agli elementi di avanguardia del proletariato, quella del Partito indipendente e quella del Fronte unico, boicottate dagli opportunisti e dai collaborazionisti, si presentano sempre più come questioni di vitale importanza per la riorganizzazione e lo sviluppo della lotta di classe per la rivoluzione e il socialismo, per distruggere il dominio del capitale e costruire sulle sue rovine un mondo nuovo.

Da Scintilla n. 93 – novembre 2018

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