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(24 Novembre 2018)
In Venezuela, benché si senta il tic-tac della bomba a tempo sociale, le classi inferiori sono mantenute addormentate con la droga elettorale: dalle elezioni presidenziali di maggio è uscito il risultato atteso con la ratifica della presidenza a Nicolás Maduro.
Nel 2017, nella strategia del borghese governo del Venezuela di darsi un’immagine di “sinistra” e di “socialismo”, abbiamo assistito al cinico spettacolo delle commemorazioni ufficiali del centenario della rivoluzione russa, per quanto il Venezuela sia oggi una delle peggiori espressioni della controrivoluzione e dell’anticomunismo internazionale. Questo è quello che hanno sempre fatto le correnti riformiste, revisioniste, borghesi e piccolo-borghesi, che nascondono gli interessi della borghesia sotto falsi discorsi socialisti e perfino pseudo-rivoluzionari, per confondere, ingannare, dividere e sconfiggere la classe sfruttata, unico motore della rivoluzione proletaria.
La borghesia internazionale ha ormai una lunga esperienza nel condurre abilmente questa manovra, presentando alle masse lavoratrici le false alternative di un capitalismo di “destra” e uno di “sinistra”, con quest’ultimo che sfumerebbe nel “socialismo” e a favore del quale canalizzare il malcontento e l’aspirazione al cambiamento sociale. Nella farsa dello scontro tra “destra” e “sinistra”, tra capitalismo e “socialismo”, tra “rivoluzione” e “imperialismo” si nasconde ciò che invece sta realmente accadendo: uno scontro tra frazioni borghesi per il controllo del governo, ma tutte a difesa del capitalismo.
Per esempio nell’industria petrolifera e petrolchimica, controllata dallo Stato, alcune agitazioni sindacali sono state provocate dai licenziamenti, dalla caduta del salario reale e dalla repressione all’interno delle fabbriche. I sindacati e le diverse correnti politiche che li dirigono hanno però mantenuto la smobilitazione e l’alleanza con i padroni. I sindacati fedeli al chavismo nel settore petrolifero e petrolchimico non hanno offerto alcuna risposta al malcontento dei lavoratori, mentre le correnti sindacali e politiche che fanno riferimento all’opposizione stanno cercando di approfittare dell’agitazione, e anche far finta di promuoverla, ma solo con intenzioni elettorali.
Questo benché nel paese si viva ormai in condizioni di penuria, con la popolazione tutto il giorno alla ricerca di qualcosa da mangiare, soprattutto chi non ha uno stipendio fisso e i disoccupati, che sono già molti e dei quali la disinformazione ufficiale nasconde il numero. Nelle città, e anche a Caracas, molte famiglie, marito, moglie, figli e figlie, si aggirano nei mercati e nelle rivendite di generi alimentari alla ricerca di avanzi invenduti per nutrirsi e non morire di fame in mezzo alla strada.
E la tendenza è verso un ulteriore peggioramento. La svalutazione permanente dei salari non consente ai lavoratori di ricostituire le loro forze. Questi in molte regioni del paese non possono andare a lavorare a causa della riduzione dei servizi di trasporto o dell’aumento del prezzo dei biglietti. Ciò ha causato le sospensioni o i licenziamenti per assenteismo previsti dalla legislazione sul lavoro, pretesti utilizzati dai padroni per risparmiare sulle dismissioni ed evitare le complicate procedure amministrative per ridurre l’organico, sia nel settore pubblico sia in quello privato.
Nemmeno è più possibile trovare condizioni lavorative decenti nella maggior parte delle aziende, poiché la richiesta di igiene e sicurezza è immediatamente repressa e respinta; anche le più elementari norme di protezione sono scomparse per la riduzione dei costi imposta dagli sfruttatori.
I tagli nel settore sanitario hanno facilitato la ricomparsa di malattie come la malaria e la tubercolosi, tra le altre, che si consideravano sotto controllo. La carenza di farmaci sta causando morti, specialmente fra chi soffre di diabete, aids, cancro, insufficienza renale, problemi cardiovascolari o semplici infezioni, perché non si trovano gli antibiotici. Gli anziani e i figli dei lavoratori sono le prime vittime.
Si è avuta una timida campagna per il mantenimento dell’assistenza sociale: assicurazione ospedaliera, chirurgica, maternità, onoranze funebri, medicinali, materiale scolastico, che sarebbe compreso nei contratti collettivi vigenti, ma che si è volatizzato nella iperbolica svalutazione.
Per questo molti operai, come è evidente nei quartieri proletari delle principali città, anche se hanno un lavoro lo lasciano, convinti che, per poter sopravvivere e dar da mangiare alle famiglie, sia meglio emigrare in qualsiasi altro paese del continente, fuggendo dal “Socialismo del 21° secolo”.
Ma le borghesie dei paesi vicini sono disposte ad accogliere manodopera solo nella quantità che a loro serve: già molte ora richiedono il passaporto agli immigrati. L’esercito del Brasile è stato mandato nel Nord a presidiare l’autostrada che lo collega al Venezuela. Nella zona, vicino al confine, dove è concentrato un gran numero di emigrati venezuelani, bande di nazionalisti, al canto dell’inno nazionale, sono state inviate ad attaccarli distruggendo le loro tende e suppellettili; un migliaio di proletari è stato così costretto a tornarsene alla fame nel loro paese.
Da parte sua, in Venezuela il governo ha iniziato il 2018 con l’estensione per la 13ª volta del decreto sull’emergenza economica, che consente di applicare senza il controllo degli altri poteri misure per la salvaguardia della produzione e degli interessi dei capitalisti e per reprimere le lotte operaie. Fra queste la soppressione del controllo sui cambi, la introduzione di una nuova moneta, la liberalizzazione dei prezzi di prodotti e servizi, l’adeguamento del prezzo della benzina alle quotazioni internazionali, l’aumento delle imposte. Ma tutto sarà presto inghiottito dall’inflazione, alimentata dalla scarsità dei prodotti.
Nessuno di questi provvedimenti è a vantaggio dei lavoratori, mentre la propaganda ufficiale continua a vantare la “prosperità economica”, il “socialismo” e la “rivoluzione”.
Nel frattempo il governo sta promuovendo l’inquadramento di miliziani civili, subordinati ai comandi militari, col pretesto di doversi preparare a difendersi da una invasione statunitense e dei suoi alleati nella regione. Con questi motivetti patriottici pretendono soffocare la reazione della classe operaia all’impatto della crisi economica.
Per altro lo Stato borghese mantiene ancora immobilizzati i lavoratori dosando gli aumenti del salario minimo tre o quattro volte l’anno.
Al fine di trattenere le lotte in molte fabbriche ed uffici i lavoratori sono stati spinti a registrarsi in quella che viene chiamata “Carta della Patria”, una tessera distribuita dal governo che dovrebbe dare accesso a medicine, alimentari e altri servizi, e consentire dei premi di integrazione al salario.
I contratti collettivi hanno perso ogni validità a difesa delle condizioni di lavoro, e qualsiasi agitazione è immediatamente criminalizzata o distorta dalla propaganda ufficiale, che la addita come “cospirazione controrivoluzionaria” o come mobilitata dalla “opposizione di destra”, avvalorando così questa davanti alla classe operaia. Questa confusione evidentemente è possibile perché manca oggi un punto di riferimento politico che sveli l’inganno e indichi la direzione da seguire.
Nelle fabbriche la Centrale Socialista Bolivariana dei Lavoratori (CBST) promuove insieme al governo la formazione dei Comitati Produttivi dei Lavoratori (CPT); gli operai ovviamente li ignorano, avendo questi infatti solo lo scopo di promuovere il crumiraggio e difendere la regolarità della produzione.
È possibile che si verifichino delle rivolte di strada, in reazione ai prezzi elevati di alimenti, medicine e altri prodotti e servizi di base. Ma, nelle aziende, i lavoratori sono minacciati con i licenziamenti e intimoriti con la denuncia d’essere controrivoluzionari, antipatriottici, filo-imperialisti, terroristi...
Quindi, nonostante continui la drammatica caduta del salario reale e la svalutazione del Bolivar, si sono avute solo alcune lotte per aumenti salariali. Si è imposto lo sciopero nazionale per aumenti salariali degli infermieri che hanno ottenuto l’offerta del governo di buoni integrativi. Alla lotta si sono aggiunti i medici. Lo stesso nel settore elettrico dove un nucleo di agitazione e mobilitazione potrebbe allargare il suo raggio di azione, chiedendo un salario che permetta di pagare il paniere alimentare base e rifiutando gli incentivi governativi.
Fatto è che i lavoratori non riescono ancora a darsi un’organizzazione di classe alla base, contro tutti i sindacati che anche in Venezuela aderiscono al sindacalismo padronale e che quindi non promuovono la mobilitazione e lo sciopero. La lotta per le richieste operaie dovrà necessariamente nascere dalla base dei lavoratori e fuori dal controllo degli attuali sindacati.
PARTITO COMUNISTA INTERNAZIONALE
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