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Alcune precisazioni sull'anti-lavoro

di Bruno Astarian

(26 Novembre 2018)

il lato cattivo

«[...] l'anti-lavoro dev'essere distinto dall'ordinario rifiuto del lavoro. Quest'ultimo si inscrive nella resistenza quotidiana dei proletari di tutte le epoche; fa parte dei loro mezzi di sopravvivenza di fronte alla noia e allo sfinimento del lavoro sotto padrone. Il proletario preferisce lavorare meno, o addirittura non lavorare, ogni volta che gli sia possibile. E' l’effetto dell'esteriorità del lavoro salariato rispetto al lavoratore. Oggi, il rifiuto del lavoro è praticato a livelli di massa, e nei centri dell'accumulazione il welfare gli viene incontro. Tenuti in debito conto il carattere massivo della disoccupazione e le condizioni molto dure del lavoro post-fordista, il turn-over dei proletari fra disoccupazione (indennizzata, anche se malamente) e lavoro (insostenibile a lungo termine) è un fatto positivo per il capitale. D'altronde, anche i capitalisti più conservatori cominciano a riflettere sull'introduzione di un reddito universale. [...] la messa in prospettiva storica di alcune pratiche di lotta in fabbrica, come il sabotaggio, l'assenteismo e l'indisciplina in generale, rivela una trasformazione del contenuto di queste pratiche da pro-lavoro in anti-lavoro. È necessario periodizzare la storia del sabotaggio, che non ha sempre avuto una valenza anti-lavoro. Pervenuto a un certo grado di dequalificazione, il lavoro giunge a contrapporsi a se stesso nella misura in cui si oppone al capitale. Questo anche nelle sue lotte quotidiane. Il sabotaggio diventa irrispettoso dei mezzi di produzione, e distrugge ciò che consentiva ai sabotatori di lavorare. Pouget non arriva a tanto: egli era immerso in una cultura operaia che l'anti-lavoro odierno, allargandosi in anti-proletariato, rigetta alla stessa stregua del lavoro. Le vecchie pratiche, in apparenza molto radicali, vanno riconsiderate nell'ottica del superamento del movimento operaio tradizionale. Pouget e Lafargue costituiscono un esempio di autori ancora frequentemente citati da commentatori che, per un altro verso, rivendicano l'auto-negazione del proletariato e il superamento del lavoro. Ciò non è coerente.»

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