">

IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
La pagina originale è all'indirizzo: http://www.pane-rose.it/index.php?c3:o52263

 

Il conteso “sfruttamento” dell’Artico

Da "Il Partito Comunista" N. 392 - Novembre-Dicembre 2018

(2 Gennaio 2019)

Il ciclo di ritiro dei ghiacci nell’Artico consente l’apertura di nuove rotte e ha reso possibile l’estrazione di grandi riserve naturali di combustibili fossili.

L’area intorno al Mar Glaciale Artico è di grande interesse, dato che ci si affacciano tre continenti, America, Asia ed Europa, fra i quali consente spesso rotte commerciali molto più brevi di quelle per Suez o Panama. Il “passaggio a N-E”, la “Northern Sea Route” riduce la distanza tra Europa ed Asia fino al 40% rispetto al percorso per il Canale di Suez.

Inoltre quel mare è ricco di minerali, in particolare petrolio e gas, in gran parte rivendicato dalla Russia che vi si affaccia dal suo territorio continentale. Anche l’Italia ha i suoi interessi nell’area con la presenza di Eni, Finmeccanica e Fincantieri.

Le turbolenze internazionali contribuiscono a spiegare perché le rotte artiche stanno ottenendo crescente attenzione. Gli stretti sono oggi più che mai oggetto di contenziosi politici fra la marina degli Stati Uniti e i suoi avversari. L’Iran minaccia di chiudere al traffico lo Stretto di Hormuz; Pechino teme, in caso di conflitto con Washington, di vedersi chiusi gli stretti di Malacca e della Sonda. Dal primo passano 60.000 navi l’anno e un quarto del commercio mondiale. La recente guerra commerciale lanciata dagli Stati Uniti non fa che accrescere questa inquietudine, a cui la Cina sta già rispondendo con investimenti per ampliare la propria marina militare e allo stesso tempo diversificare le rotte delle sue merci.

La pirateria è un altro pericolo per la logistica mondiale. Minore ormai nello Stretto di Malacca è invece una grave minaccia nel Golfo di Aden.

Fra tutti i paesi coinvolti nella nuova rotta artica, la Russia è quella più interessata. Entro il 2025 l’obiettivo è di aumentare il traffico di 10 volte, a 80 milioni di tonnellate l’anno. Un disegno di legge della Duma prevede che dal 2019 solo navi costruite nei cantieri russi potranno attraversare la rotta per trasportare petrolio, gas o carbone. Un vincolo molto stretto, visti gli interessi a sviluppare l’industria degli idrocarburi nell’Artico, in cui la Russia è capofila con il progetto di gas liquefatto di Yamal, entrato in piena attività dal finire del 2017 e dove sono coinvolte compagnie cinesi e francesi.

Novatek, una delle più grandi compagnie private di gas naturale della Russia, ha lanciato la produzione di gas liquefatto nell’impianto Yamal LNG, situato al di sopra del Circolo Polare Artico. Il progetto è stato sviluppato da JSC Yamal LNG, una joint venture tra la società russa Novatek (50,1%), la francese Total (20%) e le cinesi China National Petroleum Corp. (20%) e Chinese Silk Road Fund (9,9%).

La Russia sta cercando soprattutto in Asia i finanziatori di questa rivoluzione artica, un grande piano infrastrutturale necessario per l’incremento del traffico commerciale. Il governo russo ha avviato una riorganizzazione delle competenze relative alle rotte del Nord, che conferisce al gigante statale Rosatom le principali deleghe al fine di gestirla in maniera organica.

A questo si aggiunge il potenziamento delle ferrovie con il progetto Belkomur, che già dal 2023 collegherebbe il Mar Bianco, attraverso la Repubblica dei Comi, agli Urali, e la costruzione della ferrovia Vorkuta-Ustkara, nella stessa repubblica di Comi. L’obiettivo di Mosca è assicurarsi il pedaggio della “Northern Sea Route”, fornendo assistenza, rompighiacci e ponti radio.

Anche la Cina è già da tempo molto interessata a sviluppare le rotte polari, puntando ad importare materie prime, e soprattutto il gas, dal nord della Russia. La cinese Cosco ha tentato più di 30 viaggi negli ultimi 5 anni. Si prevede che entro il 2020 dal 5 al 15% del valore commerciale della Cina, circa 300-900 miliardi di dollari, potrebbe passare per l’Artico. Nell’ultimo decennio Pechino vi è stato il maggiore investitore con 89,2 miliardi di dollari dal 2012 al luglio 2017. Inoltre conta partecipazioni nella ferrovia russa Belkomur, ha acquisito con 15,1 miliardi di dollari la canadese Nexen e miniere in Russia, Canada e Groenlandia per miliardi di dollari.

Si conta anche l’accordo siglato da Sinopec, la più grande compagnia petrolifera del Dragone, per lo sviluppo di un gasdotto e un terminale per l’esportazione di gas liquefatto dall’Alaska. Il progetto consentirebbe di portare il gas naturale dal North Slope (che conta riserve per 34-45 mila miliardi di metri cubi) alla costa, dove verrebbe liquefatto e caricato per la Cina. La nuova rotta artica si affianca all’ambizioso progetto della Nuova Via della Seta, una Via della Seta Polare.

Ovviamente la questione ha risvolti militari. Gli Usa hanno lanciato in orbita sopra l’Artico il primo di quattro satelliti al fine, questa la spiegazione ufficiale, di monitorare lo scioglimento dei ghiacci. In realtà c’è ben altro. Non a caso l’ex sottosegretario di Stato Usa, Paula J. Dobriansky, rivolgendo un appello alla Nato, ha affermato: «È in corso una guerra fredda nell’Artico, con la Russia protagonista di una escalation militare che impone una risposta decisa da parte dell’Occidente». Il ministro della difesa russo non ha atteso molto a ribattere: “È aumentata la possibilità di uno scontro militare per l’Artico”.

PARTITO COMUNISTA INTERNAZIONALE

3882