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(11 Gennaio 2019)
Negli ultimi anni, sempre maggiore è stata l'attenzione, non solo degli studiosi ma anche da parte dei media, nei confronti dell'arte al femminile. Che però ci sia ancora molto da fare, lo testimonia la circostanza che, con rare eccezioni, la grande parte delle pittrici e scultrici del passato (anche prossimo) rimane sconosciuta ai più. Anche chi frequenta le mostre si limita a conoscere Artemisia Gentileschi o Frida Kahlo, senza, poniamo, avere un'idea di chi sia Sofonisba Anguissola (1532-1625), ossia una ritrattista non solo celebratissima al tempo suo, ma anche enormemente influente. E' vero che, nelle poche isole di tv di qualità, come il canale culturale Rai 5, sono passati pure panoramiche sull'arte delle donne (si pensi a L'altra metà dell'arte), realizzate dalla BBC col consueto tono spigliato e alieno da inflessioni dottorali. Ma per quanto meritevoli possano essere questi prodotti, non sfugge il loro problema di fondo: proponendo una veduta a volo d'uccello su secoli di pittura, danno un'idea della incessante lotta di donne geniali per affermarsi in un campo loro precluso, ma non aiutano a fissare nella memoria le personalità delle singole artiste. Sarebbe forse il caso di dedicare a queste figure dei documentari monografici come quelli che da tempo vediamo su Caravaggio o su Picasso. Non potendo certo incidere sulla programmazione della Rai, siamo però lieti di segnalare tutte le iniziative dal basso che mirano a far riemergere dal dimenticatoio l'arte al femminile. Pochi giorni fa, ad esempio, è nata una pagina fb intitolata chegenerediarte, che risulta amministrata da Eliana Como, il cui nome - a chi legge questo sito - evoca soprattutto battaglie sindacali, essendo una delle animatrici della combattiva minoranza della Cgil (il sindacato è un'altra cosa). Chi ragiona a compartimenti stagni potrà sorprendersi, ma la pagina, che già si segnala per un'accurata selezione delle opere (di rado le più riprodotte delle artiste prese in considerazione), ha un evidente taglio militante. Che emerge con chiarezza già nella presentazione, di cui riportiamo alcuni passaggi: "Nonostante i pregiudizi, i ruoli sociali, la difficoltà di accesso alle scuole, la scarsa considerazione di critici - perlopiù di sesso maschile - che le hanno escluse e cancellate da mostre e manuali... Nonostante tutto questo, le artiste sono state tantissime e certamente non meno dotate dei corrispettivi maschili che vengono normalmente considerati geni. (...) Questa pagina ha lo scopo di far conoscere queste donne, le loro opere e le loro vite, per rendergli un po’ di giustizia e restituirgli un briciolo di quella notorietà che è stata loro negata. Ma anche perché - molto semplicemente - le nostre vite sono molto più povere senza questa bellezza ed è un piacere o quasi un dovere per me, che ne conosco anche questa parte, condividerla con voi".
In sostanza, l'invito alla conoscenza e alla fruizione della bellezza non è disgiunto dalla critica ai pregiudizi e ai dogmi di quella società patriarcale in cui si inseriva (e tuttora, in parte, si inserisce) il mondo dell'arte. Di conseguenza, nella esposizione delle opere ci si allontana dai moduli privilegiati nelle più note pagine fb dedicate a questa o a quella forma espressiva. Perché c'è la spinta a "fare discorso", sia pure in pillole, ossia nella consapevolezza che il mezzo social non si presta a lunghe disquisizioni ma può essere formidabile nello stimolare le persone ad avviare, a partire da un singolo impulso, impegnative ricerche. Per dire, nell'approcciare la pittrice impressionista Berthe Morisot (1841-1895), si segnala che quando quest'artista morì, malgrado "fosse già nota e avesse esposto insieme agli altri impressionisti, nel certificato di morte la famiglia fece scrivere ‘sans profession’...".
Laddove nel pubblicare un'opera della tedesca Gabriele Münter (1877-1962), tra i fondatori del gruppo Blaue Reiter e compagna di Vasilij Kandinskij, se ne richiamano le parole amare: "‘Agli occhi di molti, sono stata solo un’appendice insignificante di Kandinskij. Che una donna possa avere un talento autonomo e sia un essere creativo, lo si dimentica volentieri’".
In sostanza, si muove da un approccio legittimamente rivendicativo, che però trae la sua forza anche dall'associazione del "discorso" ad opere di alta qualità. Il che ci fa augurare una lunga vita ad una pagina che potrebbe annoverarsi fra le iniziative utili, soprattutto in un paese come l'Italia, in apparenza lontano dai fenomeni di riscossa femminile nel mondo della cultura che stanno interessando vaste aree del mondo.
Il Pane e le rose - Collettivo redazionale di Roma
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