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Battere il governo Salvini-Di Maio sul terreno della lotta di classe

(12 Gennaio 2019)

di maio-salvini

Nello scorso novembre scrivevamo che il governo populista e la Commissione europea si sarebbero sfidati con spade di cartone, perché quelle di acciaio le usano contro gli operai e i popoli oppressi. Non ci sbagliavamo.

Dopo una manfrina durata due mesi (costata miliardi di maggiori interessi che pagheranno i lavoratori) il governo populista italiano, per evitare la procedura di infrazione per deficit eccessivo, ha deciso di rispettare i parametri UE e le decisioni della Commissione, facendo scendere il deficit al 2% circa.

I nazional-populisti al governo si sono arresi senza nemmeno combattere, senza mobilitare le masse, che temono più dell’UE.

Hanno accettato i diktat di Junker e soci per evitare che in Italia iniziasse una nuova crisi finanziaria, rimanere in sella, costruire una nuova oligarchia e continuare l’attacco alla classe operaia e alle masse popolari.

L’accordo con l’UE e la manovra economica approvata con una doppia fiducia, esautorando il Parlamento borghese dalle sue prerogative (ecco un altro passaggio della fascistizzazione dello Stato), si traducono in altri miliardi di tagli alle spese e agli investimenti pubblici, e in un colpo decisivo alle promesse elettorali sul reddito di cittadinanza e le pensioni.

Si bloccano le assunzioni nel pubblico impiego, si preparano nuovi aumenti delle tasse e delle accise antipopolari, mentre avanzano altre privatizzazioni….

Nonostante la marcia indietro, Salvini e Di Maio dicono che è colpa dei veti UE se le promesse sbandierate per mesi non possono essere interamente mantenute.

Questa sporca demagogia serve a spegnere la coscienza di classe degli operai e a prepararsi per le prossime elezioni europee, intensificando parallelamente la lotta ai migranti.

In realtà, il motivo per cui le promesse non sono realizzate e le controriforme approvate negli anni scorsi rimangono tutte in piedi, sta nella politica dei populisti al governo che non vogliono toccare le enormi ricchezze dei padroni e dei miliardari, non tagliano le spese militari ma le accrescono acquistando gli F-35 e seguendo le direttive di Trump. Non vogliono nemmeno incassare i 5 miliardi di tasse sugli immobili evase dal Vaticano, per difendere i privilegi degli sfruttatori, dei parassiti, dei grandi evasori fiscali.

I nostri principali nemici sono dentro il paese, non fuori da esso. Sono quelle forze che con il loro dominio economico e politico sfruttano e opprimono i lavoratori, che si arricchiscono affamando le masse popolari, costringendo i giovani alla disoccupazione, alla precarietà, all’emigrazione; sono i dirigenti dei partiti, vecchi e nuovi, che sostengono i loro interessi.

L’accordo UE-governo populista mette in luce che chiunque sia al governo e amministri i fondi dello Stato avendo come criterio fondamentale la difesa dei profitti, della proprietà privata capitalistica e l’appartenenza agli organismi internazionali del capitale monopolistico non potrà che promuovere misure antioperaie e antipopolari anche in nome del ”cambiamento".

Il “caso italiano” dimostra che la linea su cui si orientano i populisti giunti al potere è quella delle forze decisive della borghesia.

Il governo di M5S e Lega non è un governo del “cambiamento” ma un governo reazionario che porta avanti, con qualche variante, le stesse politiche antioperaie e antipopolari seguite dai governi borghesi di centrodestra e centrosinistra, per intensificare lo sfruttamento nelle fabbriche, difendere profitti e privilegi borghesi, servire gli USA, la NATO, la UE e il Vaticano applicando politiche di austerità e di miseria, di saccheggio e di guerra imperialista. E’ dunque un governo al servizio del grande capitale.

Inutile sperare in una sconfitta del populismo senza una lotta reale, così come è una fantasticheria credere nel ritorno al passato di relativa pace sociale, di miglioramento delle condizioni del proletariato, di riforme sociali.

La borghesia italiana non può tornare al periodo “costituzionale”, alla “centralità del Parlamento”, alle concessioni economiche.

La sua profonda crisi, l’inasprimento delle contraddizioni oggettive del sistema imperialista lo impediscono.

Davanti a noi non c’è alcun nuovo periodo di sviluppo progressivo del capitalismo monopolistico, il quale non può mantenersi senza ricorrere alla trasformazione reazionaria di tutte le istituzioni politiche borghesi, alla distruzione delle libertà e dei diritti dei lavoratori, alle guerre di rapina.

Non vedere le cose in questo modo significa illudersi e soprattutto lasciare a gruppi, partiti e rappresentanti della grande borghesia (impersonificati dai Draghi, dai Mattarella, dai Cottarelli, dai Renzi) la direzione della lotta, mettere la classe operaia alla sua coda per poi schiacciarla nel momento in cui essa riprenderà la sua iniziativa autonoma.

La sola forza che può sviluppare la lotta contro l’oligarchia finanziaria e le sue istituzioni nazionali e internazionali, contro i populisti e i fascisti, è il moderno proletariato, autoctono e immigrato.

Questa è la classe sociale più interessata ad iniziare e condurre a termine una lotta rivoluzionaria contro l’intero sistema capitalistico, per la sua sostituzione con un nuovo e superiore ordinamento sociale.

Al proletariato spetta il compito di raccogliere attorno a sè, mobilitare e unificare in un solo torrente di lotta tutte le vittime del capitalismo, staccandole dall’influenza riformista, liberista e populista.

Il populismo al potere va battuto sul terreno della lotta di classe, rompendo con la passività imposta dai riformisti e dalle burocrazie sindacali.

La politica di fronte unico di lotta proletaria, l’unità d’azione contro la classe dominante, è la chiave di volta per mettere in crisi e sconfiggere il governo populista di Salvini e Di Maio, la sua politica interclassista, reazionaria, razzista e sciovinista, espressione della decomposizione e della disgregazione dell’imperialismo italiano che cerca nuovi mezzi per sopravvivere.

Scateniamo la lotta nelle fabbriche, nelle città e nelle campagne, nei sindacati, contro la demagogia e le menzogne populiste, per la difesa degli interessi di classe!

Da Scintilla n. 95, gennaio 2019

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