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Alitalia, a casa 2.000 dipendenti

Piano Industriale, gli esuberi, Cimoli e il SULT

(1 Settembre 2005)

I sacrifici dei lavoratori di Alitalia sono stati vani: il piano di risanamento escogitato dall'ingegnere Giancarlo Cimoli, presidente di Alitalia, era sbagliato.

Un errore da 300 milioni di euro, la metà dei quali si pensa di recuperare mandando via altri 2 mila dipendenti. In totale, l'Azienda pensa di poter fare a meno di 5.700 lavoratori.

Chi non ha sbagliato è il Sult che sotto al quel piano non ha voluto mettere la firma.

Oggi tutti possono vedere che quella è stata una scelta giusta. Un conto è fare i sacrifici, e li abbiamo sottoscritti, un altro è vederli vanificare in un business plan che non ha funzionato.

E allora ecco svelato il motivo dell'attacco frontale contro il Sult: la sospensione dei diritti sindacali è stato usato per dimostrare ai mercati che si possono tagliare costi e personale, senza guardare in faccia a nessuno.

Insomma, Cimoli ha applicato le regole della “guerra preventiva” contro i lavoratori. Le organizzazioni sindacali del trasporto aereo, che hanno lasciato solo il Sult si trovano oggi di fronte a un bel dilemma: devono trovare 5700 buoni motivi per spiegare ai loro iscritti e a tutto il mondo del lavoro, come si fa a firmare un piano fasullo, a bruciare in pochi mesi gli effetti economici dei sacrifici sopportati dai lavoratori, a stare dalla parte di chi cancella con un fax i diritti di rappresentanza sindacale, con il risultato finale di dover subire altri tagli del personale. Congratulazioni, un capolavoro di miopia, insipienza e ambiguità che sta portando tutti al disastro.

E mentre Cimoli sta usando il bisturi, senza anestesia, si delinea la vera natura del suo piano: quando si tagliano i costi principali sulle forniture, si abbassa la qualità del servizio dato ai nostri passeggeri.

Quando si operano tagli sul network, si ridimensiona il peso della compagnia sul mercato.

Quando si tagliano posti di lavoro, si impoveriscono di competenze le risorse umane dell'azienda.

Il Sult aveva ragione a dire che quello di Cimoli non è un piano industriale, ma un semplice e brutale business plan. Non ci sono prospettive di crescita e di sviluppo e l''individuazione di una vera missione industriale, ma escamotage finanziari. L'obiettivo è semplicemente tecnico: portare sotto il 50% la quota azionaria del Tesoro.

E poi chi vivrà in azienda, vedrà.

Ma il piano Cimoli non convince più l'Europa che deve erogare il prestito ponte; non convince più le banche interessate alla ricapitalizzazione.

Convince poco anche la Borsa che, anche a seguito di dichiarazioni estemporanee del vertice aziendale, va su e giù, in una pericolosa altalena, che certo non giova alla fiducia degli investitori.

Di questi temi discuterà il prossimo Consiglio dei Ministri, in occasione del quale abbiamo indetto un sit in. Questi sono anche i temi dello sciopero indetto dal Sult il 6 e 7 settembre. Questi temi sono strettamente connessi alla sospensione dei diritti di rappresentanza sindacale del Sult. Nonostante tutto, su questi temi siamo disponibili al confronto sia con le altre organizzazioni sindacali, che con l'Azienda.

Col Governo e anche con quelle forze politiche, interessate a non veder progressivamente rimpicciolire la presenza della compagnia di bandiera nello scenario globale.

Il ripristino immediato dell'agibilità sindacale del Sult è presupposto essenziale, perché il primo della lista degli esuberi non sia proprio l'ingegnere Giancarlo Cimoli.

Fiumicino, 31.08.2005

SULT - Segreteria Nazionale Trasporto Aereo
www.sult.it

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