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Verso una nuova crisi del capitalismo

(14 Febbraio 2019)

scintilla

Come previsto, l’Italia imperialista è di nuovo in recessione. Negli ultimi mesi la produzione industriale è crollata, l’export è diminuito e i consumi interni sono rimasti al palo a causa dei miseri salari e dell’alta disoccupazione.

Dopo lunghi anni di stagnazione e una modesta e incostante ripresina, si profila un’altra distruzione di forze produttive, con licenziamenti di massa.

L’ennesima recessione italiana (dal 2000 a oggi la crescita del PIL è stata pari ad appena il 4% e la produzione manifatturiera è calata del 16%) s’inquadra in uno scenario mondiale caratterizzato dal declino dell’attività industriale e del commercio, mentre il debito globale è giunto al 318% del PIL.

L’Eurozona, Germania compresa, è in frenata. La Cina, motore del capitalismo mondiale nell’ultimo decennio, rallenta. Si sviluppano guerre commerciali per mantenere e conquistare i mercati. Il riarmo delle potenze imperialiste prelude a una nuova spartizione del mondo per mezzo della guerra.

A livello politico si diffonde l’incertezza e l’instabilità, specie nella UE: con la disputa sulla Brexit e le elezioni europee questo fenomeno si accentuerà nei prossimi mesi.

Il periodo della relativa stabilizzazione del capitalismo, ottenuto dopo la grande crisi del 2008, con fiumi di denaro pubblico, politiche di austerità, etc., è alle nostre spalle.

Alla contraddizione fondamentale fra il carattere sociale delle forze produttive e la proprietà privata capitalistica dei mezzi di produzione si sommano in questa fase gli acuti conflitti esistenti tra lo sviluppo universale delle forze produttive e le barriere poste dagli Stati borghesi con il loro nazionalismo aggressivo.

Il risultato di questi contrasti è la tendenza a una nuova crisi del capitalismo mondiale, che esacerberà i pericoli di guerra.

L’esperienza dimostra che dalla china senza possibilità di risalita del capitalismo monopolistico non si esce con le ricette neoliberiste e neokeynesiane, nè con gli inganni populisti.

Mentre rilanciamo la parola d’ordine “gli operai non devono pagare la crisi del capitale!”, affermiamo che le contraddizioni di questo sistema moribondo possono essere risolte solo dalla rivoluzione socialista, destinata a distruggere i rapporti di produzione capitalistici, che sono un intollerabile ostacolo per lo sviluppo dell’umanità, per creare nuovi rapporti, corrispondenti al livello di sviluppo e al carattere sociale delle forze produttive.

Da Scintilla n. 96 – febbraio 2019

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