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RECESSIONE E LOTTA DI CLASSE

(28 Febbraio 2019)

Editoriale del n. 74 di "Alternativa di Classe"

i capi della triplice

Il 9 febbraio 2019 Cgili, Cisl e Uil hanno lanciato un messaggio di collaborazione con gli industriali.

Unico tra i Paesi imperialisti dell'Eurozona, l'Italia è entrata in recessione tecnica. Lo ha certificato l'Istat con la stima preliminare del Pil dell'ultimo trimestre 2018: l'economia nazionale è ulteriormente arretrata (-0,2%). Il risultato negativo ha abbassato ulteriormente il tasso di crescita tendenziale, che scende allo 0,1% dallo 0,6% del trimestre precedente. Se a fine 2019 la crescita sarà inferiore all'1% del Pil reale e allo 0,6% di quello tendenziale, come in molti prevedono, il Governo sarà costretto a modificare al rialzo l'obiettivo di quest'anno del 2,04% nel rapporto con il deficit.
Quel “selfie” dei ministri cinque-stelle sul balcone di Palazzo Chigi nell'Ottobre 2018 resterà nel ricordo come l'operazione di politica-spettacolo più disastrosa. Quell'esultanza per aver sforato il vincolo esterno alla spesa, è diventata l'immagine del governo imperialista italiano in Europa e nel mondo: foto in prima pagina sul giornale inglese “Financial times”, accanto ai grafici dello spread, che s'impennava. Per tutti rappresentava L'IMMAGINE DI UN IMPERIALISMO STRACCIONE!
Il governo italiano, dopo l'ultima legge di bilancio, si è impegnato a tagliare la spesa per oltre 50 miliardi di Euro, per disinnescare le cosiddette”clausole di salvaguardia”. L'accordo con la Commissione europea è stato raggiunto per il 2019, ma, per il biennio 2020-2021, resta da definire il futuro di tali clausole... Si tratta degli aumenti IVA messi dal Governo a garanzia (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno VII n. 73 a pag. 1), che l'esecutivo “5 Stelle-Lega” punta a cancellare, valgono 23 miliardi di Euro di entrate per il 2020 e 29 miliardi per il 2021.
Il 20 Dicembre 2018 il premier Giuseppe Conte al Corriere della Sera dichiarava: ‘Dalla prima cena a Bruxelles sui negoziati, quando mi sono sentito rivolgere alcune critiche contabili, ho invitato i miei interlocutori a considerare che noi avevamo davanti l'esigenza di mantenere la stabilità sociale in Italia. Ho menzionato esplicitamente al Commissario Pierre Moscovici la rivolta dei gilet gialli in Francia’.
Sempre secondo il pensiero del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte: ‘Ci sono tutte le premesse per un bellissimo 2019 e per gli anni a venire. L'Italia ha un programma di ripresa incredibile. C'è tanto entusiasmo e tanta fiducia da parte dei cittadini, e c'è tanta determinazione da parte del governo!’. Si accalorava il Presidente Giuseppe Conte; in futuro il capitale potrà fare a meno anche di lui, ma non potrà mai fare a meno della forza-lavoro, l'elemento da cui estrae il plusvalore.
Secondo il Centro studi di Confindustria, l'indice di attività del settore manifatturiero è calato al livello del 2013; il comparto auto ha segnato a Gennaio una flessione del 7,5% (Fca -21,6%). Un periodo di recessione ha per conseguenze un ulteriore calo dell'occupazione, legato alla minore produzione, ed un aumento del costo della vita. QUINDI CONDIZIONI DURISSIME PER I PROLETARI.
Per i padroni, la situazione implica un cambio di passo. Il Presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, diceva: ...noi abbiamo adesso il problema del rallentamento, a Gennaio avremo un rallentamento ancora superiore rispetto al trimestre scorso. Era evidente che ci sarebbe stato un rallentamento dell'Italia, un Paese ad alta vocazione all'export. Questo significa non fermarci alla constatazione dei dati, ma evidentemente prendere atto della nuova fase e costruire delle misure compensative della manovra economica: aprire immediatamente i cantieri, ci sono risorse già stanziate per oltre 26 miliardi, che superano i 30 miliardi, se si considera anche la TAV’.
Per la CGIL: ‘non si può aspettare oltre, e occorre rilanciare subito la crescita, attraverso investimenti pubblici’. Per questo, Sabato 9 Febbraio CGIL,CISL e UIL hanno manifestato allo scopo di dare “sviluppo al Paese”. La CGIL, con il nuovo Segretario nazionale Maurizio Landini, rilancia l'unità con CISL e UIL, complici delle politiche antiproletarie dei governi, che si sono fin qui succeduti, a partire dall'approvazione del Jobs act, fino all'accordo, l'anno scorso, sull'APE (l'anticipo della pensione per i lavoratori che operano in condizioni disagiate).
Niente di nuovo, purtroppo, per la CGIL, che, insieme a CISL e UIL, all'inizio del 2018 ha firmato un accordo unitario con la Confindustria su ”Contenuti e indirizzi delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva”. Un durissimo colpo dato alla classe lavoratrice, alle sue possibilità' di CONTRATTAZIONE, RIVENDICAZIONE e LOTTA PER IL SALARIO, e DIVERSE CONDIZIONI NORMATIVE.
Ora si profila un nuovo patto tra Sindacato confederale e Confindustria “per aprire i cantieri”, compreso ovviamente quello della TAV. A Bergamo CGIL, CISL e UIL, con Confindustria, rappresentanti degli artigiani, costruttori, agricoltori e trasportatori, hanno già firmato un patto dei produttori per le infrastrutture, lo sviluppo e l'occupazione.
Il 9 Febbraio a Roma CGIL, CISL e UIL, hanno manifestato accanto agli imprenditori romagnoli, gli industriali del petrolio e di altre energie fossili. Confindustria Romagna ha manifestato per contestare le politiche adottate dal Governo nel D-L “Semplificazioni” e considera l'accordo sulle trivelle un “suicidio industriale”.
Il Presidente di Confindustria Romagna, Paolo Maggioli, ha dichiarato: ‘Nessun imbarazzo ad affiancare i sindacati: in questa fase è assolutamente importante essere uniti in difesa di crescita e lavoro’. Per Confindustria Romagna, l'effetto più devastante dell'accordo sono i 18 mesi per stabilire quali aree di coltivazione siano compatibili e quali no. Inoltre, gli industriali del petrolio sono fermamente contrari al blocco delle nuove perforazioni.
Il Presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, a fine Gennaio ha dichiarato: ‘I tempi sono maturi per costruire un vero patto per il lavoro insieme a CGIL, CISL e UIL. Landini? Lo incontreremo’. Per la CGIL, “gli importanti accordi sulle relazioni industriali e sulle regole della rappresentanza, raggiunti con Confindustria e con tutte le altre associazioni imprenditoriali, pongono la questione di aprire la fase della loro piena applicazione. In particolare è necessario che si giunga ad una legge capace di misurare la rappresentanza sindacale e datoriale, e dare validità agli accordi sottoscritti”.
Con una economia in recessione sono chiari gli effetti sul mercato del lavoro, quello che aumenta oggi insieme alla precarietà, sono i livelli sotto-salariati. Le statistiche del 2018 rivelano che un lavoratore su dieci ha ricevuto una retribuzione inferiore ai due terzi del valore medio della propria categoria. A Dicembre del 2018, nel confronto sul mese precedente, l'occupazione è cresciuta di appena 23mila unità, e si tratta esclusivamente di contratti precari, specie per le donne; i rapporti a tempo indeterminato sono calati di 35mila unità.
Sull'anno la fotografia è piuttosto simile: i posti di lavoro in più, conteggiati dall'ISTAT, sono stati 202 mila; se si scende nel dettaglio si scopre che gli impieghi aggiuntivi sono la sommatoria di 168mila contratti ”a tempo” (i fissi sono crollati di 88mila unità) e di 34mila indipendenti, cioè nuove partite IVA, che sono aumentate (complice il prossimo regime fiscale di vantaggio, la flat tax al 15%, operativa per una buona fetta di indipendenti).
Il numero di senza lavoro è balzato in avanti, segnando un 2,4% in più. Il tasso di disoccupazione a Dicembre '18 si è attestato al 10,3%; tra i giovani, “under 25”, la quota di chi non ha un impiego è risalita al 31,9%. I dati ISTAT e quelli INPS dei giorni scorsi evidenziano, da Agosto, un sensibile calo dei contratti subordinati. I mancati rinnovi dei rapporti a termine fanno presagire una nuova avanzata del lavoro precario nei prossimi mesi.
In grave difficoltà è la fascia degli aventi 25-49 anni di età, i cui OCCUPATI si sono ridotti di 135mila unità. Al Sud la situazione peggiora, ed è sempre più una vera e propria bomba sociale. Negli ultimi 16 anni, 1 milione e 883 mila persone hanno lasciato il Mezzogiorno: la metà sono giovani tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto laureati, il 16% dei quali si è trasferito all'estero (e quasi 800mila non torneranno).
Tutto ciò mentre aumentano licenziamenti, minacce sui luoghi di lavoro e morti bianche. In Italia si muore di lavoro, ed è una morte di classe. A morire sono quasi sempre i lavoratori con meno diritti, quelli assunti tramite cooperative in appalto, quelli ricattabili. E, tra “flessibilità” e perdita dei diritti, nel 2018 le morti sono aumentate del 10%.
Secondo l'Osservatorio indipendente di Bologna sono 704 i morti sui luoghi di lavoro del 2018. Con i morti sulle strade, il numero sale a oltre 1450 lavoratori morti per infortuni. Non sono mai stati così tanti da quando il 1°Gennaio dell'anno scorso è stato aperto l'Osservatorio, che monitora tutti i morti sui luoghi di lavoro, anche i non assicurati INAIL e tutti quelli che non dispongono di una assicurazione.
La Legge Fornero e il Jobs act hanno fatto aumentare i morti sul lavoro. Per motivi diversi. La Legge Fornero ha fatto allungare l'età della pensione. Pensiamo a chi fa un lavoro pericoloso, che ha più di 60 anni, che ha gli acciacchi, e non ha più i riflessi pronti. Il Jobs act ha influito sulla mortalità nei posti di lavoro, diminuendo le tutele e rendendo i lavoratori più ricattabili con l'eliminazione dell'art.18 dello Statuto dei Lavoratori. Infatti il 95% dei morti sul luogo di lavoro, esclusi i morti sulle strade, sono lavoratori che non hanno l'articolo 18!...
Le politiche dei governi passati hanno portato alle cifre con cui ci confrontiamo oggi. Il governo del ”cambiamento” di Lega e Movimento 5 Stelle ha deciso di far pagare alle aziende il 30% di contributi in meno (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno VI n. 72 a pag. 2) all'INAIL a DISCAPITO DELLA SICUREZZA.
Reddito di cittadinanza e “quota 100” (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno VII n. 73 a pag. 1) non creeranno nuovi posti ”fissi”. Sui temi della precarietà, della disoccupazione, del ritiro della Legge Fornero, Lega e Movimento 5 Stelle hanno costruito le proprie fortune elettorali, dopo decenni di governi di centro-sinistra e di centro-destra, che hanno portato avanti solo politiche padronali di sfruttamento e di smantellamento dei servizi sociali.
Pur contrastando le posizioni classiste di PD, Forza Italia, Fratelli d'Italia e Lega, sul reddito di cittadinanza, che “favorirebbe” i “fannulloni”, va evidenziato che, aldilà delle promesse elettorali, il “Reddito di cittadinanza” reale è un terribile inganno. A partire dall'obbligo, imposto dallo Stato ai poveri assoluti beneficiari di un sussidio, di lavorare otto ore gratis alla settimana, inoltre, il reddito di cittadinanza prevede altri sgravi fiscali per le aziende.
Se Di Maio, durante la presentazione della prima card, ha ribadito, come ha fatto nelle ultime settimane, che i beneficiari dell'assegno saranno 5 milioni di cittadini, l'Istat e l'Inps, ascoltate in audizione al Senato, danno numeri molto diversi: l'Istituto di statistica parla infatti di una platea di 2,7 milioni di beneficiari, mentre l'Istituto di previdenza ne stima ancora di meno: 2,4 milioni. Ma forse la stima di Di Maio sconta l'elevato numero di domande che, restando fermo lo stanziamento, abbasserebbe gli importi erogati...
Il Reddito di cittadinanza è sostanzialmente un'elemosina di Stato per i poveri assoluti, che devono accontentarsi di sopravvivere, mentre i ricchi continuano a riempirsi le tasche. Movimento 5 Stelle e Lega si pongono al servizio della borghesia nazionale, che ha la necessità di “mettere all'angolo” la classe lavoratrice, per trasformarla in classe senza coscienza e senza futuro, prigioniera del populismo, del nazionalismo, del sovranismo e della disperazione sociale, al dichiarato scopo di presentargli il voto come unica e possibile ribellione consentita, lucrandone i consensi con false promesse.
Ciò che è comprensibile per i lavoratori è la loro condizione di vita; ogni giorno essi si rendono conto della propria miseria. Per quanto ci riguarda, come comunisti, sarà duro lo scontro con chi si limita a mostrare loro solo l'aspetto esteriore dell'abuso, che causa la loro miserabile condizione. Seguendo i riformisti, i lavoratori potrebbero anche essere portati a riflettere con la propria testa, ma non coglieranno il fatto che, senza una fuoriuscita dalla società capitalistica, la loro condizione resterà sempre misera, quali che possano essere gli aggiustamenti dei soprusi.
I nostri interessi di classe ed i nostri bisogni non hanno nulla a che vedere né con chi propone un capitalismo globale, che in questi decenni ha massacrato le nostre condizioni di vita e di lavoro, né con chi propone, anche da “sinistra”, il nazionalismo più becero. L'essenza antiproletaria di questo governo emerge con sempre maggiore chiarezza: guerra aperta ai migranti e agli occupanti di case, e nessuna reale abolizione della Legge Fornero, mentre la vita dei lavoratori è una lotta disperata per la sopravvivenza.
In una fase di flessione economica, la classe operaia è la prima a soffrire. Le chiusure di fabbriche sono aumentate, lasciando lavoratori autoctoni e immigrati con parecchi mesi di salari non pagati. Il governo Lega + Movimento 5 Stelle, con il “Decreto sicurezza”, si sta attrezzando per reprimere violentemente le proteste dei lavoratori e dei proletari dei quartieri delle grandi città.
Le case popolari sono patrimonio della classe operaia. La lotta per la casa va legata a quella dei lavoratori: sono loro che possono darle forza. Al momento le lotte sembrano essere deboli e isolate, tuttavia, man mano che la crisi capitalistica si approfondisce, le potenzialità per una azione più unita e coordinata si rafforzano.
E' tempo di costruire una opposizione politica di classe, che operi in connessione con le mobilitazioni e gli scioperi dei lavoratori, dalla logistica ai lavoratori agricoli. Dai precari, ai movimenti di lotta per la casa. Per contrastare realmente il super-sfruttamento, l'emergenza abitativa, le umiliazioni continue sui posti di lavoro. Una OPPOSIZIONE DI CLASSE AL GOVERNO ED ALLE FINTE OPPOSIZIONI PARLAMENTARI, per mettere al centro della nostra azione politica gli interessi dei proletari e degli sfruttati.

Alternativa di Classe

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