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(15 Agosto 2012) Enzo Apicella

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Un forum della sinistra per non restare stritolati tra Zingaretti e i populismi

(12 Marzo 2019)

Zingaretti

Con le primarie di domenica 3 marzo si è praticamente chiusa la fase congressuale del Partito Democratico. Il 17 marzo l’assemblea nazionale sarà chiamata a ratificare l’elezione a segretario di Nicola Zingaretti. Con questa elezione il PD punta a darsi un’immagine nuova, a “rigenerarsi” come dice il nuovo segretario, a ripulirsi la faccia dopo essere stato protagonista di tutti i governi che si sono succeduti alla guida del Paese dal 2011 al 2018. La mozione Zingaretti annuncia di voler cambiare il partito “nelle idee e nelle persone” per farne un bastione dell’opposizione al governo gialloverde, caratterizzato da “orientamenti xenofobi, autoritari, disumani” e da “un timbro classista, di difesa dei più forti”. La grande e articolata manifestazione di Milano del 2 marzo testimonia l’intenzione del PD di utilizzare la reazione antirazzista di una parte della società alle politiche infami del governo per rilanciarsi, inserendola dentro la continuità del suo progetto liberista.

Pur condividendo il giudizio negativo sulla linea politica del governo Lega-M5S, nonché la necessità di mettere in piedi un largo movimento di opposizione, non si può rimuovere il fatto che le stesse condizioni per l’affermazione di questa destra reazionaria sono state poste con il contributo fondamentale del Partito Democratico. Le politiche di austerità e le riforme strutturali dopo la crisi del 2008 sono state approvate in larga parte dai governi del PD, che ha continuato l’opera di Berlusconi, accentuandone, sotto molti aspetti, le caratteristiche antipopolari e di attacco alla classe lavoratrice: la riforma delle pensioni, del diritto del lavoro, della scuola, del sistema di accoglienza. La povertà e la disuguaglianza sono cresciute a dismisura, insieme con la disoccupazione, la precarizzazione del lavoro e la perdita del potere d’acquisto dei salari, mentre si continuavano a dispensare regali ai capitalisti in termini fiscali, di progettazione ed esecuzione di grandi opere inutili e devastanti per l’ambiente, di privatizzazioni. Senza parlare del predecessore di Salvini all’Interno, Marco Minniti, che ha aperto la strada al razzismo oggi dilagante con la guerra alle Ong che salvano i migranti in mare, con gli accordi con le bande libiche per il contenimento dell’immigrazione.

Le stesse forze politiche attualmente al governo, al di là di qualche concessione populista, hanno confermato le principali riforme messe in atto dal centrosinistra: il Jobs Act non è stato abrogato, anzi è stato confermato e legittimato con il decreto dignità, che si limita a diminuire la durata massima dei contratti precari senza causale; la riforma liberista della “buona scuola” è ancora tutta in piedi per quanto riguarda lo strapotere dei presidi e l’alternanza scuola-lavoro anzi, oggi si propone la regionalizzazione della scuola con la differenziazione di programmi e risorse e la reintroduzione delle gabbie salariali; la riforma Fornero continua ad operare in modo automatico l’innalzamento dell’età pensionabile, al di là delle finestre temporanee di quota 100, che comunque comportano un’ulteriore riduzione delle pensioni da fame. Il reddito di cittadinanza che parte in questi giorni è, proprio come il reddito di inserimento, solo un sussidio di (estrema) povertà elargito sotto il ricatto di dover accettare qualunque lavoro ovunque collocato. Il decreto sicurezza e la legge sulla legittima difesa proseguono e approfondiscono il lavoro di Minniti nel negare i diritti fondamentali per i migranti e i rifugiati, nell’agitare lo spauracchio della sicurezza, per creare una società più violenta sul modello americano, in cui chiunque può detenere un’arma per difendere la proprietà. Il disegno di legge Pillon sferza un altro colpo ai diritti delle donne e alla lotta contro la violenza di genere, attaccando la riforma del diritto di famiglia e garantendo anche ai padri violenti diritti sui figli, proprio mentre è in campo un importante movimento mondiale, che si è espresso anche in Italia con grandi manifestazioni e con lo sciopero femminista l’8 marzo per porre fine alle violenze maschili sulle donne. Questo governo rappresenta quanto di peggio si è espresso nella storia dell’Italia repubblicana e sta avvelenando l’intera società con le sue concezioni reazionarie.

Il PD di Zingaretti può rappresentare una alternativa al governo delle destre? Purtroppo c’è anche chi a sinistra nutre di queste illusioni, come Sinistra Italiana, che governa con Zingaretti nel Lazio e in coalizione con il PD in molte altre importanti Regioni e che, proprio nelle prossime elezioni regionali piemontesi, sostiene la candidatura di Chiamparino, mentre pensa di presentare una lista alternativa per le elezioni europee, che si terranno lo stesso giorno. Noi pensiamo invece che il PD, anche nella sua immagine rinnovata, sia una parte del problema e non della soluzione.

Zingaretti ha già tolto la maschera in una intervista alla Stampa del 5 marzo scorso, in cui annuncia il pieno appoggio alla candidatura di Chiamparino per le elezioni regionali del Piemonte, su un programma pro-Tav e di difesa degli interessi capitalistici di distruzione dell’ambiente e dei diritti sociali. La dedica della vittoria alle primarie alla studentessa svedese Greta Thunberg, la quale ha cominciato un movimento giovanile contro il cambiamento climatico, e l’adesione allo sciopero studentesco internazionale del prossimo 15 marzo, suonano quanto mai ipocrite, a fronte dell’appoggio alla cementificazione indiscriminata e alla devastazione del territorio in nome del profitto. Vedremo se il PD avrà il coraggio di esporsi alle contestazioni studentesche, dato che questo movimento è in connessione diretta con la manifestazione per la giustizia climatica e contro il Tav del 23 marzo. Nella stessa intervista Zingaretti fa appello agli imprenditori, contendendo l’egemonia della Lega e proponendosi come alfiere della competitività, attraverso il potenziamento delle infrastrutture: non solo grandi opere, ma asservimento di sanità, scuola, università e ricerca al profitto privato, sostenendo di fatto il progetto di autonomia differenziata, con la sola richiesta di integrarlo con la garanzia di livelli minimi delle prestazioni. Sull’Europa conferma una linea di pieno appoggio alle istituzioni dell’Unione e propone una maggiore integrazione militare, per partecipare meglio all’escalation degli armamenti che si sta verificando pericolosamente in tutto il mondo.

Del resto, nella regione Lazio Zingaretti governa dal 2013, amministrando le politiche di austerità con tagli alla sanità e chiusura di ospedali, allungando così le liste di attesa per le prestazioni pubbliche, rincarando i ticket, favorendo la sanità privata religiosa. Il lavoro in regione è sempre più precario grazie anche all’imponente sistema di esternalizzazione delle politiche sociali a cooperative e imprese private. Dal punto di vista ambientale si sostengono opere inutili e inquinanti, come lo stadio della Roma e l’autostrada Roma-Latina, mentre non si è mai dato seguito alla ripubblicizzazione del servizio idrico.

Il nuovo PD sembra diverso da quello renziano solo per la disponibilità a fare alleanze politiche per ricostruire un nuovo centrosinistra, magari anche con il consenso dei maggiori sindacati (i lavoratori edili di Cgil, Cisl e Uil sono chiamati a scioperare il 15 marzo in difesa del Tav). In questo quadro, non è affatto esclusa la possibilità di alleanze di governo con il Movimento Cinque Stelle nel caso di elezioni politiche anticipate, legittimando proprio la forza politica che ha consentito alla Lega di governare e che ne condivide le responsabilità sulle politiche contro i lavoratori e le lavoratrici, le donne, le/i migranti.

Serve allora una proposta alternativa sia alle destre nazionaliste della Lega e del Movimento Cinque Stelle che ai social-liberisti del PD. Serve una alternativa di classe alle due varianti del dominio politico della borghesia capitalista, oggi in campo con articolazioni simili in quasi tutta l’Unione Europea. Serve la ripresa del protagonismo e dell’indipendenza della classe lavoratrice, per mandare a casa il governo e demolire le politiche neoliberiste che ne hanno reso possibile l’ascesa.

Non possiamo nasconderci che le forze politiche della sinistra di classe vivono un periodo di profonda crisi, conseguenza delle scelte sbagliate – in primis la subalternità al centrosinistra – in Italia e in Europa (la vicenda della capitolazione di Syriza in Grecia nel 2015 pesa come un macigno sulla ricostruzione di una sinistra credibile in Europa) e della profonda sconfitta e frammentazione sociale della classe lavoratrice, in cui un ruolo centrale è stato giocato dalle burocrazie sindacali confederali. E’ facile prevedere che le elezioni europee non risolleveranno le sorti della sinistra radicale, tanto più che l’obiettivo di raggiungere il quorum del 4% è quantomai impervio. Lo schieramento alternativo alle destre razziste, al PD liberista, al qualunquismo reazionario del M5S avrebbe dovuto costruirsi prima, non semplicemente in funzione della scadenza elettorale, ma sul terreno delle iniziative di lotta, nella riattivazione del sindacalismo di classe, nell’unione tra i movimenti di resistenza alle politiche liberiste e nella completa alternativa alle forze del vecchio/nuovo centrosinistra.

Come abbiamo già fatto in occasione del dibattito interno a Potere al popolo, proponiamo la costruzione di un Forum della sinistra politica e sociale, aperto alle organizzazioni della sinistra di classe, così come alle/ai singole/i lavoratrici e lavoratori, alle studentesse e agli studenti. Un movimento plurale in cui si possa avanzare insieme sui punti comuni e continuare la discussione intorno a ciò su cui non si concorda, garantendo pari dignità alle diverse opzioni politiche di cui è composto oggi il quadro frammentato della sinistra. Il Forum dovrebbe dotarsi di strutture di coordinamento elette in assemblea, a livello locale e nazionale e di strumenti di comunicazione propri, dando piena cittadinanza sia alle organizzazioni politiche e sociali che ai singoli che vogliano partecipare alla costruzione di un quadro comune della sinistra di classe.

Sarebbe utile che le forze politiche disponibili ad un percorso del genere riuscissero a presentare una lista plurale della sinistra di classe nella prossima scadenza elettorale. La lista dovrebbe formulare un programma chiaro di lotta alle istituzioni della UE e agli interessi della grande borghesia e allo stesso tempo di opposizione alle forze reazionarie, nazionaliste e razziste di alcuni settori delle classi domanti. Vanno criticate apertamente le posizioni riformiste sulla UE e va praticato l’internazionalismo, cioè la convergenza delle lotte della classe lavoratrice, al di sopra delle frontiere, per costruire le condizioni di una reale alternativa all’Europa capitalista. Queste idee generali vanno difese individuando alcuni obiettivi specifici che permettano di produrre mobilitazione contro le politiche di austerità, il razzismo e la divisione della classe: un salario minimo europeo, la riduzione dell’orario di lavoro con aumenti salariali e la difesa del welfare universale.

Valuteremo nei prossimi giorni se c’è una disponibilità ad utilizzare la scadenza delle elezioni europee in questo senso, per cominciare un percorso che non finisca il giorno dopo le elezioni europee, ma che indichi una prospettiva chiara di reale indipendenza e alternatività sia alle destre che al Partito Democratico e ai suoi satelliti.
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Francesco Locantore - Sinistra Anticapitalista

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