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(25 Aprile 2010) Enzo Apicella

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Combattere il fascismo sotto qualsiasi veste si presenti

(23 Aprile 2019)

venezia, aprile 1945

E’ trascorso meno di un anno dall’insediamento del governo “gialloverde” presieduto da Conte ma di fatto 'dominato' dal vicepremier Salvini. In questi mesi, a fronte dei viaggi d’affari del Presidente del Consiglio - sempre alla ricerca di nuove fonti di profitto per i grandi gruppi capitalistici - e gli strafalcioni - politici e non solo - del “povero” Di Maio, è stato proprio il leader leghista a raccogliere dall’azione di governo i frutti più consistenti.

Dalle politiche contro l’immigrazione (sgomberi forzati di centri di accoglienza, rifiuto di accogliere nei porti italiani le navi cariche di disperati soccorsi nel Mediterraneo, accordi criminali con i vari ras libici ed altro ancora) al Decreto sicurezza - con le sue implicazioni anche sul piano delle lotte sociali - fino alla legge sulla “legittima difesa”, che pare prefigurare anche per il nostro paese futuri scenari da Far West. Ecco alcune delle più importanti tappe raggiunte con successo fino ad oggi dal ministro dell'Interno, l’onnipresente Salvini.

Ed i risultati delle ultime consultazioni elettorali - su base regionale - hanno premiato il suo partito che, al grido di “prima di tutto gli italiani”, ha di fatto accantonato ogni retaggio regionalistico per assumere il carattere di un vero partito “nazionale”.

Questo movimento, cavalcando il forte malcontento sociale provocato dalla grave crisi economica che attanaglia il paese da diversi anni ed il risentimento e le paure di tanti italiani, innanzitutto, verso gli immigrati - accusati di sottrarci lavoro e risorse o di alimentare la micro-criminalità che attenta alla nostra “sicurezza” - ha potentemente contribuito a diffondere nella società un clima di odio e di aggressività.

In assenza di un movimento di classe indipendente, una vera e propria guerra tra poveri si è scatenata in molti quartieri delle nostre città, coinvolgendo anche aree popolari e proletarie che, in realtà, niente hanno da spartire con forze reazionarie e spesso apertamente fasciste (si pensi a quanto è accaduto diversi giorni fa nel quartiere romano di Torre Maura).

Perché all’ombra dell’immagine “autoritaria” eppure “legale” del leghismo e del suo capo, si muovono - come già è accaduto nella campagna elettorale delle politiche del marzo '18 - gruppi dichiaratamente nazifascisti che sempre più minacciosamente rivelano i loro propositi violenti e razzisti (e non solo contro gli immigrati ma anche nei confronti di altre componenti, considerate “impure”, della società, come il recente Congresso Mondiale sulla Famiglia di Verona ha ampiamente dimostrato).

In questi mesi si è molto rafforzato il “protagonismo” di questi gruppi: dall’apertura di nuovi covi in zone popolari di città a forte tradizione antifascista all’esibizione nei loro cortei di saluti romani e di simboli del lontano ventennio, fino alle aggressioni fisiche verso troupes giornalistiche impegnate a documentare proprio le palesi violazioni di una carta costituzionale che pure vieta la ricostituzione del partito fascista e l’apologia, sotto qualsiasi forma, della sua nefasta ideologia.

Senza dimenticare le iniziative promosse dalle diverse sigle del neofascismo italiano - spesso con l’avallo di amministrazioni locali contigue alla feccia fascista - per “celebrare” figure di vecchi gerarchi dell’era mussoliniana o concerti “nazirock” organizzati in diverse città e propagandati via web tra le giovani generazioni. A fronte di tutto ciò, vi è stata una risposta popolare senz’altro incoraggiante ma lontana dalle dimensioni di un movimento di massa che questa sfida richiederebbe.

E’ vero infatti che migliaia di antifascisti, giovani, studenti, donne, lavoratori sono scesi in piazza per contrastare le adunate fasciste ma non è sembrata decollare, almeno per il momento, quella necessaria spinta unitaria ed organizzativa indispensabile sia per rispondere efficacemente al pericolo che possono rappresentare questi vecchi arnesi della reazione borghese, sia per fare giustizia delle ambiguità, se non di veri e propri tradimenti, di un subdolo “antifascismo” borghese impersonificato soprattutto dal Partito democratico.

D’altronde non è proprio il PD uno tra i principali responsabili del massacro sociale - che tanto ha contribuito al rilancio delle formazioni politiche della destra fascista e razzista - in atto da anni nel paese? Non sono stati forse i governi di centro-sinistra a guida PD ad approvare misure liberticide e dagli alti costi sociali, innanzitutto, nel mondo del lavoro e nel sistema previdenziale, quindi sul terreno dell’immigrazione, poi nel campo di diritti fondamentali con la sistematica distruzione della sanità e della scuola pubbliche?

Questo a fronte di un continuo aumento, imposto dalla Nato, delle spese militari.

Ed ancora oggi che cosa propongono i "democratici" italiani per risollevare il paese se non l’adesione a quelle severe politiche di “austerità” e a quelle disumane leggi di mercato contro le quali hanno ipocritamente e strumentalmente costruito la propaganda e le loro fortune elettorali i Salvini e i Di Maio? Se non l'ulteriore trasformazione reazionaria dello Stato con la riaffermazione della ferrea “dittatura del capitale”, in ossequio ai grandi poteri economici e finanziari che sono alla base del fascismo?

Per queste ragioni non può convincere il presunto “antifascismo” del PD, capace di approvare, quando era alla guida del paese, la “Legge Fiano”: strumento legislativo ambiguo e pericoloso, finalizzato ad omologare, nella sua applicazione, fascismo e comunismo, prospettando potenzialmente la messa al bando anche di forze che da sempre, e più di altre, hanno veramente combattuto il nazismo ed il fascismo. Ma questo è, in fin dei conti, l’obbiettivo di fondo perseguito dai partiti politici e da ambienti culturali che, posti a difesa degli interessi di classe borghese, sottopongono ormai da tempo l’antifascismo e la Resistenza ad un vergognoso processo di revisione storica.

Una revisione che mira ad oscurare quella componente rivoluzionaria e di classe che animò il movimento resistenziale; addirittura a criminalizzare coloro che principalmente - i comunisti - si fecero carico della lotta al nazifascismo, pagando il prezzo più alto in termini di vite umane, esilio e di anni di carcere. La Resistenza non fu solo “lotta di liberazione nazionale” contro l’invasore tedesco, fu anche guerra di classe, lotta irriducibile tra due classi: la borghesia capitalista ed il proletariato.

E su entrambi i fronti, se la lotta ebbe il suo epicentro nel movimento dei lavoratori e nella classe operaia, essa vide il Partito Comunista svolgervi, più di ogni altra forza antifascista, un ruolo determinante: dalla ventennale resistenza alla dittatura mussoliniana agli scioperi delle grandi fabbriche del marzo '43, fino ad arrivare alla lotta armata partigiana in montagna e nelle città.

Una lotta nella quale si distinsero particolarmente le donne; quelle stesse donne che oggi il ministro leghista Fontana, il suo compare Pillon, i neofascisti, il Vaticano, i vari movimenti cattolico-integralisti promotori del congresso di Verona vorrebbero - sulla base dei loro “valori umani e cristiani” - ricacciare indietro di decenni insieme ai diritti conquistati a caro prezzo.

La Resistenza, ponendosi anche l’obbiettivo di costruire una società socialista in cui fossero aboliti lo sfruttamento e l'oppressione capitalistica, fece veramente “tremare” di paura la borghesia italiana ed il suo sistema di potere economico e sociale. Per questo ancora oggi dalla borghesia è considerata uno spettro da cacciare. Non per i comunisti e per i sinceri antifascisti, per i quali la Resistenza è tutt’altro che una pagina lontana della nostra storia da voltare una volta per tutte.

Anzi, i comunisti hanno il dovere di recuperare e di organizzare quel sentimento antifascista che, presente in larghi strati della nostra società, appare sovente confuso e manipolato da quelle distorte “verità” sull’esperienza resistenziale - e sulle successive battaglie antifasciste sostenute nel nostro paese - così abilmente propagandate dai mass media o da aree culturali asservite al dominio del capitale.

Per chi si batte ogni giorno contro il capitalismo e l’imperialismo, cosciente dell’inconciliabile antagonismo tra le classi, la Resistenza rimane un formidabile esempio di sacrificio, di lotta, di speranza sulla possibilità di costruire una società diversa dalla attuale, dominata dalla violenza e dalle barbarie del capitalismo.

La Resistenza ci ha indicato la società del futuro; quella società nuova che ha un solo nome: SOCIALISMO.
ORA E SEMPRE RESISTENZA!
PER UN 25 APRILE DI LOTTA!


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