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Appunti per un nuovo discorso sull'immigrazione

(28 Giugno 2019)

comitato immigrati in italia

Tutto il mio rispetto per chi crede soprattutto nell'accoglienza e anche nell'integrazione ma tutto questo non basta più, non è mai bastato e non basterà mai, se non si cambia l'intero discorso sull'immigrazione.
I migranti in mare, dopo che saranno sbarcati, entreranno nell'inferno della "cattiva" gestione dell'immigrazione in Italia.
Una gestione disastrosa che va avanti da decenni e che molti governi, anche di "centro sinistra", NON HANNO VOLUTO CAMBIARE.
Gli immigrati che arrivano nei barconi, così come quelli invisibili che arrivano in aereo o in treno, finiscono quasi tutti nel mercato del lavoro.
Un mercato del lavoro, in un'economia in crisi, che necessita di manodopera a basso costo e soprattutto di lavoratori senza diritti.
Un mercato in cui, quando si incontrano domanda ed offerta, chi vende la propria forza lavoro è costretto ad accettare qualunque paga e condizione, vista la propria condizione di clandestinità o di precarietà del permesso di soggiorno.
Chi governa sa benissimo, che l'economia ha disperato bisogno di lavoratori ricattabili ma sa anche che l'Italia, secondo paese più anziano al mondo, necessita di migliaia e migliaia di immigrati per sopperire al calo demografico (dati Istat dicono che nel 2018 in Italia c'è stato il peggior calo demografico degli ultimi 100 anni).
Calo demografico significa case sfitte, calo dei consumi, assenza di studenti, calo di entrate per lo Stato, mancanza di lavoratori, e un'infinità di altre necessità indispensabili per un'economia capitalista.
Per tutti questi motivi, i governi, che si sono succeduti e quelli attuali, urlano ai quattro venti la loro lotta contro l'immigrazione clandestina ma poi la favoriscono in tutti i modi.
Con questo non voglio criticare chi, giustamente, chiede accoglienza e soprattutto rispetto dei diritti umani ma chiedo anche di fare un passo avanti.
Gli immigrati in Italia sono circa 6 milioni, di cui quasi un milione di bambini e ragazzi nati o cresciuti qui, e la maggioranza sono in età lavorativa. Questo vuol dire che pagano tasse e contributi, che pagano un affitto e le bollette, che consumano beni e servizi, in poche parole, significa che sono perfettamente INTEGRATI nell'economia italiana.
Questi milioni di lavoratori e lavoratrici hanno le stesse problematiche dei loro "concorrenti autoctoni" e cioè soffrono per tutto lo smantellamento del welfare. Subiscono i tagli alla sanità, all'istruzione, alle politiche abitative e sociali e a tutti quei servizi pubblici a cui ha diritto di accedere chiunque contribuisca all'economia di un paese.
Ecco perché non possiamo solo indirizzare la nostra "lotta per la salvezza dei poveri migranti" o al caso del giorno o all'eroe della settimana o al premio nobel dell'anno.
La lotta per i diritti dei lavoratori immigrati deve essere la stessa lotta dei lavoratori italiani.
Deve essere la stessa rivendicazione per il diritto alla casa, alla salute, all'istruzione, diritti indispensabili per tutti quei lavoratori che non sono in grado di garantirsi un livello dignitoso di vita con il loro salario o stipendio.
Non possiamo non inquadrare il processo migratorio, e quindi la richiesta di diritti per i lavoratori immigrati, come lo ius soli e il voto amministrativo che sono l'unica vera integrazione possibile, all'interno della lotta per la redistribuzione della ricchezza, contro lo sfruttamento e la precarietà della classe lavoratrice, contro lo smantellamento del welfare, e contro tutto ciò che continua a produrre sempre più ricchezza in poche mani e sempre più miseria sulle spalle di molti.
Non possiamo ogni volta aspettare un eroe o un'eroina per credere di stare facendo qualcosa per gli immigrati, come se stessimo parlando sempre di poveri disgraziati e non di lavoratori come noi.
Perché così facendo, stiamo solo perdendo anni e anni di lotte, che avevano ben altro intento che non la carità, e stiamo contribuendo, anche noi, a fomentare la guerra tra poveri, vista la nostra totale incapacità di analizzare il processo migratorio all'interno della contraddizione tra capitale e lavoro.

P. S. Avrei voluto dire tanto altro sullo sfruttamento e la rapina dei paesi del primo mondo verso i paesi del terzo ma penso che avremmo tanto bisogno di spazi, magari non virtuali, in cui a discutere di immigrazione non siano i soliti italiani "brava gente", ma siano gli stessi immigrati a parlare della loro condizione.
Perché non si può continuare a festeggiare un compleanno senza il festeggiato o peggio ancora a piangere ad un funerale senza il morto!

Firmato. Una lavoratrice.

Zaria Galiano - Comitato Immigrati in Italia

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