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L’EUROPEISMO OSCURO DELLA LEGA

(29 Agosto 2019)

Marcello Foa

Marcello Foa

La notizia di lunedì scorso è stata il calo di consensi a Salvini nei sondaggi1. Per quello che possono valere i sondaggi, non ci sarebbe nulla di strano nella notizia, vista la goffaggine con cui Salvini ha provocato e gestito la crisi di governo.
Mentre l’esito della crisi di governo appartiene al regno dell’irrilevante, invece lo stabilire i motivi dell’apertura della crisi è di qualche interesse. Commentatori di solito incisivi hanno inquadrato la crisi di governo in una direttiva partita da Washington, in cui si intimava al vertice della Lega di disfarsi dei 5 Stelle a causa dei loro ardori filocinesi. Tutto può essere, ma anche i dati psicologici rappresentano indizi da non trascurare. Se Salvini stesse eseguendo istruzioni statunitensi, non si dimostrerebbe così insicuro e impacciato nei movimenti. Anzi, con una superpotenza a reggergli il posteriore, il suo ego avrebbe dovuto arrivare ad altezze siderali, come quello di uno studente quando sa che il preside lo protegge. Oltretutto Salvini non avrebbe avuto alcuna difficoltà a rinfacciare apertamente a Conte e Di Maio i loro eccessi filocinesi.
I segnali più significativi indicano che la crisi è partita da contrasti interni alla Lega. Purtroppo quei segnali non sono mai stati al centro della comunicazione ufficiale, che ha puntato acriticamente a presentare l’immagine di una Lega sovranista.
Prima di consegnarsi al grigiore ed all’inutilità della presidenza della RAI, Marcello Foa è stato un acuto studioso dei meccanismi della comunicazione e della disinformazione. Una delle sue teorie più interessanti sulla comunicazione mainstream è quella del “frame”, la cornice. Se una notizia non rientra in determinate coordinate, viene omessa o marginalizzata dai media, senza bisogno di censure, ma per semplici meccanismi di rassicurazione e di conformismo. È ciò che è accaduto in questi anni a tutte le notizie che potessero mettere in dubbio l’autenticità della svolta sovranista della Lega. I soggetti del frame della comunicazione dovevano essere europeismo/liberismo da una parte e sovranismo/populismo dall’altra. È così rimasto ai margini della comunicazione il fatto che in realtà la Lega Nord non è mai scomparsa e che, pur nella confusione, rimangono un tesseramento per la Lega Nord ed un altro per la Lega/Salvini-premier2.

Ai margini della comunicazione ufficiale sono rimasti tutti quei pronunciamenti pubblici del vertice puro e duro della Lega Nord che riconfermavano la fede europeista dei vecchi dirigenti, come Maroni. Da un giornale locale3 i Varesotti hanno potuto sapere che Maroni ritiene indispensabile avviarsi verso la costruzione degli Stati Uniti d’Europa per annullare le nazionalità. Una posizione perfettamente coerente quella di Maroni, poiché solo sotto l’ombrello UE potrebbero esercitarsi il separatismo strisciante e l’integrazione tra regioni di Stati diversi, come il matrimonio tra la “Padania” e la Baviera.
Nel frattempo per il resto d’Italia i media spacciavano come linea della Lega l’antieuropeismo di Borghi, presentato come il responsabile economico del partito. È perfettamente comprensibile che la minoranza antieuropeista della Lega avalli l’equivoco, visto che sarebbe controproducente far sapere alla pubblica opinione di non contare nulla proprio nel momento in cui si cerca di coinvolgerla su obbiettivi decisivi, come il rifiuto dei vincoli dell’euro e la lotta al terrificante Fondo Monetario Europeo.
Anche l’antisalvinismo delle “sinistre” aveva trovato un comodo contenitore nell’antifascismo, nel quale convogliare temi ricchi di pathos come la lotta alla xenofobia ed al pericolo autoritario. Il dato rimasto oscurato è che l’europeismo del vertice tradizionale della Lega contiene i germi del separatismo strisciante, in vista dell’integrazione della “Padania” con la Baviera. Per Luca Zaia la Baviera non è solo una meta geografica, ma un modello ideologico, tanto che indica la Lombardia e il Veneto come la “Baviera d’Italia”4. Siamo addirittura al dichiararsi orgogliosi di poter diventare una colonia della Baviera. Prendendo a pretesto la questione delle Olimpiadi Invernali, Zaia invitava i 5 Stelle “a non mettersi di traverso”. Un invito che non sembrava episodico ma programmatico, forse ritenendo che ormai ci fossero le condizioni per un governo monocolore della Lega.

L’ordine di disfarsi dei 5 Stelle è arrivato quindi a Salvini dal suo stesso partito. Se fosse stato per lui, probabilmente avrebbe deciso altrimenti. Oggi Salvini rischia di fare la figura dello sprovveduto ma, almeno sul piano della propaganda, non lo era mai stato. Mentre concedeva strumentalmente spazio mediatico alla minoranza antieuropeista, da lui stesso creata, Salvini aveva in mente il modo per salvare capra e cavoli, cioè la politica separatista e la retorica sovranista. Allo scopo Salvini aveva adottato come riferimento ideologico quel modello di pseudo-sovranismo che è l’Ungheria di Orban, quindi fiumi di retorica identitaria a vuoto, accompagnati da provvedimenti auto-coloniali come la riduzione delle tasse per attirare capitali esteri. Se l’euro si fosse liquefatto per tempo, il gioco forse gli sarebbe riuscito. O forse anche un modello pseudo-sovranista5 era ritenuto dal vecchio gruppo dirigente della Lega come un disturbo per la prospettiva della Macroregione Alpina insieme con la Baviera.
Per inquadrare storicamente il problema, occorre considerare che il separatismo strisciante non è solo un dato della patologia individuale dei dirigenti della Lega, bensì ha una sua oggettività.
L’unificazione italiana non è stata attuata per riunire popoli fratelli, visto che il disprezzo per le genti meridionali era connaturato alla gran parte dei più accesi unitari. Basterebbe leggere certe pagine del garibaldino veneto Ippolito Nievo per rendersene conto. Il punto è che l’indipendenza nazionale era intrinsecamente connessa alla potenza nazionale. Il controllo dei mari che circondano l’Italia, in particolare l’Adriatico, sarebbe stato impossibile senza annettere il Sud. Ma era chiaro che si sarebbe trattato di un Sud ridotto a colonia interna. Il destino del Sud Italia è segnato dal fatto di essere geograficamente isolato sul piano economico, ma geograficamente strategico sul piano militare.
Un’Italia sconfitta e irrimediabilmente ridimensionata nelle sue ambizioni di potenza, non poteva che far riemergere le tendenze separatiste. Dalla vicenda storica si potrebbe comunque trarre una lezione, ammesso che si voglia farlo. L’alternativa alla frammentazione-balcanizzazione-colonizzazione dell’Italia non sta nel ritorno al nazionalismo, visto che proprio il nazionalismo si è rivelato non solo incapace di superare il modello coloniale, ma lo ha addirittura adottato all’interno.

1 https://www.iltempo.it/politica/2019/08/25/news/sondaggio-politico-sole-24-ore-lega-salvini-1200969/
2
https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/07/05/lo-sconcerto-dei-militanti-impossibile-capire-a-cosa-si-tesseri-un-leghista-che-paga-la-quota-scrivi-nessuno-risponde/4457996/
3 https://www.varesenews.it/2019/05/maroni-sconfessa-sovranisti-ci-vuole-uneuropa-federale-poteri-veri/819435/
4
https://www.askanews.it/cronaca/2019/06/26/olimpiadi-zaia-una-lezione-dalla-baviera-ditalia-pn_20190626_00007/
5
http://www.ilnordestquotidiano.it/2019/01/26/la-guida-della-strategia-macroregionale-alpina-eusalp-tocca-allitalia/

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