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Roma, le mense scolastiche non devono servire al profitto dei privati

(9 Settembre 2019)

A Roma le mense scolastiche sono un servizio che coinvolge migliaia di bambini e da sempre sono gestite dall’amministrazione comunale. Una vecchia normativa che risale agli anni 80 relega questo servizio tra quelli a domanda individuale, cioè lo considera un servizio dovuto solo a richiesta dell’utente. Se ciò aveva un minimo di significato quarant’anni fa, quando le classi che mangiavano a scuola erano un’estrema minoranza, oggi quella norma non tiene conto dell’evoluzione della società e della scuola, che, prevedendo nei suoi ordinamenti “normali” il tempo mensa, ha di fatto portato ad una diffusione molto elevata e predominante delle classi che mangiano a scuola. Questo stato di fatto ha consentito alle famiglie di predisporre una battaglia legale per il riconoscimento del “pasto autonomo,” cioè della possibilità di non usufruire del servizio a domanda individuale gestito dal comune, ma di portarsi il cibo da casa. In un primo momento i tribunali hanno dato ragione alle famiglie, ma quest’anno la Cassazione ha sancito che le famiglie devono accettare il servizio della mensa scolastica. Tuttavia la Cassazione riconosce alle famiglie il diritto di poter influire sulle scelte riguardanti le modalità di gestione del servizio mensa.
Nel corso degli anni la refezione scolastica è passata dalla somministrazione diretta del servizio da parte dell’amministrazione comunale, alla pratica dell’assegnazione del servizio ad aziende esterne. L’ideologia che ha sostenuto la necessità di questo passaggio, affermava che le mense gestite direttamente dell’amministrazione pubblica erano troppo costose e di bassa qualità, mentre se si lasciavano gestire ai privati avrebbero funzionato meglio ed il servizio sarebbe stato più economico. La realtà di questi anni ha tuttavia totalmente falsificato queste asserzioni. I costi generali del servizio sono aumentati dovendo generare profitti per i padroni delle aziende e nello stesso tempo si è generato un peggioramento delle condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici; retribuzioni più basse, precarietà lavorativa quotidiana, ciò che resta gli addetti alle mense è la certezza che ad ogni appalto, l’azienda per cui lavorano, possa perdere la gara e quindi, automaticamente, non è certo che loro riescano a mantenere il proprio lavoro.
Perchè, dunque, di fronte ai negativi costi economici e sociali che vengono generati dalla privatizzazione del servizio delle mense scolastiche il Comune di Roma persevera nel riproporre un modello fallimentare nella selezione degli operatori economici e nella gestione del servizio?
Attualmente si trova in fase conclusiva un bando per un appalto di tre anni, di cui due sono già trascorsi, le aziende vincitrici di quella gara potranno operare per un anno, con tutte le conseguenze immaginabili sul mancato investimento di queste nel servizio. Inoltre per un errore di predisposizione del bando, gli addetti delle mense delle scuole autogestite sono stati esclusi e ancora non sanno come e se saranno reinseriti. A fronte di un bando di gara che somiglia sempre più ad un circo Barnum, una seria amministrazione, attenta alle esigenze dei lavoratori e dei cittadini, avrebbe in autotutela ritirato il bando, rivisto errori e mancanze e pubblicato un nuovo bando. Invece l’amministrazione romana affronta i problemi con il piglio del promoter. Parla di un superamento progressivo delle mense autogestite direttamente dalle scuole attraverso una misteriosa clausola sociale, senza spiegare come, dove e quando ciò potrà avvenire. Afferma con certezza che nessuno perderà il lavoro senza spiegare perché, delega all’ANAC il compito di impedire offerte al massimo ribasso che  avrebbero come esito l’abbassamento della qualità del servizio e della qualità del lavoro, racconta di aver emanato una delibera che assicura il miglioramento della qualità del servizio, senza però specificare quali siano gli strumenti messi in atto per controllare l’effettivo dispiegarsi degli indirizzi predisposti nella delibera.
Se questo è il modo di governare dell’amministrazione romana ben hanno fatto i sindacati a convocare, per il 16 e 17 settembre, uno sciopero dei lavoratori e lavoratrici delle mense scolastiche di Roma Capitale in difesa “del lavoro e del servizio offerto ai bambini e alle bambine che ogni giorno frequentano le scuole della città”. Ma non basta, è ora che i cittadini riprendano in mano il loro diritto, riconosciuto dalla Cassazione, di decidere sulle modalità di gestione del servizio mensa, rifiutando l’attuale modello dei bandi di gara, in cui è prevalente l’attenzione ad assicurare profitti ai padroni delle aziende e si trascurano i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici e dell’utenza. E’ ora di chiedere che l’amministrazione capitolina faccia il proprio dovere nel rispetto delle esigenze dei cittadini gestendo in proprio i propri servizi, assicurando costanza e certezza del lavoro e dei diritti dei lavoratori e certezza della qualità del servizio in collaborazione con le famiglie e gli utenti.

Marco Bizzoni

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