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La Gelmini ha ragione

La Gelmini ha ragione

(26 Novembre 2010) Enzo Apicella
Manifestazioni studentesche contro la "riforma" Gelmini in tutte le città.

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CAMBIO DI GOVERNO E CONDIZIONE PROLETARIA

(5 Ottobre 2019)

van gogh la ronda dei carcerati 2

La crisi di Governo conclusasi con l’insediamento della nuova coalizione Movimento 5 Stelle – Pd ha fatto temere, nel caso di ritorno alle urne, il possibile arenarsi di numerose questioni all’ordine del giorno riguardanti il mondo del lavoro (tra cui il salario minimo) nonché un’ulteriore sofferenza nella gestione dei 159 tavoli di crisi aperti al ministero dello Sviluppo economico, sintomo di una sempre più profonda decadenza dell’imperialismo Italiano.
Il decreto “Salva imprese”, siglato dal presidente della Repubblica Mattarella il 6 settembre, ha permesso la proroga dell’immunità penale nell’ambito dell’esecuzione del piano di risanamento ambientale dell’acciaieria di Taranto per i manager di ArcelorMittal, scongiurando così la minacciata chiusura del sito produttivo. Nel decreto è presente anche il piano di decontribuzione fiscale per 17 milioni di euro in favore di Whirlpool acché non chiuda lo stabilimento di Napoli. La multinazionale tuttavia, in dispregio agli accordi già siglati con sindacati e ministero dello Sviluppo economico, si prepara alla cessione dello stabilimento. I lavoratori della Whirlpool sono dunque impegnati, sullo sfondo di una pressoché totale assenza di diffusi fermenti di classe, in una dura battaglia che si è concretizzata in uno sciopero che ha coinvolto tutti e otto gli stabilimenti della multinazionale in territorio italiano. Nel frattempo la nuova compagine governativa ha già partorito una piccola accelerazione, catalizzando la firma da parte di Cgil, Cisl, Uil, Confindustria, Inps e Ispettorato del Lavoro della convenzione per la misurazione della rappresentatività sindacale. Detta convenzione contiene le norme per stabilire quali sindacati abbiano un reale peso nelle aziende e quindi possano sedersi ai tavoli per la negoziazione dei contratti. In questo modo laddove vigono Ccnl sottoscritti da datori di lavoro aderenti a Confindustria, i sindacati di base, che spesso si distinguono per la loro impostazione conflittuale e per la loro maggiore combattività, si troveranno tagliati fuori dai tavoli negoziali.
Se il dibattito sul salario minimo, inserito pur con dicitura generica nell’accordo di Governo, sembra aver perso velocità anche per la differente impostazione delle due componenti governative, si è fatto largo con un certo vigore il confronto sul taglio del cuneo fiscale per rimpinguare le buste paga dei lavoratori. Ovviamente, in assenza di una politica fiscale progressiva, una quota non indifferente di questo minore gettito fiscale verrà compensata con provvedimenti che andranno a colpire con più forza i salariati. Ad esempio, già si parla di aumento del ticket sanitario, di non meglio specificati tagli ai sussidi (e dubitiamo fortemente che si tratti delle sovvenzioni alle imprese), nonché di spending review (che normalmente equivale a tagli al welfare pubblico). In altre parole, a pagare una consistente quota del prezzo del taglio al cuneo fiscale, saranno ancora una volta i salariati, tanto che possiamo dire che si autofinanzieranno in larga parte la riduzione delle tasse in busta paga (sempre che tale riduzione vada tutta a beneficio dei lavoratori, poiché il mondo imprenditoriale è subito partito alla carica rivendicandone una parte per sé).
I sindacati confederali, poi, mostrano i tratti più avvilenti del loro declino, alimentato da una sempre più conclamata stagnazione della lotta di classe del proletariato: di fronte alla sconcertante sequela di morti sul lavoro (alcune avvenute in circostanze particolarmente raccapriccianti) i sindacati non trovano miglior reazione se non quella di chiedere maggiori controlli circa la sicurezza sui luoghi di lavoro da parte degli enti preposti, salvo poi adoperare energie (e qui parliamo della Fiom) per organizzare riunioni, assemblee negli stabilimenti, iniziative e conferenze stampa a sostegno del movimento ecologista Friday for Future.
Un’ennesima manifestazione dell’attuale imbarbarimento capitalistico emerge dal resoconto di ciò che è avvenuto alla Sevel (sussidiaria del gruppo Fca) di Atessa, dove un operaio è stato costretto dai suoi superiori ad urinarsi addosso dopo essersi sentito più volte negare il permesso di interrompere il lavoro alla catena di montaggio per poter andare in bagno. Il concetto di imbarbarimento non risiede solo nell’episodio in sé, ma anche nella sentenza del tribunale di Lanciano, che ha riconosciuto il «grave pregiudizio alla dignità personale del lavoratore nel luogo di lavoro, al suo onore e alla sua reputazione», e obbligato il datore di lavoro a risarcirlo con 5.000 euro. Ecco dunque quanto la sovrastruttura giuridica borghese valuta l’onore di un operaio: 5.000 euro. In assenza di una lotta di classe diffusa da parte del proletariato che ponga un argine alla strafottenza padronale, anche in una realtà industriale avanzata come la Sevel, inserita in un contesto di Stato di diritto, un datore di lavoro può permettersi di umiliare un operaio costringendolo ad urinarsi addosso e a continuare a lavorare con i pantaloni bagnati, e cavarsela sborsando una cifra ridicola.

Prospettiva Marxista

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