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Voto in Umbria: caro Sergio Ambrogiani, e caro Stefano Fassina, siete incomprensibili. Intanto, i Comunisti ci sono e non si fermeranno

Il risultato elettorale umbro, davvero non si può definire inatteso: nè per chi ha trionfato, nè per chi è stato sconfitto. Poi ci sono i comunisti

(29 Ottobre 2019)

La sconfitta non stupisce, era annunciata: prevedibile la voglia di dare un colpo da parte dei cittadini alla cattiva gestione della cosa pubblica. Il risultato umbro è infatti figlio dell’accumularsi di errori e dinamiche negative locali e, contemporaneamente, di una spinta generale al momento presente nel Paese, tesa a determinare una grave svolta sociale e politica a destra della vita nazionale. Un monito severo determinato dalle politiche liberiste da anni messe in atto dal centrosinistra, che hanno via via spianato la strada sul piano sociale e culturale al difficile presente.

Parto da qui: da Sergio Ambrogiani, segretario del PD di Marino che, coraggiosamente – è proprio il caso di dirlo – affronta il voto umbro come unico risvolto per il “rinnovamento” all’interno del PD. Così, senza far menzione di contenuti che sono stati il treno su cui ha marciato la destra e travolto il PD e il M5S e LeU. Nel senso che non si è semplicemente risposto, e non lo si vuole (spero non sia incapacità, ma, purtroppo, pervicacia in scelta di contenuti di destra vera) sul fatto che le politiche, le scelte, quelle di Governo nazionale e, a ruota, quelle regionali dove si governa(va), del PD – e dei cinquestelle – sono state e sono tutte o quasi scelte liberiste, cioè di destra e antioperaie. Quindi alla destra (ufficiale) quella salviniana e quella di FdI, non è parso vero di misurarsi tra una fotocopia e il loro originale con marchio di fabbrica: non poteva finire – e non finirà anche nelle prossime consultazioni regionali e locali e nazionali – che nel modo ovvio: vince l’originale non la copia! Continuo così: col tweet di Stefano Fassina che invita a “non mollare” sulla alleanza tra PD M5S e LeU. Perché questa alleanza è la risposta che salverà il Paese. Ora la cosa che meraviglia è che Stefano Fassina, partecipa a molti incontri dove è presente il PCI, ed il piacevole confronto coi dirigenti comunisti, sembra spesso una vicinanza di analisi e proposte. Ma, come sembra, solo lì, in quei contesti. Perché poi, incomprensibilmente, nelle scelte ci si accoda al PD, nelle analisi post voto disastroso ci si dimentica della critica di sistema al capitalismo e al liberismo, e, addirittura, per la proposta futura di linea politica ci si affida nuovamente al (fasullo) leit motive “la sinistra del centrosinistra”. Maddechè? Per questo apprezzo totalmente la nostra – del Partito Comunista Italiano – analisi del voto dove si inquadra: la fase storico-politica; cosa è accaduto; il giudizio sulle forze in campo; i nostri compiti (possibilmente correggendo errori). Per questo ripropongo integralmente lo scritto stesso. In Umbria, dove si è andati al rinnovo del consiglio regionale per le dimissioni della Presidente del PD, coinvolta e indagata in relazione a concorsi truccati nella sanità, la coalizione di destra ha stravinto, stracciando la coalizione governativa di PD e Cinque Stelle, appoggiati anche dal PRC e da LEU, essendo questi ultimi vittime della coazione a ripetere sé stessi come sinistra di un centrosinistra inesistente. La sconfitta non stupisce, era annunciata: prevedibile la voglia di dare un colpo da parte dei cittadini alla cattiva gestione della cosa pubblica. Il risultato umbro è infatti figlio dell’accumularsi di errori e dinamiche negative locali e, contemporaneamente, di una spinta generale al momento presente nel Paese, tesa a determinare una grave svolta sociale e politica a destra della vita nazionale. Un monito severo determinato dalle politiche liberiste da anni messe in atto dal centrosinistra, che hanno via via spianato la strada sul piano sociale e culturale al difficile presente. Oggi abbiamo dunque a che fare con una destra pericolosa, che vede l’affermazione della Lega e la spaventosa crescita di FdI che arriva alle due cifre, fagocitando quel che resta di Forza Italia. Se recidi i tuoi legami popolari più autentici e profondi, se operi con politiche progressivamente di destra sul terreno della destra, alla fine la destra arriva, vince e rompe ogni argine. Ed è ciò che purtroppo è accaduto. Il PCI, pur in un quadro di impari confronto con altri soggetti politici sul terreno delle risorse e dei mezzi a disposizione, non ha comunque esitato ad essere in campo col proprio simbolo e con la coerenza e passione delle proprie idee. A tutte le compagne e i compagni umbri, prodigatisi per giorni in questa difficilissima campagna elettorale, va il ringraziamento di tutto partito. Abbiamo cercato di realizzare la maggiore unità possibile, escludendo, come è ovvio il PD e affini, non ricevendo da chi dovrebbe essere più vicino, risposte in tempi che consentissero un lavoro capillare. Siamo tuttavia riusciti a presentarci su un programma condiviso con i compagni di PaP. Il nostro partito ha tuttavia scontato non solo un ritardo nell’avvio della campagna elettorale ma – non ce lo nascondiamo – un ritardo da parte della propria organizzazione per un radicamento che ad oggi non è ancora adeguato alle necessità di un impegnativo lavoro di ricostruzione: lavoro ancora lungo in Umbria e ovunque nel paese, pur essendo il PCI in alcune zone più radicato e presente che in altre. Il deludente risultato conseguito costituisce comunque un punto di ripartenza su basi ideali chiare e su una linea politica autonoma e di grande respiro. Dovremo, dunque, metterci nelle condizioni di portare avanti il lavoro, che in Umbria è ripreso da poco tempo, per crescere nella militanza e nella presenza sui luoghi di lavoro, di studio, tra la gente che vive le contraddizioni di questo tempo. Facendo tesoro della lezione derivante da questo duro passaggio, chiamiamo oggi a raccolta le forze del lavoro e della cultura migliori, perché da subito si prepari la necessaria e netta opposizione, costruendo le condizioni per una controffensiva e un nuovo riscatto sociale. Il nostro è un paese che ha bisogno di un’alternativa, un paese che non può essere abbandonato al capitalismo, al liberismo più sfrenato, al razzismo di una destra retrograda, violenta e ignorante. I comunisti ci sono e non si fermeranno.

Maurizio Aversa

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