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Ventiquattro ore senza di noi

Ventiquattro ore senza di noi

(1 Marzo 2010) Enzo Apicella
Sciopero generale dei lavoratori migranti

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A Roma in piazza il 9 novembre, contro le leggi “sicurezza” per l’eguaglianza sociale

(6 Novembre 2019)

corteo nazionale contro decreti sicurezza

Un anno fa, di questi tempi, il primo decreto sicurezza di Salvini non era ancora diventato legge e in tante/i, oltre 400 associazioni, organizzazioni, forze politiche e sociali, si mobilitarono per impedirne l’approvazione. Fummo in tante e tanti il 10 novembre a Roma ad attraversare la città in un corteo plurale frutto di un percorso altrettanto plurale in cui il nostro partito si impegnò sin dall’inizio, in una affollata assemblea tenutasi a metà ottobre. In quel percorso si diede vita ad un forum che chiamammo “Indivisibili”, oggi divenuto “Indivisibili e solidali”. Animammo una piazza ricca, ascoltammo le parole cariche di prospettiva nella sofferenza di Mimmo Lucano, le esperienze di chi lottava nel proprio territorio contro leggi xenofobe, di chi pagava il fatto che già col governo passato la solidarietà era divenuta reato, di chi vedeva il quel decreto la saldatura fra il securitarismo contro gli immigrati e contro ogni forma di opposizione sociale. Le diseguaglianze da mantenere inalterate erano e sono il punto di congiunzione delle leggi repressive. Mancarono a quella mobilitazioni le grandi organizzazioni di massa. Alcune fecero proprie manifestazioni dopo che il decreto era stato convertito in legge altre rimasero in disparte, si espressero soltanto con dichiarazioni, comunicati stampa, mobilitazioni locali. Quel decreto divenne legge ad inizio dicembre e dopo pochi mesi ne venne promulgato un altro ancora più vigliacco e liberticida che non incontrò grandi ostacoli nell’essere approvato né in parlamento né nella società imbevuta di odio canalizzato verso chi sta peggio e non nei confronti di chi è la causa dei problemi reali: assenza di lavoro e di reddito, difficoltà a potersi permettere una casa, l’istruzione, la sanità, i beni di prima necessità. Un Paese in cui sembra aver vinto la logica per cui l’arrivo di qualche centinaio di persone su un gommone crea più problemi di una fabbrica che chiude, di una delocalizzazione della produzione, della assenza di garanzie sociali per chi è vulnerabile, persino della corruzione imperante, dei dogmi imposti dai trattati europei, dell’evasione fiscale e della criminalità organizzata. Quella parte di Paese che non si è rassegnata a questa narrazione tossica torna a mobilitarsi. Ancora una manifestazione non per contarsi ma per contare, per dare visibilità ad una opposizione e ad una alternativa da costruire nella pluralità ma anche nella chiarezza dei contenuti. Certo è più difficile oggi mobilitarsi senza il moloch di Salvini al Viminale ma nei fatti cosa è cambiato? I decreti, pardon le leggi di Salvini, come quelle di Minniti, Orlando e Di Maio, sono ancora lì, al di là delle dichiarazioni periodiche di chi ne annuncia periodicamente l’abrogazione. Il Memorandum con la Libia per finanziare carcerieri e aguzzini che come secondo lavoro continuano a fare i trafficanti di esseri umani, sono stati rinnovati nonostante le promesse di modifiche “umanitarie” ma soprattutto nulla sta cambiando se non in peggio per gli uomini e le donne che vivono e lavorano in Italia. Persino l’Ungheria di Orban, per ragioni strettamente connesse alle necessità produttive, favorisce l’ingresso di manodopera da altri paesi e promuove percorsi in cui condizioni di sfruttamento vengono accettate in cambio della possibilità di accedere ad una residenza illimitata e poi alla cittadinanza. Da noi si continuano a respingere i rifugiati, ci si prepara ad aprire nuovi centri di detenzione, ci si dichiara concorrenti con Salvini rispetto al numero di migranti rimpatriati e non ci si pone neanche minimamente il problema di regolarizzare le centinaia di migliaia di persone che lavorano al nero in tanti comparti della vita economica del Paese. Proprio per questo, proprio perché anche l’attuale come i precedenti, non è un “governo amico” né dei migranti né di chi vive in condizioni di difficoltà economica o di sfruttamento e prova a reagire, è necessario mantenere alta la mobilitazione. Il corteo di sabato 9 novembre che partirà, con un percorso insolito dal Colosseo per raggiungere Piazza della Repubblica, sarà aperto da uno striscione unitario contro le “leggi sicurezza”, seguirà uno spezzone delle compagne e compagni curdi e, a seguire i due percorsi che si sono intersecati quest’anno: quello di “Energie in Movimento”, con base soprattutto a Roma e che vede come protagonisti i Movimenti per il Diritto all’Abitare e quello di “Indivisibili e Solidali” in cui saremo presenti con un nostro concentramento di Partito. Per questo riteniamo importante garantire una ampia partecipazione. L’opposizione politica e sociale al neoliberismo che oggi ha un volto più presentabile ma che non ha reali discontinuità con quello del governo precedente passa anche dalla partecipazione a questa manifestazione.

Stefano Galieni - Responsabile nazionale Comunicazione, Pace, Movimenti e Immigrazione PRC-S.E.

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