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(14 Novembre 2019)
Zanchini: «Il paradosso è pensare che il Mose possa risolvere il problema dell’acqua alta a Venezia»
Mentre la tragedia dell’acqua alta a Venezia sta tracimando su tutti i media del mondo e gli amministratori locali e i politici nazionali che ne portano la responsabilità – a cominciare dallo scandalo del MOSE – cercano maldestramente di scaricarla su altri (contando sulla cortissima memoria di veneti e italiani), Legambiente ricorda che «Per proteggere le nostre città e salvare la vita delle persone serve un piano di adattamento al mutamento climatico, che tenga conto dei dati sull’accelerazione dei cambiamenti e delle previsioni sull’aumento dei fenomeni meteorologici estremi e dei loro impatti. Siamo ormai l’unico grande Paese europeo che non lo ha ancora approvato e un’analisi dei rischi e delle priorità di intervento è fondamentale se vogliamo salvaguardare vite umane e territori. Rappresenterebbe anche un modo efficace di ridurre l’impatto economico dei danni da dissesto idrogeologico, a giudicare da quanto speso negli ultimi 20 anni».
Il Cigno Verde cita i dati di Ispra, Cnr e Protezione civile secondo i quali l’Italia, dal 1998 al 2018, ha speso circa 5,6 miliardi di euro (300 milioni all’anno) in progettazione e realizzazione di opere di prevenzione del rischio idrogeologico, a fronte di circa 20 miliardi di euro spesi per “riparare” i danni del dissesto (un miliardo all’anno in media, considerando che dal 1944 ad oggi sono stati spesi 75 miliardi di euro).
Tornando all’emergenza acqua alta che ha drammaticamente colpito il capoluogo regionale, il presidente di Legambiente Veneto, Luigi Lazzaro, sottolinea che «A Venezia, in particolare, serve una prevenzione diversa da quella che è stata realizzata: dalla metà degli anni 90 in poi gran parte delle risorse è stata destinata alla realizzazione del Mose, che tuttora non è terminato, considerandolo l’unico progetto necessario a scapito di altri possibili interventi, ma soprattutto di una pianificazione che tenesse conto delle previsioni sull’innalzamento delle acque. E’ inoltre un’opera progettata per risolvere un problema puntuale che, oltre ai cambiamenti climatici, non tiene conto neanche degli impatti che può generare a valle o a monte».
Il vicepresidente nazionale di Legambiente, Edoardo Zanchini, aggiunge: «Il paradosso è pensare che il Mose possa risolvere il problema dell’acqua alta a Venezia, quando sappiamo che è stato pensato e progettato prima che si prevedessero impatti climatici della portata di quelli che si stanno verificando. Il Mose può servire per arginare alcuni livelli d’acqua, ma non tutti, e sappiamo che gli eventi estremi sono destinati a ripetersi con sempre maggiore frequenza e che Venezia si troverà a dover fare i conti con un innalzamento del livello dei mari rilevantissimo, come evidenziato anche dall’Enea. Per questo per Venezia, come per le città e le coste più a rischio nel nostro Paese, occorre ragionare urgentemente di un serio piano di adattamento ai cambiamenti climatici e ai loro effetti che saranno altrimenti sempre più devastati».
Anche di questo si parlerà il 19 novembre a Roma alla presentazione del Rapporto 2019 dell’Osservatorio di Legambiente CittàClima.
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