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LA RIVOLTA PROLETARIA IN CILE

(28 Novembre 2019)

Dal n. 83 di "Alternativa di Classe"

rivolta in cile

Il Cile ha rinunciato ad organizzare la Conferenza mondiale sul clima Cop 25 che si terrà a Dicembre, nonché il vertice del forum Apec (Asia Pacific Economic Cooperation) a causa del movimento di protesta senza precedenti che sta scuotendo il Paese.
Il 23 Ottobre c'è stato uno sciopero generale, indetto dalla CUT e da altre organizzazioni sindacali, contro lo “stato di emergenza” proclamato dal Governo. Il 25 Ottobre oltre un milione di persone è sceso in piazza per chiedere la caduta del governo e un cambiamento radicale. I manifestanti sono una massa autoconvocata, un insieme di diverse identità: un movimento che si definisce in opposizione a tutto ciò che la classe dirigente rappresenta.
Cecilia Morel, moglie del presidente Sebastian Pinera, li ha definiti “extraterrestri” in un messaggio audio via WhatsApp: ‘E' come un' invasione straniera, aliena’. Le proteste a livello nazionale contro il carovita stanno aumentando, nonostante il coprifuoco e i proiettili della polizia.
Il 28 Ottobre, mentre Pinera annunciava il RIMPASTO DI GOVERNO, migliaia di persone protestavano davanti al palazzo della Moneda, chiedendo le sue DIMISSIONI. Il 29 Ottobre idranti con sostanze tossiche contro gli educatori delle scuole materne e, anche in questi ultimi giorni, continuano denudamenti, torture, spari contro i civili, maltrattamenti fisici e verbali, e pestaggi della polizia nei commissariati. Andrès Chadwick, Ministro degli Interni cileno, tra i responsabili della repressione scatenata contro i manifestanti dalla polizia e dai carabineros, era a fianco di Pinochet nel 1977.
Da Santiago a Valparaiso, da Concepcion fino a Punta Arenas, il movimento di protesta che ha portato operai, studenti, donne organizzate e giovani cileni in massa per le strade, si allarga. Il movimento si è rafforzato, ha alzato ancora di più la sua voce oltre i confini nazionali, man mano che si sono diffuse le notizie, le immagini, i video dei maltrattamenti, degli abusi di potere che militari e agenti di polizia hanno compiuto sui manifestanti.
Martedì 12 Novembre si è svolto un altro grande sciopero generale indetto da varie organizzazioni sindacali con grandi manifestazioni nei principali centri e non senza nuovi scontri con la polizia. Ma la mobilitazione continua.
Dal Marzo 2018, il Cile è governato dal conservatore Sebastian Pinera, che era stato presidente anche tra il 2010 e il 2014. Le proteste violente degli ultimi giorni hanno molto a che vedere con le aspettative prima alimentate, e poi deluse, dal Governo Pinera, oltre che dai governi di “sinistra” degli anni precedenti, guidati dalla presidente Michelle Bachelet: erano state promesse, tra l'altro, riforme del sistema didattico e sanitario, che non sono state fatte.
A partire dal 15 Ottobre, decine di giovani tra i 13 e i 17 anni hanno dato vita a massive azioni di protesta nelle linee metro di Santiago, che si sono materializzate nel salto del tornello come risposta all'aumento del 30% del costo del biglietto - 830 pesos cileni, equivalenti a 1,20 dollari - predisposto dal Governo. Con il passare dei giorni, la protesta partita da studenti e studentesse, ha raggiunto ampi settori della società cilena, divenendo trasversale nelle forme e nelle pratiche.
Sono innumerevoli le dichiarazioni di appoggio alla protesta rilasciate da pensionati, lavoratrici e lavoratori, determinate a smontare la retorica borghese del vandalismo e dell'illegalità presentata dai media. Forte nel Paese è la consapevolezza che i veri responsabili dell'attuale situazione sono il governo Pinera, le grandi aziende e il sistema finanziario, che sempre più stanno strangolando la vita di milioni di cileni, condannandoli a condizioni precarie di vita e di lavoro, a privatizzazione del sistema pensionistico, con pensioni che non superano i 120 dollari, privatizzazione della sanità e dell'università con ricorso all'indebitamento per accedervi, da salari irrisori con l'impossibilità di arrivare alla fine del mese.
Super-sfruttamento del lavoro, privatizzazioni integrali delle risorse naturali, inclusa l'acqua. Una classe borghese che considera il Cile un club di amici, e che si è trincerata nei consigli d'amministrazione delle grandi aziende e al governo. L'aumento del costo del biglietto del trasporto è solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Il Presidente, Sebastian Pinera, aveva dichiarato lo stato di emergenza. L'ultima volta che era stato invocato, per ragioni sociali e politiche, era stato durante la dittatura di Pinochet. Questa nuova situazione implica maggiori poteri all'esercito, militarizzazione delle strade e vieta ogni forma e tipo di organizzazione e mobilitazione sociale.
Nonostante l'apparato repressivo, che ricorda il regime fascista di Pinochet, non si fermano le proteste. E' impossibile avere un numero esatto di morti, feriti e arresti. Le proteste di questi giorni sono guidate da una nuova generazione di cileni, che hanno meno di 30 anni, che non hanno conosciuto la dittatura di Pinochet, aperti alla possibilità di esprimere le proprie sofferenze e che, disillusi, sentono che non hanno niente da perdere.
Dopo le prime proteste, il Presidente Pinera ha detto che tutti quelli che protestavano potevano alzarsi prima la mattina per andare a lavorare, in modo da evitare l'ora di punta e non pagare di più il biglietto della metro. Poi ha accusato i manifestanti di essere ‘delinquenti’. Ma la frase più forte e significativa è stata quella pronunciata in seguito: ‘Siamo in guerra contro un nemico potente, che è disposto a usare la violenza senza alcun limite’.
Qualsiasi forma di dissenso politico è vietato in Cile. Di fatto, si tratta di uno stato di assedio con annesso coprifuoco, come previsto dalla Doctrina y Ley de Seguridad Nacional Interior del Estado. La legge interna di sicurezza dello Stato è una legge cilena che criminalizza reati contro la sovranità nazionale.
Durante la dittatura militare, guidata da Augusto Pinochet, la legge fu soggetta a numerose riforme volte ad espandere i comportamenti punibili e ad aumentare sostanzialmente le sanzioni, in particolare per i crimini contro l'ordine pubblico. In altre parole, il nemico politico-militare dello Stato cileno e dei politici borghesi è il popolo cileno stesso.
I manifestanti scendono in piazza disarmati. I lavoratori cileni, ormai da tempo, non ripongono più fiducia nelle istituzioni, qualunque esse siano, dalla chiesa cattolica al sistema tradizionale dei partiti. La sinistra di classe è, purtroppo, numericamente decimata e un po' in confusione.
Fino a poche settimane fa nessuno immaginava che il Cile sarebbe stato protagonista di una rivolta proletaria, la cui critica va oltre, supera il mal-operato del Governo Pinera, per rivolgersi direttamente al regime borghese cileno nella sua complessità. Nella società cilena si è venuto accumulando un enorme malessere sociale, espresso parzialmente, nel corso del tempo, attraverso lotte DISAGGREGATE.
Dietro le proteste non ci sono partiti politici. L'opposizione istituzionale è arrivata tardi, esprimendo posizioni politiche timide in relazione alle misure varate dal governo, molto distanti dalle rivendicazioni espresse in piazza. I funzionari di governo invocano l'unità nazionale e convocano tavoli di dialogo.
Ma la disuguaglianza sociale, la precarietà generalizzata, le atrocità accumulate nel corso degli anni, portano ad una espressione trasversale della lotta di classe, che abbraccia le rivendicazioni economiche che sono alla base della rivolta. Non ci saranno commissioni o tavoli di dialogo in grado di risolvere contraddizioni di classe inconciliabili.
Il Cile dipende dall'economia della Cina, degli Stati Uniti, dell'Europa e, in ultimo, dagli scambi commerciali con i PAESI della REGIONE. Ma le contraddizioni di classe in Cile sono emerse da tantissimo tempo.
Secondo un rapporto pubblicato nel 2017 dal PNUD, il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo del Cile, il punto di partenza delle grandi disuguaglianze della società cilena fu l'assegnazione delle terre, realizzata durante l'epoca coloniale spagnola, che favorì i discendenti 'dei bianchi', cioè degli europei, e segnò l'inizio della borghesia cilena.
Il documento del PNUD sostiene che, nel corso degli anni, quella STRUTTURA SOCIALE così DISEGUALE continuò a sopravvivere, in un primo tempo tramite il sistema delle ”HACIENDAS”, grandi aziende agricole dove da una parte c'erano i padroni, e dall'altra gli impiegati e i “peones”, i lavoratori agricoli, ed in un secondo tempo tramite il pesante sistema di lavoro imposto nelle miniere. Le diseguaglianze sono state poi perpetuate nel passaggio alla moderna economia capitalistica.
Uno dei problemi individuati negli ultimi giorni in Cile è stato l'aumento della distanza tra i ricchi e la classe media, che è diventata sempre più numerosa, e si avvia verso una progressiva proletarizzazione. Il salario minimo stabilito per legge è di 301MILA PESOS CILENI (370 EURO), ma, secondo i dati dell'Istituto nazionale di Statistica del Cile, la metà dei lavoratori cileni percepisce uno stipendio non superiore a 400 mila pesos (490 Euro).
Considerati questi numeri, per molti cileni l'aumento del biglietto della metro, deciso dal governo a inizio Ottobre, ha avuto un certo impatto sulle finanze famigliari, soprattutto perché è stato accompagnato dai recenti aumenti del costo della luce e dell'acqua, nonché dalla crisi del sistema sanitario nazionale. Le famiglie proletarie possono arrivare a spendere in trasporti fino a quasi il 30% dei loro stipendi. I prezzi dei beni di prima necessità sono simili a quelli di molte città europee.
La causa reale delle proteste in Cile ed in altri Paesi è una crisi economica mondiale che sta avanzando con il rallentamento della crescita nel settore manifatturiero in grandi Paesi capitalistici, come la Cina e la Germania. Il continente sudamericano è scosso da violente proteste: prima gli scioperi in Argentina, poi le manifestazioni antigovernative ad Haiti, quelle contro la privatizzazione del sistema sanitario in Honduras e contro i tagli alla scuola in Brasile.
Grandi e significative proteste in Ecuador durante le quali i proletari indigeni hanno fatto irruzione nell'Assemblea nazionale a Quito, costringendo il governo a scappare dalla capitale. In Ecuador l'eroica lotta degli operai organizzati, dei giovani, delle donne e degli indigeni, ha costretto il governo guidato da Lenin Moreno a ritirare il “Paquetazo”, con le sue restrizioni, voluto dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) per erogare un futuro prestito al Paese.
Sono sempre più evidenti le contraddizioni dentro il mondo capitalistico. Tra capitale e forza-lavoro non ci può essere nessuna PACIFICAZIONE, MA SOLO ANTAGONISMO. Un antagonismo che non può FERMARSI alla, pur IMPORTANTE, RIVOLTA POPOLARE, ma che deve portare il proletariato sulla strada della ALTERNATIVA DI CLASSE a livello internazionale.

Alternativa di Classe

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