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Morti bianche

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(1 Settembre 2011) Enzo Apicella

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Sulla nostra adesione alla Seconda Assemblea di Migranti e Rifugiati in Europa

(30 Novembre 2019)

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Nel contesto odierno, la confusione culturale e politica sembra regnare, anche in auella che tradizionalmente viene indicata come sinistra di classe. Questa confusione si esprime in diversi modi, tra i quali ci sembra rilevante l’incapacità di agire secondo una propria agenda. Se non si muove da un minimo di chiarezza progettuale, infatti, si sarà sempre spinti ad inseguire i fenomeni del momento, illudendosi di portare contenuti propri in piazze che non si è contribuito a costruire. Purtroppo, il più delle volte, la presenza nelle manifestazioni indette dai movimenti emergenti si risolve in una forma di turismo politico, appena mascherato dalla distribuzione di volantini che pochi leggeranno. Un autentico peccato perché, a ben vedere, alcune delle piazze piene dei nostri giorni rivelano notevoli potenzialità. Ci riferiamo a due casi in particolare: il primo riguarda le mobilitazioni contro il riscaldamento globale, che risultano incoraggianti non solo per il dato quantitativo. Ma anche per l’affiorare di tracce di un iniziale anticapitalismo, confermato dallo stesso corteo romano di ieri, legato al quarto sciopero globale per il clima. Per quanto concerne il secondo caso, esso rinvia alle mobilitazioni antirazziste che si susseguono dall’estate dell’anno scorso. Prima in opposizione alle politiche platealmente feroci del governo giallo-verde, poi contro quelle dell’esecutivo detto Conte bis, solo formalmente più morbide ma in realtà in continuità sostanziale con il dettato salviniano. Queste mobilitazioni diffuse hanno talvolta raggiunto una ragguardevole consistenza numerica, testimoniata anzitutto dalla grande manifestazione nazionale svoltasi a Roma il 10 novembre 2018, che ha messo in imbarazzo diversi pilastri del sistema mediatico italiano. Si pensi al principale guardiano dell’italico conformismo, il Corriere della Sera, prodottosi in un tendenziale oscuramento del corteo in questione, troppo lontano dalla sua narrazione del paese. Ossia, dalla rappresentazione di un’Italia in cui, a fronte di una maggioranza favorevole alla politica dei porti chiusi, ci sarebbero solo una più o meno vasta area di indecisi e una microscopica minoranza contro. Ma valorizzare gli elementi positivi di certi momenti di piazza, come il buon livello di partecipazione, non significa disconoscerne i limiti. Perché alla capacità di smarcarsi dall’antirazzismo di comodo di chi (vedi il Pd) ha anticipato alcuni aspetti della linea salviniana, non ha sempre corrisposto la chiara indicazione della matrice ultima delle politiche contestate, che ovviamente non risiede nell’affermarsi di una non meglio specificata “cultura del cattivismo”. Come ci hanno ben spiegato le compagne e i compagni del Cuneo Rosso, in un’intervista pubblicata il 2 settembre 2018, i fautori della linea dura in tema di immigrazione non hanno mai perseguito “una totale, ermetica, chiusura delle frontiere”. Lo dimostra il fatto che nello stesso periodi in cui Salvini montava “il caso Aquarius (…), almeno altre tre imbarcazioni attraccavano in porti del Sud con un numero di emigranti nettamente superiore a quelli stipati sull'Aquarius”. L’obiettivo di fondo era (ed è) un altro: “terrorizzare gli emigranti in arrivo, umiliarli fino all'estremo, piegarli dentro nel loro animo, di modo che fin da subito si dispongano ad accettare le forme più estreme e degradanti di sfruttamento del lavoro senza fiatare”. Al di là delle sparate propagandistiche, più che a uno “Zero immigrazione” poco funzionale agli interessi del padronato, certe forze politiche puntano a una “immigrazione a zero diritti”, così da “alimentare la già vasta produzione sommersa” e far aumentare la “manovalanza negli appalti e sub-appalti della produzione ‘regolare’". Ora, potrebbe scoraggiare il fatto che una siffatta analisi non sia ancora stata fatta propria da molte realtà della sinistra di classe. Che talvolta, nelle mobilitazioni contro la politica dei porti chiusi e i Decreti Sicurezza, non sono intervenute solo distribuendo i propri fogli, impegnandosi anche a dar vita a propri spezzoni di piazza. O addirittura co-promuovendole assieme a forze più legate al verbo democratico-umanitario, che purtroppo sono risultate egemoni. Però il quadro è articolato e vi emergono pure tendenze che, se opportunamente valorizzate, possono veramente spingere in avanti la mobilitazione contro le politiche anti-immigrati. Per dire, nella piattaforma del recente sciopero generale (25 ottobre 2019) indetto da Cub, Si Cobas, Sgb e Usi-Cit, le parole d’ordine contro la precarietà del lavoro si sono combinate con le rivendicazioni che hanno contraddistinto le lotte degli immigrati negli anni passati. A cominciare dal permesso di soggiorno svincolato dal contratto di lavoro (un passaggio essenziale per limitare i ricatti nella sfera occupazionale) e dallo Ius Soli. Inteso non solo in quanto misura di civiltà, ma anche come condizione affinché tantissimi giovani non accedano al mercato del lavoro in condizioni di assoluta minorità, perché privi della cittadinanza. In sostanza, il 25 ottobre l’idea dell’unità di classe tra proletari immigrati e italiani è andata la mera enunciazione, traducendosi in una concreta piattaforma di lotta. In una direzione in larga misura simile ci sembra andare la seconda Assemblea di Migranti e Rifugiati in Europa, che si terrà a Como il prossimo 7 dicembre. Un incontro che si basa su un preciso esame degli attuali processi migratori, indagati nei loro nessi con la contraddizione tra capitale e lavoro, nonché in quanto conseguenza delle politiche di rapina portate che i paesi imperialisti portano avanti in varie parti del mondo.

Ora, già allo sciopero del 25 ottobre il nostro sito ha cercato di dare, per quanto possibile, sostegno e visibilità. In continuità con questo atteggiamento, abbiamo deciso di aderire formalmente all'assemblea del 7 dicembre, che peraltro non si presenta solo certo come momento seminariale sganciato dalla vita reale. Del resto, tra le organizzazioni coinvolte nella sua organizzazione vi è quel Comitato Immigrati di Roma che da sempre riconosce il più stringente nesso tra teoria e prassi. Il punto è che bisogna dotarsi di adeguati strumenti concettuali per essere incisivi quando si interviene nei grandi momenti di piazza contro leggi infami (i già citati Decreti Sicurezza e non solo). E se si muove da discorsi chiari, è più facile che, lanciando campagne autonome, si arrivi a persone e/o settori sociali normalmente non raggiunti dalla propria azione politica.

Il Pane e le rose - Collettivo redazionale di Roma

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