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Ventiquattro ore senza di noi

Ventiquattro ore senza di noi

(1 Marzo 2010) Enzo Apicella
Sciopero generale dei lavoratori migranti

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Sulla figura professionale di Educatore/trice

Documento e scheda di riepilogo tecnica, analisi nel terzo settore e nei servizi pubblici.

(2 Gennaio 2020)

LA FIGURA PROFESSIONALE DI EDUCATORE/TRICE: una frammentazione professionale, normativa e di condizioni di lavoro voluta, a beneficio delle istituzioni pubbliche e private, a danno di chi lavora nel sistema educativo, socio assistenziale, socio sanitario o scolastico.

Le prospettive e le indicazioni operative e organizzative che diamo come Usi sono chiare: sviluppiamo autorganizzazione nei posti di lavoro e rappresentanze sindacali aziendali combattive e non concertative, organizziamo coordinamenti locali, collegati a livello nazionale (a prescindere dalla collocazione e riferimento sindacale) NON CORPORATIVI, INTERNI A QUELLI ATTIVI dove esistenti NEL TERZO SETTORE e nei servizi pubblici non ancora esternalizzati, che siano DA STIMOLO PER LA RIPRESA DELLE MOBILITAZIONI nel 2020, anche con Enti Locali e Amministrazioni Regionali, per l’ADEGUAMENTO OMOGENEO SALARIALE E NORMATIVO e delle stesse tariffe dei costi del servizio (in caso di mantenimento del sistema di appalti o dell’avvento del sistema di ACCREDITAMENTO), criteri di accesso chiari, certi e trasparenti, per l’ottenimento per tutti-e coloro che ne hanno diritto, con meccanismi a CONTROLLO PUBBLICO E PARTECIPATO, su formazione e aggiornamento, che superino la logica corporativa e la gestione monopolizzata (ora a carico quasi esclusivo di lavoratrici e lavoratori) della FORMAZIONE PROFESSIONALE. Colleghiamo i percorsi di chi lavora con quelli di utenti e beneficiari dei servizi, nell’interesse comune di servizi strategici pubblici, per eliminare disparità di trattamento, soluzioni differenziate e penalizzanti.


EDUCATRICI ED EDUCATORI nel “terzo settore” e nel settore pubblico: LA SITUAZIONE ATTUALE:
si sta componendo, a livello normativo, la figura dell'educatore. In realtà, la confusione su questa figura professionale, c'è sempre stata, i legislatori succedutisi non si sono realmente dimostrati, interessati a fornire garanzie e certezze. Gli interessi in gioco, specie nel “mercato della formazione” e della gestione di corsi (che sono sempre un lucroso affare per chi li gestisce e determina il monopolio della formazione, in mano ai “soliti noti”), la frammentazione/divisione che si mantiene, rendono più debole e ricattabile chi è all’interno di questa figura professionale, permettendo che la situazione resti così.

ALBI PROFESSIONALI - ELENCHI SPECIALI: Se da un lato, una delle aspirazioni espresse, anche come disagio e malumore soggettivo, è quella per chi fa questo mestiere (anche con gli eccessi della tendenza al corporativismo, sempre presente in tutti gli ambiti e anche questo settore non ne è escluso), di vedersi riconoscere la PROFESSIONALITA' di un mestiere così difficile e faticoso, l'istituzione di albi professionali e di elenchi speciali, a costi onerosi per chi lavora, è COERENTE CON LA TENDENZA ALLA GESTIONE DEL MERCATO DELLA FORMAZIONE IN GENERALE, alla creazione di nicchie con meccanismi selettivi e chiusi, come le antiche corporazioni medievali. Lo stesso sistema che nei servizi svolti, per la maggior parte dei casi, da chi è dipendente o socio lavoratore-trice all’interno di Cooperative Sociali, Fondazioni, Associazioni Onlus, con condizioni salariali e retributive e diritti differenziati, assomigliano pure nel settore degli appalti pubblici, alla RIEDIZIONE DEL MODELLO FEUDALE, con tanto di vassalli, valvassori, valvassini e…i servitori della gleba. Esperienza che fu anche contrassegnata, con l’avanzata di figure che cercarono di uscire da questa suddivisione gerarchica, come avvenne nella storia passata di stampo medioevale e feudale, per gli artigiani e i commercianti, rivendicando professionalità, specializzazione, con l’istituzione di corporazioni di mestiere e un sistema di tariffe particolare rispetto ad altri settori salariati, per mantenerne viva la competizione e la frammentazione salariale e di mestiere, come la storia economica ci insegna. Gli albi professionali e gli stessi elenchi “speciali”, sono una modalità aggiornata all’attuale modello di sfruttamento capitalistico “moderno”, adeguato alla tendenza di “mercantilizzazione” nei servizi educativi, scolastici, socio- assistenziali e sanitari. Il danno lo fanno a lavoratrici e lavoratori e nel sistema degli appalti, alla stessa qualità dei servizi erogati ad utenti e cittadinanza delle rispettive comunità locali, utilizzando un meccanismo di tariffe e costi differenziati e di budget complessivi non omogenei, nelle basi di offerta economica negli appalti pubblici, a seconda del tipo di servizio da erogare in forma esternalizzata (socio assistenziali, socio sanitari, scolastici…) e delle tipologie di “titoli” e accrediti per i datori di lavoro che partecipano e del personale che vi lavora (più personale qualificato e specializzato si ha, meglio si raggiunge come punteggio massimo per l’offerta tecnica). La composizione della forza lavoro, spesso per anni ha lavorato, con salari spesso inadeguati al carico di lavoro effettivo e di responsabilità, senza alcuna possibilità se non a carico loro, di avere l’adeguata formazione, aggiornamento, corsi a pagamento, trovandosi poi in presenza d bandi di gara e capitolati di appalto, con requisiti divenuti insufficienti allo svolgimento delle STESSE MANSIONI E LAVORO, svolto per anni nei medesimi servizi. Con il rischio, sempre presente anche se non meccanicamente riproducibile in ogni situazione, di essere collocati fuori dal mercato o assorbiti dagli enti aggiudicatari e subentranti, a condizioni peggiori, dequalificate e demansionate, con tutti i danni che questa situazione può comportare, se nei cambi di gestione e appalto non siano presenti sindacati combattivi, conflittuali e rappresentanze sindacali aziendali, consapevoli di questi fattori di rischio e pericolo che intervengano per ridurli o eliminarli. Questo dipende anche e soprattutto, anche in queste fasi dai RAPPORTI DI FORZA che si riescono a mettere in campo e dalla necessità che si organizzino e sviluppino le idonee forme di organizzazione diretta, utili a depotenziare i vari sindacati concertativi, di stampo corporativo, subalterni agli interessi datoriali e padronali, magari interessati e interni alla gestione esclusiva o di natura in regime di oligopolio, non solo della “rappresentanza sindacale”, ma della MASSA di SOLDI DISPONIBILI, PER IL MERCATO su FORMAZIONE, dei CORSI ABILITANTI, di AGGIORNAMENTO.
Lo stesso rischio potenziale, anche se con proporzioni attualmente non valutabili negli effetti concreti, vale anche se Regioni o Enti Locali, scegliessero il meccanismo dell’ACCREDITAMENTO, per varie tipologie di servizi e attività (accreditamento sponsorizzato anche da molte associazioni datoriali, cordate imprenditoriali, sia nel settore sanitario che in quello educativo per la fascia servizi 0-6), anche con effetti per altre figure professionali o iscritte ad albi (psicologi, infermieri, assistenti sociali, fisioterapisti…), nei tratti comuni del salario, della formazione, dei corretti inquadramenti contrattuali.

LO “SPEZZATINO” E LA FRAMMENTAZIONE DELLE FIGURE DI EDUCATORI/TRICI:
la frammentazione delle tipologie di personale educativo è diversificata, la situazione attuale prevede titoli di studio differenti o requisiti per lo svolgimento/prosecuzione di attività lavorative:
1) Personale Educativo nei servizi educativi per l'infanzia ( asili nido, scuole dell’infanzia o materne, fascia di età utenza detta 0-6 anni). Bisogna avere laurea in Scienze dell'educazione e della formazione nella classe L19 ad indirizzo specifico per educatori dei servizi educativi per l'infanzia (nidi) o della laurea quinquennale a ciclo unico in Scienze della formazione primaria integrata da un corso di specializzazione per 60 Crediti Formativi Universitari (CFU) conseguiti presso una Università ( scuole infanzia o scuole materne). Il riferimento normativi è il Decreto Legislativo n° 65 del 13/04/2017.
2) Personale Educativo (c.d. educatore professionale) in ambito socio-sanitario, serve il diploma di Laurea abilitante di un corso di laurea della classe L/SNT2 (o in possesso di titoli equivalenti).
I riferimenti normativi sono il Decreto Ministero della Sanità n° 520 del 08/10/1998 e la Legge 205 del 27/12/2017 (i punti da verificare dei requisiti dei titoli, sono disciplinati ai commi da 594 a 601).
Non esiste alcun corso attuale (come i 60 CFU, Crediti Formativi Universitari per l'educatore socio-pedagogico sprovvisto di titolo) che permetta l’ottenimento di tale qualifica, se non si è acquisito il titolo di studio della laurea specifico. Esiste una previsione normativa, che si utilizza in via transitoria (Disposizioni in materia di professioni sanitarie) che afferma che “…coloro che svolgono o abbiano svolto un'attività professionale in regime di lavoro dipendente o autonomo, per un periodo minimo di 36 mesi, anche non continuativi, negli ultimi 10 anni, possono continuare a svolgere le attività professionali previste dal profilo della professione sanitaria di riferimento, purché si iscrivano, entro il 31 dicembre 2019 (il termine sarà prorogato al 30/6/2020), negli elenchi speciali ad esaurimento istituiti presso gli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie…” .
Sostanzialmente, per coloro che hanno svolto l’attività lavorativa e professionale di educatore socio-sanitario per 3 anni negli ultimi 10 anche non consecutivi (purchè sia documentabile in qualsiasi modo), ci si può iscrivere agli elenchi speciali ed essere di fatto riconosciuto come Educatore socio-sanitario. L'iscrizione comporta il costo annuo di iscrizione (circa 400 euro il primo anno di iscrizione, circa la metà dall'anno successivo in poi), con l’ulteriore obbligo e onere a carico del dipendente, di maturare 150 Crediti formativi ECM, al pari di ogni altro professionista sanitario (medico, infermiere).
3) Personale Educativo professionale socio-pedagogico. La normativa del 2017, introduce questa nuova figura di educatore, che per essere tale deve risultare con titolo di laurea conseguito in Scienze dell'educazione e della formazione nella classe L19 ad indirizzo specifico, oppure:
a) avere compiuto 50 anni di età ed avere maturato 10 anni di esperienza come educatore (anche non continuativi), essere titolare di un rapporto di lavoro subordinato (contratto di lavoro a tempo indeterminato), dipendente o socio lavoratore che sia, con inquadramento e qualifica di educatore (anche la busta paga, che è un documento giuridico contabile a tutti gli effetti, è utile come documentazione a sostegno per tale riconoscimento, se nella stessa è indicata la qualifica o l’inquadramento contrattuale, il livello, pari a quello di figura educativa secondo il CCNL applicato).
b) avere maturato 20 anni di esperienza lavorativa come figura di educatore (anche non continuativi), ed essere titolare di un rapporto di lavoro subordinato (contratto di lavoro a tempo indeterminato), dipendente o socio lavoratore che sia, con inquadramento e qualifica di educatore.
Sempre in via transitoria e nelle more dell’applicazione a regime di quanto prevede la legge del 2017, (fino al 27 dicembre 2020), per ottenere la qualifica e il corretto inquadramento contrattuale (in assenza della laurea prevista: laurea in Scienze dell'educazione – classe L19) è possibile fare un corso di un anno, per l'iscrizione al quale è considerato requisito indispensabile avere maturato almeno 3 anni di esperienza (anche non continuativi) come educatore, certificabile alla data del 01/01/2018, ed acquisire i 60 crediti formativi (CFU). I 60 CFU non rilasciano una laurea né un titolo e nemmeno equivalenze, ma permettono il solo ottenimento della relativa qualifica educativa.
Il riferimento normativo è sempre la Legge 205 del 27/12/2017 (commi da 594 a 601).
L'educatore socio-pedagogico, la nuova figura introdotta dalla normativa, non può iscriversi agli elenchi speciali, a meno che non svolga mansioni socio-sanitarie in strutture sanitarie o socio-sanitarie e abbia i requisiti di esperienza lavorativa richiesti (36 mesi di lavoro come educatore socio-sanitario in strutture sanitarie o socio-sanitarie negli ultimi 10 anni, anche non continuativi e ovviamente il periodo di lavoro e prestazione professionale va documentata).
Questa figura di “Educatore socio-pedagogico”, può continuare a lavorare nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie, con una restrizione attualmente non superabile "limitatamente agli aspetti educativi".
Il riferimento normativo, come detto è la Legge 205 del 27/12/2017 (i commi sono dal 594 al 601).
Un profilo professionale, già frammentato dal punto di vista contrattuale (si contano una decina di CCNL, nel settore lavorativo tra quelli privati e quelli pubblici, con le ovvie ricadute salariali, di indennità, di percorsi di progressione di carriera) e lavorativo (soprattutto per chi lavora nei servizi scolastici, fattore che incide anche per chi lavora o intende lavorarci, nei servizi educativi ancora gestiti in modo diretto, presso Enti Locali o strutture pubbliche o negli stessi servizi domiciliari o presso strutture semiresidenziali o residenziali), è ulteriormente parcellizzata e divisa anche sul piano dei riferimenti normativi e delle vie di uscita, in assenza del conseguimento dei titoli di laurea richiesti.

NON SCEGLIAMO SOLUZIONI PERSONALI O PERCORSI INDIVIDUALISTICI,
utili a mantenere lo stato di divisione e di frammentazione. Diamo con l’anno che viene, un segnale e una spinta diversa, dal basso ma rigorosamente autorganizzata e solidale, fuori da forme di aggregazione di stampo e natura corporativo-professionale o da comitati facilmente strumentalizzabili da sindacati concertativi e cordate politicanti o imprenditoriali, che proseguirebbero la logica di sfruttamento e di sottomissione.
L’AUTORGANIZZAZIONE E’ UNA PRATICA, PRATICHIAMOLA DI NUOVO IN FORMA COLLETTIVA E DI MASSA, IN MODO COERENTE E FINALIZZATA AL PROGRESSIVO RAGGIUNGIMENTO DELL’OBBIETTIVO COMUNE, COLLEGHIAMO PER QUANTO POSSIBILE LE NOSTRE ISTANZE E RICHIESTE, CON LA MAGGIORE UNITA’ POSSIBILE CON FASCE E SETTORI DI UTENZA E CITTADINANZA, SENSIBILI AL MANTENIMENTO E SVILUPPO DI SERVIZI DI RILEVANZA STRATEGICA PUBBLICA. Collegandosi e organizzandosi con le strutture del sindacato autogestito, autofinanziato, indipendente Usi, è meglio.

A cura di Usi Unione Sindacale Italiana fondata nel 1912

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