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(30 Marzo 2011) Enzo Apicella

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IL PROLETARIATO, CARNE DA CORONAVIRUS

(13 Marzo 2020)

prospettiva marxista

Spira un’aria da unione sacra. Gli sviluppi dell’emergenza coronavirus in Italia sono accompagnati da un concerto di voci, più o meno istituzionali, che ripete il verbo dell’unità nazionale di fronte al morbo: siamo tutti sulla stessa barca, dobbiamo compattare il senso di appartenenza ad un’unica comunità, ognuno deve fare la sua parte etc.
Ma basta analizzare con un po’ di attenzione e di lucidità i provvedimenti adottati dal Governo sotto la pressione del contagio per accorgersi facilmente che unione sacra nel capitalismo non significa assolutamente un’effettiva (e impossibile) sospensione della divisione di classe e dei suoi effetti.
Quando ormai il clima di allarme dura da settimane, si deve registrare la pressoché totale assenza di un dibattito politico intorno alla ricerca di un bilanciamento tra misure d’emergenza (un’emergenza che è in buona parte frutto di anni e anni di brutale applicazione delle logiche del profitto e del mercato al sistema sanitario, risultato logicamente indebolito di fronte all’epidemia) e salvaguardia delle libertà e delle garanzie democratiche di un regime borghese e liberale. Anzi, alla passiva accettazione di margini di azione, su una scala e con una disinvoltura senza precedenti nell’Italia repubblicana, da parte dell’Esecutivo in tema di limitazione della circolazione dei cittadini, contribuiscono opposizioni in balia di un altalenante susseguirsi di prese di posizione – dall’allarmismo, al riduzionismo e al ritorno poi a toni da linea dura in concorrenza con il Governo – ispirate ad una ricerca perenne di consensi immediati. Il tutto testimonia una volta di più il livello di degrado della vita politica della borghesia italiana.
Ma è la fondamentale discriminante di classe del capitalismo a trasparire con più nitidezza dai provvedimenti del Governo di fronte all’emergenza coronavirus. Nella stesura dei decreti e dei successivi interventi esplicativi emerge con chiarezza come l’autorità politica abbia tenuto conto delle più importanti esigenze capitalistiche, degli interessi di fondo delle componenti borghesi più rilevanti. Un inevitabile esercizio di bilanciamento, di compromesso, di retorica emergenziale con cui ammantare l’eccezione, la deroga in favore del potere troppo forte per cedere il passo di fronte alla tanto sbandierata motivazione scientifica delle misure straordinarie. Con altrettanta prevedibilità, è stata la classe che vive di salario, che possiede solo la propria forza-lavoro come risorsa da portare sul mercato del capitale e della merce umana, a rivestire il ruolo della grande sacrificata a tutti questi compromessi, a questo gioco (non di rado goffo e improvvisato, ennesima manifestazione di uno scadimento del mondo politico borghese) di deroghe e scappatoie.
Ecco, quindi, nell’Italia del “tutti a casa”, masse di lavoratori regolarmente in marcia verso stabilimenti e aziende, muniti alla bisogna di autocertificazione o attestazione padronale, impegnati come sempre a garantire la produzione e i profitti. Quando i proletari devono continuare a produrre e a macinare utili, il morbo può essere tenuto a bada con mascherine, distanze di sicurezza spesso dalla dubbia effettività, spruzzi di disinfettante. Lo stesso morbo diventa invece una minaccia inarrestabile, incontrastabile con qualsivoglia accorgimento, nel momento in cui si devono vietare scioperi e assemblee. È davvero solo un sospetto ingeneroso, un preconcetto ideologico, quello che scorge nel compiacimento, sparso a piene mani da esponenti politici e testimonial vari, per un “popolo bambino” chiuso in una reclusione casalinga da cui uscire solo per esigenze produttive e di consumo, il segno di una vocazione profonda di un sistema, ben oltre lo spazio circoscritto dell’emergenza?
Nelle pieghe della campagna per l’unione sacra, per la nazione riconosciutasi appartenenza totalizzante e indistinta di fronte al virus, si annidano non solo i costi che il proletariato sta pagando oggi, i rischi che già deve correre per garantire l’esistenza del capitale e del suo potere sull’intera società. Vanno preparandosi, stanno già pulsando, i meccanismi sociali con cui si cercherà di scaricare sui lavoratori il prezzo di una fase critica dell’economia italiana. Che i sindacati maggioritari facciano parte a pieno titolo di questa operazione non è certo una sorpresa. I loro vertici, le loro burocrazie non attendevano nulla di meglio per confermarsi “responsabili” sostenitori di una lotta di classe proletaria da mettere sempre tra parentesi, a regolare vantaggio della lotta padronale. Ma i lavoratori coscienti, che vogliono guidare la propria classe fuori dalla schiacciante condizione di subalternità che ne fa la scontata vittima sacrificale di ogni stagione, devono squarciare il sudicio velo dell’unione sacra tra classi. E mostrare quali interessi reali, quali catene esso nasconde.

Prospettiva Marxista

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