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IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
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Sanità: la quiete apparente prima della tempesta della pandemia.

Intervista al Coordinamento Sanità

(23 Marzo 2020)

Pubblichiamo qui una intervista ai compagni e alle compagne del Coordinamento Sanità, realtà militante romana impegnata dalla sua fondazione nella difesa tanto del diritto alla salute degli utenti della Sanità pubblica, quanto dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici che prestano servizio in strutture ospedaliere, in cui anni di tagli e mala gestione recano da lungo tempo grave pregiudizio alle condizioni e alla dignità di entrambe le categorie di cittadini e cittadine.
Raccogliemmo tale intervista oltre un mese fa, nei giorni in cui l’emergenza da Coronavirus non si era manifestata in tutta la sua gravità, ma i danni alla Sanità pubblica dovuti a una lunga stagione di politiche scellerate già facevano paventare il peggio, qualora una grave emergenza sanitaria si fosse abbattuta sul paese e sul suo maltrattato SSN.
La pubblichiamo in quanto riteniamo che questo documento sia uno strumento utile per gettare uno sguardo retrospettivo su quanto quel diritto alla salute, scritto a chiare lettere in leggi e Costituzione ed oggi sulla bocca di amministratori e politici in tutto il paese e così presente nella retorica nazionale che se ne ammanta, sia stato calpestato per molti anni dagli stessi soggetti che oggi si rappresentano come suoi improbabili “paladini”.

Policlinico

- Potete presentarvi? Dirci chi siete, come e quando si è formato il Coordinamento Sanità?

Il Coordinamento Cittadino Sanità (CCS) è nato due anni fa durante un’assemblea cittadina romana, precisamente il 9 marzo 2018, su iniziativa di varie realtà di lotta autorganizzate, come il 'Coordinamento Lavoratrici e Lavoratori Policlinico', il 'Coordinamento Lavoratrici e Lavoratori Spallanzani', la struttura 'Codice Rosso' che già si occupava del tema sanità sul territorio della Asl RM2, la 'Commissione Sanità del Coordinamento Lotte Unite' che aveva iniziato il suo percorso l’anno precedente creando il Vademecum sulle liste di attesa e lottando contro la repressione della libertà di espressione. In seguito si sono uniti alle lotte anche i ‘Movimenti per il Diritto all’Abitare’.

Siamo contro la privatizzazione della sanità e lottiamo per una sanità pubblica, gratuita, universale e umanizzata.

Abbiamo realizzato diverse iniziative, manifestazioni, assemblee, volantinaggi, per creare un dibattito cittadino e vertenze verso le ASL sulle varie problematiche della sanità pubblica che vanno dalla mancanza di personale, ai problemi di sovraffollamento nei pronto soccorso, al taglio dei posti letto, ai problemi che incontrano gli occupanti e gli immigrati per accedere ai servizi sanitari, ai problemi delle esternalizzazioni con taglio dei servizi e demansionamenti, fino alle liste di attesa lunghissime per prenotare le visite mediche.

Per saperne di più visita il nostro sito
http://www.coordinamentolotteunite.it/wp2017/uncategorized/commissione_sanita/
e la pagina Facebook @Coordinamentosanita
Per scriverci: e-mail coordinamentocittadinosanita@gmail.com

- Dai vostri interventi ci sembra che per voi, anche nella Sanità, si possa lottare solo in forma autorganizzata. Potete esporre questo aspetto delle vostre attività?

Riteniamo importante il metodo dell'autorganizzazione nelle lotte, perché è un metodo che presuppone il coinvolgimento diretto di tutte e tutti in ogni fase della lotta.

Del resto il coordinamento nasce da un insieme di realtà sia cittadine che ospedaliere che già operavano rifuggendo da sindacati e partiti e praticando la lotta in forma autorganizzata, quindi da questo punto di vista è stato naturale riprodurre la stessa forma organizzativa anche nell'intervento sulla salute.
Questo permette anche di non separare la singola vertenza dalla visione politica generale perché, banalmente, se pensi di risolvere un problema specifico (ad esempio i tempi di attesa troppo lunghi nella sanità) senza avere una visione di insieme (ad esempio le responsabilità che hanno portato al disastroso stato attuale del Servizio Sanitario Nazionale) non riesci a risolvere il problema.

Nell'applicazione pratica dell'autorganizzazione noi svolgiamo una assemblea settimanale (alle 17 del lunedì, nell'auletta del Policlinico Umberto I) dove si realizza un confronto sulle questioni aperte, si individuano i terreni di intervento, si decidono le iniziative da fare e si realizzano.

Tutte e tutti fanno tutto.





Ci potete descrivere il lavoro che portate avanti nell'enorme bacino di utenza rappresentato dalla ASL Roma 2, con particolare riferimento alla questione dell'Intra moenia?

Nella ASL RM 2 di Roma risiedono circa 1.200.000 persone per un'area che copre i settori di sud ovest della città. E' sicuramente il bacino di utenza più gande d'Italia e forse d'Europa.
Il nostro intervento è iniziato più di due anni fa, quando furono effettuati numerosi volantinaggi e megafonaggi davanti a una delle sedi della ASL, a cura dei compagni di "Codice Rosso" una struttra che ha poi dato vita, insieme a lavoratori, lavoratrici e utenti, all'attuale Coordinamento Cittadino Sanità.
Il nostro intervento si è basato inizialmente sulle liste di attesta per prestazioni diagnostiche (ecografie, mammografie, ecc ecc.) e visite specialistiche, che nel Lazio, e soprattutto nella ASL RM 2 sono lunghissime (parliamo anche di più di un anno) se non addirittura praticamente impossibili. Tutto questo è ovviamente strettamente legato alle visite in Intra Moenia, ovvero a completo carico dell'assistito/a, secondo tariffe che variano a seconda del medico e della struttura arrivando anche a centinaia di euro, prenotando le quali si è sicuramente chiamati in tempi brevissimi.
E' ormai noto che questa "possibilità" di assistenza privata rappresenta ormai soltanto un modo per saltare le file, per chi può permetterselo, ma non era così, almeno sulla carta, quando l'Intra Moenia fu introdotta dal decreto legislativo 124/1998. In questo era infatti previsto che l'Intra Moenia rappresentasse soltanto la possibilità di scegliere il medico, pagandolo, ma che le liste intramurarie e quelle pubbliche dovessero "viaggiare" in parallelo. In caso contrario era previsto il blocco dell'Intra Moenia.
Questo non è mai successo, ma c'è di più: il decreto prevede anche che, in caso di impossibilità di rispettare i tempi indicati sulla ricetta del medico, la cosiddetta "impegnativa", la struttura pubblica è tenuta a erogare la prestazione in regime intramurario, e che la somma richiesta debba essere rimborsata dalla struttura, detratto l'eventuale ticket. Abbiamo prodotto un vademecum che vi alleghiamo, ne quale viene spiegato in modo semplice quanto abbiamo illustrato, insieme a un modulo che richiede la prestazione in regime di attività libero-professionale.
Di questa possibilità l'utenza non è mai stata informata e dobbiamo dire di essere stati i primi in Italia a pubblicizzarla, dopo di che alcuni giornali e organizzazioni ne hanno, bontà loro, parlato ma senza alcun risultato.
Abbiamo quindi organizzato due assemblee cittadine, una alla fine del 2018 e l'altra nel 2019, per lanciare le nostre iniziative, ma purtroppo la risposta delle strutture romane è stata quantomeno tiepida. Di fatto solo alcuni compagni/e dei movimenti per il diritto all'abitare hanno deciso di lavorare insieme a noi, anche per affrontare il problema dell'esclusione dall'assistenza sanitaria di coloro che sono sprovvisti della residenza o del permesso di soggiorno.
Contemporaneamente è proseguito il nostro intervento a tappeto nei presidi sanitari della ASL RM2, con volantinaggi e assemblee, finche l'anno scorso, con una sorta di "occupazione" della direzione sanitaria, abbiamo ottenuto un primo incontro al quale ne è succeduto un altro che ha prodotto un verbale, a ottobre del 2019, nel quale l'ASL, pur non manifestando alcuna intenzione di applicare il D. Legislativo citato, si impegnava a informare l'utenza di quanto previsto dallo stesso per quanto riguardava la tempestività delle prestazioni.
Questo non è mai accaduto, perciò abbiamo stilato noi stessi/e una cartellonistica che informava l'utenza, e l'abbiamo affissa nelle varie sedi della ASL (anche qui con una sorta di "occupazione" dei locali) ma al contempo sia da parte nostra, che da parte dei cittadini, sono cominciate a partire le istanze sulla base del nostro vademecum. In questo caso, guarda un po', la visita o la prestazione "saltavano fuori" e venivano prenotate in tempi anche più brevi di quanto richiesto dall'impegnativa.
Ogni tanto i giornali si occupano della vergognosa situazione delle liste di attesa, ci sono state anche dichiarazione da parte del precedente governo, ma nonostante che la Regione Lazio pubblica periodicamente il monitoraggio dei tempi di attesa (https://www.salutelazio.it/monitoraggio-tempi-di-attesa-dati) che testimonia quanto da tempo affermiamo (guardandosi bene dal pubblicizzare la possibilità di prestazioni intramurarie col solo ticket), nulla si muove.



Parlateci delle vostre lotte e denunce relative alla dolente questione dei Pronto soccorso.
Sappiamo che in tali luoghi la negazione dei diritti di utenti e lavoratori e lavoratrici è particolarmente e dolorosamente evidente, e che il livello di repressione di ogni forma di dissenso verso tali condizioni da parte di chi ci lavora vi è particolarmente pesante.


I Pronto soccorso da anni registrano una congestione dovuta al fatto che mancano sia i posti letto nei reparti di destinazione sia i presidi di assistenza territoriali e domiciliari dove seguire i pazienti che non hanno un indispensabile bisogno di ricovero. La chiusura di migliaia di posti letto nel Lazio ha determinato lo stazionamento di un numero enorme di pazienti in PS per giorni, e naturalmente queste strutture non sono strutturate per questa funzione. Si è arrivati all’assurdo che l’unica risposta alla mancanza di posti letto è svolta dal posto dove per definizione non si possono avere posti letto.
Purtroppo anche se storicamente gli ospedali romani hanno espresso momenti alti di mobilitazione, che non si limitavano al solo sindacale ma rivendicavano anche una Sanità umanizzata ed universale, bisogna registrare una sostanziale passività alle profonde ristrutturazioni in atto.
Nonostante questo la repressione aziendale è stata feroce nei confronti dei pochi che si esponevano per denunciare e proporre mobilitazioni. Numerosi sono stati i casi di sospensioni punitive e denunce penali nei loro confronti, con la motivazione di diffamare l’azienda. I casi recenti riguardano due infermieri dell’ospedale Spallanzani, prima sospesi per tre mesi dal servizio e dallo stipendio e poi oggetto di denuncia penale per calunnia e diffamazione. L’altro caso eclatante riguarda un infermiere dell’ Umberto I, struttura in passato assai nota per avere nei lavoratori e nelle lavoratrici del Policlinico una forte avanguardia di lotta, che è stato oggetto di due provvedimenti disciplinari di sospensione, il primo di tre mesi (poi ridotto a dieci giorni) e il secondo di sei mesi, di cui è pendente la causa presso il tribunale del lavoro. A questo stesso infermiere è stata recentemente notificata una denuncia penale per calunnia e diffamazione.
Come è evidente, a fronte della negazione di diritti e dignità di chi usufruisce delle cure negli ospedali e di chi vi lavora con tanto spirito di sacrificio, sono le denunce della cattiva gestione e degli atti reiterati di attacco ai diritti fondamentali delle persone, ad essere condannate e sanzionate.
Ci vogliono silenti innanzi allo scempio della Sanità, ma continueremo a lottare.



Ringraziamo le compagne e i compagni del Coordinamento per il loro prezioso lavoro, con l’auspicio di incontrarle e incontrarli nelle prossime lotte.

Leonardo Donghi

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