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La fatalità dominante

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(26 Novembre 2011) Enzo Apicella

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(Di lavoro si muore)

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(8 Aprile 2020)

fronte unico bla bla bla n. 3

12.052 operatori sanitari contagiati, 89 medici, 25 infermieri e 1 Oss del SSN morti sul lavoro. Questi sono i dati al 6 di aprile. Niente si sa degli altri operatori sanitari, degli addetti alle pulizie ... quanti i contagiati, quanti i morti? A un mese e mezzo dall’inizio dell’emergenza coronavirus in Italia, cifre da brivido, il doppio rispetto a quelle della Cina, cifre sottostimate tra l’altro, per il ritardo gravissimo nell’eseguire i tamponi sanitari, ai quali ancora oggi centinaia di lavoratori non vengono sottoposti.
Come è potuta accadere una cosa simile? Questi dati mostrano che non sono state adottate le più elementari norme di sicurezza (informazione, prevenzione, protezione ...). Nonostante il “bollettino di guerra” continui ad aumentare, a oggi, le Regioni con gli amministratori, gli esponenti politici e la Protezione Civile, si preoccupano solo di dimostrare di “aver fatto tutto quello che si poteva fare”, mentre la mancanza dei Dpi (Dispositivi di protezione individuale) non solo non è stata risolta, ma in molti casi il solo reperimento delle mascherine è stato affidato alla sensibilità dei cittadini, dei lavoratori o agli interessi di privati.
Un medico di base della provincia di Bergamo ha giustamente definito questi morti sul lavoro “una strage di Stato”; una definizione che rappresenta bene il passato e il presente. Il passato con le scelte fatte di privatizzazione e smantellamento del Sistema Sanitario Pubblico, dove sul fronte dei lavoratori, la mancanza cronica di personale, un’organizzazione del lavoro che doveva rispondere a una gestione aziendalistica preoccupata dell’efficienza e dei costi, aveva già prodotto il decadimento delle condizioni di salute e di sicurezza.
Il presente ha mostrato che quelle scelte sono state la causa reale (dei contagi e delle morti fra gli operatori sanitari e nel resto del personale che lavora nei territori e case di cura) evidenziando tutta la “fallibilità” di un sistema rispetto alle condizioni di lavoro e di sicurezza.
Il “coronavirus” ha avuto i suoi più stretti alleati nelle scelte politico/aziendaliste di questi decenni da parte di governi e regioni. Scelte che in nessuna maniera devono essere messe in discussione (vedi emendamenti al decreto Cura Italia presentati in questi giorni in Parlamento) nemmeno di fronte alle responsabilità evidenti, politiche e manageriali, dei vari dirigenti delle strutture sanitarie pubbliche e private durante l’emergenza Covid 19, che si vedrebbero cosi cancellare con un vergognoso “colpo di spugna”, ogni rischio di contenzioso, avanzato sia dai cittadini che dagli stessi operatori sanitari per gli errori commessi.
Non si può e non si deve accettare il concetto che di fronte ad un evento nuovo o emergenziale, le morti e le malattie (da e) per il lavoro non possano essere evitate, che siano un prezzo da pagare. Non si può e non si deve accettare la logica della riduzione dei costi e dell'aumento dei profitti nel campo della sanità, a scapito della sicurezza, della salute e della vita dei lavoratori e della popolazione. Come non si possono e non si devono accettare né le minacce e le intimidazioni ai lavoratori che hanno denunciato le condizioni di lavoro, né che diventino domani sanzioni, punizioni e licenziamenti.
La lotta per la salute e la sicurezza è nelle nostre mani, nelle mani dei lavoratori e delle lavoratrici. Solidarietà, unità, lotta e organizzazione, sono gli strumenti necessari per costruire percorsi unitari, strategie comuni in difesa e a tutela dei nostri diritti, della salute e della sicurezza, della nostra dignità e del nostro futuro.
Non dimentichiamolo: la salute NON si vende, NON si monetizza, NON si subordina a norme, contratti, leggi!

7 aprile 2020

Coordinamento lavoratrici/lavoratori autoconvocati per l’unità della classe

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