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Attacco al referendum

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(25 Maggio 2011) Enzo Apicella

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MANIFESTAZIONI VIRALI DELLA CRISI

(21 Aprile 2020)

John Maynard Keynes

John Maynard Keynes

Eccolo, il cigno nero. Nella "micidiale normalità" del quotidiano procedere del capitale verso la catastrofe, interviene l'elemento "imprevisto" a scatenare una serie di conseguenze che ne sconvolgono la routine.
Ma il cigno nero non era poi tanto imprevisto, tant'è che in vista di qualcosa di molto simile i Paesi avrebbero dovuto predisporre piani di intervento per mettere in campo immediate contromisure. Già in anni recenti, i migliori esperti nei migliori laboratori del mondo erano impegnati negli studi sui virus che avevano minacciato di scatenare pandemie, e tra questi virus ce n'erano per l’appunto del tipo "corona".
Ma si sa: nella "micidiale normalità" del capitale non trovano posto piani di salvezza della specie: si scateni pure la catastrofe climatica, vada a farsi fottere il mondo...! ciò che conta è garantire al capitale il diritto a fare profitti, meglio se a breve termine!
Nel lungo periodo, insegna Keynes, siamo tutti morti. Egli aveva indicato al capitale una via per sopravvivere, cosciente com'era che nessuna evoluzione l'avrebbe trasformato in qualcosa di meglio dalla merda che è. Tira a campare! Ma Keynes suggeriva che era il caso di darsi una regolata, di moderare gli appetiti, se no... Ma il vorace vegliardo, Sua Maestà il Capitale, un po' perché in difficoltà a tirare
a campare con il freno tirato, un po' perché ringalluzzito dall'assenza di un’alternativa visibile al suo miserabile presente (l'unica alternativa, il comunismo, resa invisibile ai più dallo sforzo congiunto di stalinisti e padroni), si è lanciato a briglia sciolta
inneggiando alla libertà. Alla sua! Non è qui luogo per soffermarsi sulla sua resistibile espansione mondiale da quarant'anni a questa parte (buona la sintesi del buon borghese Missoni: globalisation de la merde).
Basti dire che ha creduto di vivere una nuova giovinezza di gozzoviglie e sfruttamento, ha creduto e fatto credere che il suo presente fosse il futuro, un presente eterno di sfruttamento di tanti e gozzoviglie di pochi.
Nessun cortigiano osava ricordargli la sua vecchiaia, né aveva il coraggio di avvertirlo che tutto il grande affannarsi a sfruttare per produrre, vendere, sfruttare e riprodurre all'infinito, senza molto riguardo per lo spreco e il veleno che ogni produzione di merce porta con sé, avrebbe richiamato prima o poi il "cigno nero" a rivelarne l'aspetto decrepito. Il re è nudo, quasi morto.
Il cigno nero è arrivato dopo che vari campanelli d'allarme avevano annunciato l'approssimarsi di una nuova crisi. Si pensava al riproporsi degli scenari della grande caduta del 2008, con il suo strascico di fallimenti, chiusure, disoccupazione e miseria, forse ancora peggiori del precedente per dimensioni e conseguenze. Invece, si è aperto lo scenario inatteso di una crisi dovuta a "cause naturali", come spesso si attesta nei referti autoptici. Epidemia, pandemia, morti a migliaia... E
noi a denunciare i guasti del capitalismo! È la natura a colpire, il saggio del profitto non c'entra nulla, è innocente. E sia.

Ammettiamo pure che le cause della catastrofe siano "naturali". Non vogliamo dar credito alle tesi "complottiste" secondo cui il virus sarebbe uscito da un laboratorio ultrasegreto – per quanto i preparativi di una guerra batteriologica siano tanto segreti quanto reali – e sia invece stato trasmesso da un pipistrellaccio (di quelli che volteggiano sulle torri di Nosferatu) venduto al mercato da trogloditi cinesi
mangiatori di topi vivi. Escludiamo la tesi militare per accettare quella "mercantile", senza insistere molto sul significato che si potrebbe dare a quest’aspetto che è sociale, non naturale, capace di attribuire carattere di merce anche a un mammifero notturno. Anche se da fonti autorevoli cominciano a circolare notizie che smentiscono la martellante narrazione ufficiale, diamo credito al mainstream. Quello che è successo dopo, però, è tutt'altro che "naturale".
Ovunque si sia manifestata, almeno nei paesi capitalisticamente più sviluppati, la crisi epidemica si è sviluppata nelle medesime tappe, con varianti dettate dal maggiore o minore grado di organizzazione e preparazione del sistema:
- iniziale sottovalutazione del problema, anche in presenza del diffondersi preoccupante di casi sospetti, per non generare panico e bloccare la produzione;
- esplosione di focolai virali che richiedevano provvedimenti immediati
di salute pubblica vivacemente contrastati dalle voci provenienti dal "mondo economico" che non intendevano accettare il fermo della produzione e degli scambi;
- espansione incontrollata del virus e immediata o progressiva adozione
di provvedimenti drastici di militarizzazione del territorio, riduzione
al minimo della mobilità, confinamento della popolazione nelle proprie case. Nelle forme più morbide, il confinamento ha assunto il carattere di volontarietà, ma la pressione mediatica e sociale lo ha reso ugualmente efficace.

Ovunque, anche nei paesi più ricchi e organizzati, nonostante il moltiplicarsi dei segnali le autorità sono state colte alla sprovvista e il sistema Stato si è rivelato impreparato a fronteggiare l'emergenza.
Con la parziale eccezione della Germania, comunque da verificare a posteriori, l'epidemia ha messo a nudo le magagne e i limiti dei sistemi sanitari nazionali, dove le strutture pubbliche, uscite dalla cura dimagrante “neoliberista”, non sono state in grado di reggere l'emergenza.
L'imposizione dall'alto di un ordine poliziesco ha fatto da contraltare alla confusione della comunicazione e al disordine degli interventi sanitari, alla mancanza di dispositivi di protezione e cura, all'esposizione del personale degli ospedali che si faceva esso stesso veicolo di diffusione, alla ecatombe delle case di riposo e alle fosse comuni, alle morti silenziose nelle abitazioni private... L'emergenza ha generato lo stato d'ordine senza riuscire ad evitare il caos dove era necessario intervenire e organizzare.
Quando il caos sarà rientrato, forse rientrerà anche lo stato d'ordine, ma la traccia lasciata nell'assetto politico e istituzionale non sarà cancellata. Il passaggio rapido dallo stato di normalità "democratica" allo stato d'emergenza sarà divenuto esso stesso la norma. Continuano ad avvertire che il virus ritornerà. E se non sarà il virus sarà
qualcos'altro. L'arrivo del virus ratifica lo stato latente di emergenza che caratterizza il sistema capitalistico e lo caratterizzerà fino alla sua fine.

Sotto questo aspetto la comparsa del Covid 19 è stata per il capitale una vera manna. Che cosa sarebbe accaduto se la crisi – considerata ormai da tutti gli esperti prossima e inevitabile, e in parte già in corso – si fosse abbattuta sulla "micidiale normalità" quotidiana e avesse provocato sconquassi sociali anche peggiori di quelli
indimenticati di poco più di un decennio fa? A chi si sarebbe potuta attribuire la nuova calamità, così poco "naturale", se non al capitale?
La percezione di vivere in un sistema economico e sociale inadeguato a
garantire anche solo la sopravvivenza dei più si sarebbe rivelata agli occhi di milioni di proletari, e chissà... Ora che è piombata sul mondo una calamità “naturale! o, per la crescente sensibilità apocalittica, “divina”, tutto appare in una veste nuova. La società deve ricompattarsi attorno all'emergenza: gli ospedali sono le prime linee di una guerra che vuole le sue vittime e i suoi eroi; sul fronte interno, nelle
retrovie, alla gente confinata tra le mura di casa si chiede la responsabilità di non uscire, ma si ammonisce che facendolo si espone al controllo e alla repressione. Il bombardamento mediatico intensifica la propaganda nemmeno troppo celata, e la disinformazione prende la forma di una valanga di notizie, cronache, dibattiti, conferenze-stampa, dove si comunicano dati improbabili solo per dare l'impressione che la situazione è sotto controllo. Se ne ricava l'impressione del contrario.
Una valanga di messaggi si riversa sui poveri spiriti costretti a digerire la reclusione con dosi massicce di melassa retorica. Il controllo dell'informazione è totale: se da un lato si dà via libera ad un profluvio di commenti tra il lugubre e lo speranzoso, si riconosce solo alla Scienza il diritto di dire la parola di verità su quanto
accade. Ma anche gli scienziati faticano a mettersi d'accordo. Tante domande: È un'influenza? Esistono farmaci? Servono le mascherine? Serve il vaccino? Una sola risposta: sì, anzi no. La conclusione quasi unanime è che l'unica soluzione sarà il vaccino: via libera alla gara tra le case farmaceutiche per produrre il miracoloso rimedio! Si ha l'impressione che tutta questa certezza sulla capacità salvifica della Scienza (ma dov'erano fino a ieri i suoi sacerdoti? in che cosa erano
impegnati?) si affidi più che alla razionalità alla Fede, al conformismo ossequioso verso il sistema che ruota attorno al Big Pharma, i padroni mondiali della salute.
Le poche voci che osano sollevare perplessità sulla blindatura e sulle
disposizioni sanitarie sono tacciate di irresponsabilità criminale. Un ricercatore che sostiene tesi alternative più o meno discutibili viene denunciato da una associazione in difesa della Scienza, fondata per l'occasione da uno dei virologi più gettonati in Tv (ma la libertà della ricerca non è il presupposto essenziale per lo sviluppo scientifico? non è la scienza, da Galileo in poi, eretica per definizione?). A un vecchio medico che consiglia di rafforzare il sistema immunitario con l'alimentazione capita di essere importunato in stile "Le Jene" da una delle principali trasmissioni Tv con velleità di giornalismo d'inchiesta. L'arrembante inviato aveva poco prima chiesto consigli sulla salute al povero medico durante una conferenza pubblica, senza per questo riuscire a strappargli affermazioni che avrebbero permesso di sputtanarlo. Vorremmo chiedere al "giornalista d'inchiesta" se avrebbe avuto la stessa verve aggressiva ad una conferenza di una grande casa farmaceutica, dove la salute è considerata prima di tutto un affare. In questa logica, da un punto di vista sociale "curare" si oppone a "guarire", in quanto la guarigione rimuove la necessità della cura. O non è così?

In ogni vera guerra va definito il nemico, meglio se tanto "pericoloso" nell'immagine che ne viene data quanto non in condizioni di difendersi dalla montante "solidarietà nazionale". Quando l'alleanza di Patria, Chiesa e Scienza lancia appello “Dagli all'Eretico!”, trova pronti i suoi esecutori. Rimarrà impressa nella memoria la sera che precedette il decreto "Io resto a casa" (come se "Io" fosse il soggetto deliberante).
Mentre le strade già si andavano svuotando e la gente rientrava alla spicciolata, dalle finestre aperte e dai balconi le note dell'inno di Mameli rivelavano che il richiamo alla solidarietà di Patria già aveva attecchito in profondità nella massa alla ricerca disperata di una guida salvifica. Questo è il clima.

Da dove viene questa all'apparenza unanime adesione a disposizioni così drastiche da sospendere da un giorno all'altro "diritti costituzionali" elementari fino a ieri sacri e inviolabili? Provvedimenti come questi non hanno precedenti storici nemmeno ai tempi della spaventosa "Spagnola" e, se vogliamo andare più indietro nel tempo, nemmeno ai tempi della peste descritta dal Manzoni. Don Rodrigo si accorge dei
bubboni al rientro da una bettola, evidentemente non sottoposta a
divieti di apertura. Le odierne autorità sanitarie potrebbero osservare che probabilmente oggi Don Rodrigo si sarebbe salvato, poco importa se a discapito di un pilastro della letteratura nazionale. Qui si potrebbe aprire un bel dibattito tra intellettuali se valga più una grande opera letteraria o la vita di un uomo. Se chiedessimo ai responsabili dell'emergenza i valori guida che li orientano nelle scelte, sicuramente direbbero, prima ancora della libertà di movimento e di ogni altro diritto, "il diritto alla vita", "preservare vite umane": ma ciò non ha impedito l'ecatombe. Potenza o impotenza della Scienza?
Nell'epoca raccontata dal Manzoni, i presunti untori, additati ingiustamente a responsabili della magagna, rivelavano la diffusione, assieme alla peste, della superstizione e del pregiudizio. Oggi è additato a untore chiunque si azzardi a uscire di casa per un motivo men che grave, o che non porti la mascherina mentre fa la spesa. Lo stabilisce non la superstizione, ma la Scienza! Lo chiamano
"distanziamento sociale". È in gioco la sopravvivenza, ed è la sopravvivenza l'unico scopo che questa società senza futuro si può prefiggere. I provvedimenti di polizia passano per iniziative di salute pubblica, ma il fine è il mantenimento preventivo dell'ordine sociale.
Volano droni ed elicotteri, altoparlanti ammoniscono a non superare la
frontiera della porta di casa, dai balconi occhi attenti scrutano lo sparuto passante chiedendosi: ma ce l'avrà un "grave motivo"?

La sopravvivenza veramente in gioco qui, a parte quella dei milioni di proletari che subiranno i contraccolpi della crisi, è quella del capitalismo. Quanto detto sopra descrive la semplice percezione degli eventi di chiunque abbia conservato traccia di un pensiero minimamente critico nei confronti della realtà. Il pensiero critico è confinato ai margini, usato come pretesto per accusare di disfattismo ogni forma di
dissenso. La percezione che dello scenario hanno le masse – intese come entità sociale plasmabile e orientabile dal potere – le spinge a rimpiangere la "micidiale normalità" in cui i più si arrabattavano a mettere insieme i soldi delle bollette spremendo muscoli, cervello e nervi per campare. Il futuro del capitalismo è... il passato. C'è qualcosa di peggio del capitalismo: è il capitalismo che non funziona, sono le fabbriche chiuse, i negozi sbarrati, le vie deserte, tutto ciò che garantiva bene o male la pagnotta. Il capitale può dire ai suoi schiavi: "Ora lo vedete: come fareste a campare senza di me?". Grazie al virus il capitale si fa rimpiangere, può sostenere di non avere responsabilità dirette di quanto sta accadendo, può giustificare il dispiegamento dei suoi strumenti d'ordine non per prevenire l'insorgere di un movimento di lotta classista, ma per "scopi umanitari". Non c'è guerra moderna che non sia "umanitaria". Del resto è o non è la guerra "sola igiene del mondo", estremo provvedimento sanitario atto a liberare la terra dalle eccedenze umane? Sarà per questo che le fabbriche d'armi della Brianza continuano a produrre a pieno ritmo e i vecchi muoiono nei ricoveri ridotti a lazzaretti...

Da dove è giunto questo nemico invisibile che ha dato avvio alla guerra?
Si dice da una delle regioni più industriali e produttive della Cina, uno dei motori della dinamica mondiale del capitale negli ultimi decenni. Da lì ha raggiunto il cuore produttivo dell'Europa, seguendo (lo dicono alcuni studi) le principali direttrici logistiche dei movimenti mondiali di uomini e merci, per poi irradiarsi e colpire le principali potenze e il cuore stesso dell'imperialismo mondiale.
È significativo che molti paesi cosiddetti "arretrati" siano assai meno
colpiti. Si sono ipotizzate ragioni climatiche e addirittura genetiche per spiegare quella che, almeno finora, è un'anomalia. Altrettanto sorprendente è il fatto che la ricca Lombardia abbia registrato una mortalità enormemente più alta di quella della depressa Calabria. Il sistema sanitario lombardo, per il 50% privato, eccellente sulla carta, è stato sul punto di collassare. Efficientissimo dal punto di vista
capitalistico, capace di produrre profitti altissimi e basato sulla concorrenza pubblico-privato, si è rivelato un flop quanto a capacità di rispondere a una situazione di emergenza sanitaria. Per contro quello calabro, commissariato per mafia da circa un anno, regge. Ma lì il Covid si è fatto vedere poco. Volendo tentare una ipotesi, con tutte le dovute riserve in una fase in cui il fenomeno è in pieno sviluppo,
sembrerebbe che questo Covid si accanisca sulle aree capitalisticamente più sviluppate e, tra queste, su quelle più segnate dalle politiche “neoliberiste” (Italia, Regno Unito, Stati Uniti). Tralasciamo questo secondo aspetto, che ci sembra secondario rispetto alla natura capitalistica di questa crisi sanitaria, anche se tutt'altro che ininfluente sui tassi di mortalità dell'epidemia. Se la Lombardia ha
registrato tassi di diffusione e mortalità di gran lunga più elevati rispetto al resto d'Italia, non è solo frutto della privatizzazione e della disorganizzazione del suo "eccellente" sistema sanitario. È anche il risultato della densità di popolazione, della elevatissima mobilità locale e internazionale di merci e persone, del tasso di concentrazione di attività industriali e agricole: tutti fattori che ne fanno un'area con pochi equivalenti nel mondo. Questa densità capitalistica fa sì che
quanto a livelli di inquinamento ambientale la Lombardia si collochi al terzo posto al mondo.
Quando si ipotizza una relazione tra ambiente e diffusione delle malattie – quando cioè si cercano le origini sociali delle malattie – , i professoroni storcono il naso. Roba da ambientalisti, mica da scienziati... Ma questa volta gli scettici sono stati spiazzati da uno studio di Harvard che ha dimostrato un nesso evidente fra la densità del particolato presente nell'aria e la probabilità di sviluppare malattie, comprese quelle di origine virale. Altri studi condotti nelle aree lombarde dove il Covid 19 ha colpito con più durezza hanno misurato nella concentrazione di particolato una percentuale di virus del 4%! Uno straordinario veicolo di diffusione batterica e virale. Queste particelle, queste polveri sottili cariche di inquinanti, provengono da varie fonti, ma nella zona con maggiore tasso di contagi uno dei principali responsabili sembra essere l'agricoltura intensiva. Le aziende agricole utilizzano come fertilizzanti i liquami provenienti dagli allevamenti intensivi di bovini e suini della zona, e questi sono
stati sparsi nei campi proprio nel periodo immediatamente precedente la propagazione dell'epidemia. Anche se la questione deve essere ancora studiata e approfondita, il nesso tra questo tipo di inquinamento e l'anomala diffusione del contagio in certe località è più che plausibile. Se così fosse, si potrebbe dire che alla globalization de la merde planetaria corrisponde, sul piano locale, la concentration de la merde.

Per concludere, ci pare di poter dire che le caratteristiche di questo virus si adattano perfettamente alle condizioni dei capitalismi più sviluppati. È lì che trovano il loro habitat ideale.

Nondimeno la sua capacità di sconvolgere la "micidiale normalità", non fa altro che trasformarla in micidiale emergenza: potenzialmente micidiale anche rispetto alla capacità del sistema di produrre e riprodurre le condizioni della sua sopravvivenza, oggi messe a dura prova. Le incognite sulla ripresa dell'economia dopo il prolungato blocco (di cui Marx previde la potenziale letalità per il capitale) costringono gli esecutivi a spingere per una ulteriore crescita dell'indebitamento pubblico e privato per aumentare la liquidità del sistema e far fronte al bisogno generalizzato di liquidità. L'incognita è nella sostenibilità di un ulteriore indebitamento e nel rischio che
una possibile (probabile? inevitabile?) ripresa dell'inflazione spinga in alto i tassi di interesse e mandi a gambe all'aria l'intera impalcatura finanziaria mondiale.

Ma la vera incognita è sociale. Questa crisi porterà a fallimenti e chiusure e a un'ulteriore concentrazione del capitale, della quale faranno le spese i proletari e la miriade di lavoratori autonomi, ma anche settori della media borghesia imprenditoriale. Quello che ci aspetta dietro l'angolo è per molti versi imprevedibile. Quando viene accreditato come prossimo "salvatore della Patria" un personaggio come Mario Draghi, rappresentante per eccellenza degli interessi del potere finanziario internazionale, si ha la certezza che i vecchi padroni del vapore non intendono mollare il timone del Titanic. Ancora più inquietante è che il Mario, fautore fino a ieri del massimo rigore finanziario, si pronunci oggi a favore di un indebitamento senza limiti.
E lo fa dalle pagine del Financial Times... Richiamo per le allodole o svolta strategica che sia, non c'è dubbio che lo scopo è uno: salvare il privilegio dei suoi pari e decidere domani i sommersi e i salvati.
Intanto, il virus si porta avanti col lavoro e lo fa – per l'habitat in cui opera – con criteri di classe. Negli Stati Uniti, la percentuale di vittime tra la comunità afroamericana è incomparabilmente più alta del resto della popolazione. Altro che 'a livella! La provenienza, le direttrici di diffusione, le condizioni che gli consentono di proliferare, la letalità che privilegia gli improduttivi e i marginali, l'aumento della polarizzazione della ricchezza sociale che sta provocando fanno di questo virus qualcosa che ha ben poco di naturale.
Questo virus è una forma in cui si manifesta il capitale. Questo virus è il capitale.


20/4/2020

Partito comunista internazionale
(il programma comunista – kommunistisches programm – the
internationalist – cahiers internationalistes)

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