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PRIMO MAGGIO 2020
IL NECESSARIO E UNICO BALUARDO

(30 Aprile 2020)

prospettiva marxista

Il Primo Maggio, anche in epoca di coronavirus, rimane la data simbolo della classe operaia, delle sue lotte, della sua storia.
È una data che direttamente collega il proletariato alla sua dimensione storica, una data che esprime la storicità dell’unica classe in grado di concepire un mondo diverso.
L’ideologia dominante ha rimosso la storicità del divenire storico e con essa la possibilità di concepire una reale alternativa al presente. Ha plasmato una politica incapace di analizzare il passato e di concepire una visione per il futuro. Ha creato una politica totalmente immersa nel presente, una politica diventata pura amministrazione che glorifica l’esistente eliminando dalla propria prospettiva ogni forma di dissenso rispetto agli attuali rapporti di produzione.
Annullare la storicità significa eliminare la dimensione concreta dei problemi, significa perdere una bussola di orientamento, significa affrontare una serie di questioni nella loro spicciola gestione quotidiana senza riuscire ad inquadrarle in un quadro di prospettiva più ampio. Oggi sono, per esempio, frequenti i riferimenti alla crisi e alla guerra. Termini che vengono utilizzati, il più delle volte, senza spirito critico, senza quella concretezza storica che aiuta a capire i fenomeni. Paragonare la fase attuale, una fase comunque non ordinaria, complicata e con problematicità specifiche, ad una situazione di guerra significa utilizzare pretestuosamente il concetto del conflitto bellico per trasmettere un senso di emergenza nazionale utile a far passare una serie di norme che in condizioni abituali non sarebbero accettate o sarebbero accettate con più difficoltà. Per preparare il terreno ad ulteriori sacrifici, che graverebbero inevitabilmente sul proletariato, fa gioco contribuire a plasmare quel clima sociale di eccezionale emergenza di fronte al quale il pur minimo accenno a rivendicazioni, richieste e azioni di difesa delle condizioni di classe venga con forza bandito.
Annullare la storicità significa eternizzare il presente, eternizzare il capitalismo e le sue contraddizioni. Contraddizioni che non scompaiono di fronte al virus ma che anzi proprio il diffondersi del virus su scala mondiale fa emergere con maggiore evidenza. L’epidemia si è prodotta in una società capitalistica e non potrà in nessun modo alterare le basi di questa società. Tutti coloro che pensano che l’emergenza sanitaria possa far nascere una società diversa, più umana, più solidale, più attenta alle esigenze di salute dell’umanità si illudono. Il capitalismo ne uscirà integro nelle sue leggi di funzionamento, e più agguerrito nel cercare di recuperare gli eventuali margini di profitto persi.
L’attuale situazione dimostra come il mondo borghese sia incapace di affrontare una minaccia globale attraverso una politica che possa esprimere una efficace, comune e unificante difesa di specie. Anche di fronte ad un’emergenza sanitaria su scala globale prevalgono chiusure, logiche di parte, elementi di conflittualità economica e statale. Prevalgono, come è inevitabile che sia, le logiche di sfruttamento che necessariamente gravano sui proletari.
La retorica emergenziale, in Italia e altrove, obbliga il cittadino a rimanere a casa e il lavoratore a sacrificarsi in nome del plusvalore. Il virus non può e non deve fermare la produzione (e i profitti) ma può fermare, senza che questo provochi un adeguato confronto politico, garanzie, diritti e libertà. L’opposizione di destra che oggi strilla, esigendo il tana libera tutti dell’individualismo imprenditoriale, è la stessa che, nel mutevole andamento di umori e sondaggi, pretendeva poteri straordinari, droni e sistemi di sorveglianza a pieno regime e strizzava l’occhio alla caccia all’untore. Soprattutto non ha perso l’occasione per condannare, in nome dell’emergenza, manifestazioni di difesa operaia e il ricorso allo sciopero. La libertà di movimento, il diritto di privacy, il diritto associativo e il diritto di sciopero sono stati contingentati, tanto dal potere centrale quanto da quelli locali, in nome di un interesse generale che si autoproclama interclassista ma che nella sostanza nasconde una forte matrice antiproletaria.
Emerge con evidenza la contraddizione di una società che da una parte si rivolge al singolo cittadino considerato, nella sua dimensione astratta ed estranea ai rapporti di produzione, in condizione di piena uguaglianza, e dall’altra fa riferimento al lavoratore che, nella concretezza dei rapporti di classe, è trattato come una figura totalmente subordinata alle esigenze del capitale. Il valore d’uso della forza lavoro è di essere fonte di valore, e per generare valore il salariato deve lavorare. Il capitale, ci ricorda Marx, è lavoro morto che si ravviva, come un vampiro, soltanto succhiando lavoro vivo, e più vive quanto più ne succhia. È questa la logica alla base della società capitalistica che non scompare di fronte al diffondersi del virus. Per produrre plusvalore la classe operaia deve lavorare! Questo è il comandamento della produzione borghese. La produzione non è il fine ma il mezzo tramite il quale generare profitti.
Il clima di retorica emergenziale è utilizzato e sarà utilizzato in futuro, siamo pronti a scommettere, per sacrificare, ancora di più, i diritti dei lavoratori alla fame di profitto. Le condizioni occupazionali, già duramente colpite da decenni di politiche antioperaie, rischiano di peggiorare ulteriormente. Si profilano nubi ostili all’orizzonte che minacciano di inasprire la condizione di subalternità del proletariato, di aggravarne la precarizzazione, di peggiorarne le condizioni di vita aumentando l’incertezza, l’insicurezza e la povertà. La classe operaia dovrà fare affidamento solo su se stessa. Accodandosi a questo o a quel partito borghese cadrà vittima delle ennesime illusioni parlamentari che pochi vantaggi possono apportare al mondo del lavoro.
La lotta di classe rimane l’unico baluardo contro le politiche della borghesia. Il 2020 si è aperto con comparti di classe che, nel mondo, hanno organizzato lotte. A gennaio uno sciopero generale ha coinvolto 250 milioni di lavoratori indiani che protestavano contro le politiche economiche e sociali del Governo. I lavoratori dei trasporti, del settore bancario e dell’industria del carbone si sono uniti per chiedere un salario minimo nazionale, il ritiro di forme contrattuali penalizzanti e un sistema pensionistico universale. I lavoratori francesi hanno lottato contro il progettato peggioramento del sistema pensionistico, promuovendo lo sciopero più lungo della più recente storia francese. Comparti di classe stanno, in più parti del mondo, protestando contro le condizioni di lavoro a cui sono sottoposti durante l’emergenza coronavirus, condizioni di lavoro che troppo spesso non tengono conto delle esigenze di salute e protezione dei dipendenti. Centinaia di lavoratori di Amazon, in America e poi in altre parti del mondo tra cui l’Italia, hanno scioperato organizzando quella che è stata definita la più grande azione di massa avviata finora dai lavoratori per proteggersi dal rischio di contagio. A molti lavoratori del mondo è chiesto di scegliere tra lo stipendio e la salute, tra il rischio di malattia e il rischio di essere licenziati.
La classe operaia è capace di organizzarsi, di lottare, di difendere la propria condizione lavorativa in termini di sicurezza, diritti e salari. Sappiamo che oggi, in buona parte, i lavoratori rimangono succubi dell’ideologia dominante, rimangono passivi di fronte agli attacchi a cui sono sottoposti. Ma sappiamo anche che il proletariato è l’unica classe a cui spetta il compito di dare una prospettiva di cambiamento reale a tutta l’umanità.
Sappiamo che la lotta di classe è un dato ineliminabile della società capitalistica, che i salariati possono contare sul loro numero, sulla loro unione, sulla loro tradizione.
La classe operaia ha una storia, può trarre lezioni dal passato, può apprendere dalle sconfitte, può far tesoro delle vittorie. La politica della classe operaia non può rimanere chiusa nell’eterno presente della borghesia. Il proletariato deve avere una dimensione storica. Deve, in quanto classe rivoluzionaria, conoscere il passato, comprendere il presente e avere una prospettiva di alternativa sociale per il futuro.
Il Primo Maggio rimane la data simbolo delle lotte operaie, lotte che ci ricordano come il proletariato rappresenti ancora l’unica possibilità che il genere umano ha di costruire un mondo in cui alla logica del profitto venga anteposto l’uomo, con i suoi diritti, le sue esigenze, le sue libertà.

Prospettiva Marxista

Fonte

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