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(12 Maggio 2020)
Il vecchio detto non si smentisce neanche questa volta. L'attuale ministro dell'istruzione ha costruito la propria carriera politica ergendosi, a suo tempo, a paladina dei lavoratori precari della scuola, per poi fare "orecchie da mercante", una volta raggiunto il dicastero di viale Trastevere. L'altro suo cavallo di battaglia, la lotta alle classi pollaio non ha subito una sorte diversa: le considerazioni di un tempo, hanno lasciato il campo al più completo immobilismo e alla pedissequa riproposizione delle dotazioni organiche dei docenti dello scorso anno.
Sarà che ora è ministro, sarà che nello svolgersi della sua carriera politica è anche diventata Dirigente Scolastico, sembra proprio che l'onorevole Azzolina abbia completamente dimenticato quanto andava professando fino a qualche tempo fa.
Fatto sta ci giungono notizie, da fonti ben attendibili, che le proposte di organico in lavorazione presso gli USR sono, nella migliore delle ipotesi, uguali a quelle dello scorso anno, se non, in alcuni settori, addirittura peggiorate, come nel caso riguardante il taglio di 513 docenti ITP e 184 docenti laureati negli Istituti Professionali.
In questo lungo periodo di quarantena spesso chi ci governa si è riempito la bocca con la fatidica frase "niente sarà più come prima", ma evidentemente questo non vale per la povera scuola pubblica italiana. I burocrati del ministero se ne fregano bellamente del pericolo rappresentato dall'epidemia di coronavirus e continuano, come al solito, a formare classi con oltre 25 alunni e la presenza di due o più alunni diversamente abili. Alla faccia del distanziamento sociale! Alla faccia delle procedure di sicurezza da mettere in campo per affrontare l'emergenza!
Un paese normale, che avesse a cuore il futuro della propria popolazione avrebbe utilizzato questa crisi per poter finalmente avviare quelle profonde trasformazioni organizzative e materiali del sistema educativo nazionale di cui tanto si parla ma che non si realizzano mai. Avrebbe colto l'occasione per risolvere il problema delle classi pollaio, avrebbe assunto nuovi docenti e nuovo personale ATA per sopperire alla cronica carenza di personale, avrebbe investito per mettere finalmente in regola l'edilizia scolastica in gran parte fuori legge ... ma, purtroppo, non è così.
Al momento, oltre alle prevedibili e scontate misure per la salvaguardia della salute di studenti e lavoratori della scuola, la sola proposta partorita dal ministro, con l'aiuto della Task Force, è l'idea a dir poco bislacca di dividere, a settembre, col riavvio dell'anno scolastico, ogni classe, facendo frequentare metà alunni in presenza e metà a distanza da casa. Un'ipotesi che, oltre ad essere malaugurata perché significherebbe la conferma dell'utilizzo di quel surrogato di didattica che prende il nome di DaD, porterà all'installazione di migliaia di telecamere nelle aule scolastiche, realizzando quel progetto distopico avanzato nel precedente governo da Matteo Salvini; un'ipotesi che sembra non tenere minimamente in conto dell'inevitabile aggravamento dell'attività lavorativa dei docenti a cui sarebbe imposto un raddoppio di impegno didattico. Una proposta, purtroppo, molto probabile visto che il Ministero dell'Istruzione sempre restio a investire denaro, ha stanziato prima 165 milioni, poi altri 400 milioni di € per coprire i costi strutturali per portare la banda ultralarga nelle istituzioni scolastiche e per prevedere voucher per le famiglie, fino a 500 euro, in base all'Isee, per connessioni veloci, pc e tablet.
Di fronte a questa situazione, ancora più sconcertante appare l'atteggiamento delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative che, perseverando con il loro atteggiamento connivente e collaborazionista, invece di spingere per nuove e massicce assunzioni di personale, l'8 aprile u.s. hanno accolto con "soddisfazione la riconferma, da parte del MIUR, dello stesso organico (diritto e fatto) anche per l'anno scolastico 2020/2021". Le stesse organizzazioni che si preparano, con il prossimo rinnovo contrattuale in cui si disciplinerà e promuoverà la didattica a distanza, a svendere l'ultimo diritto rimasto al lavoratore: quello di gestire orari e spazi privati al di fuori del proprio orario di lavoro e del proprio luogo di servizio.
La scuola pubblica non merita tale trattamento!
Ed è per questo che i lavoratori di un settore così strategico hanno il dovere di prendere in mano il proprio destino e, scegliendo la pratica e l'organizzazione del sindacalismo di base con l'Unicobas, farsi promotori di un generale mutamento di rotta della politica educativa, economica e sociale in Italia.
p. l'Esecutivo Nazionale dell'Unicobas
Stefano Lonzar
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