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LA CRISI CAPITALISTICA E LE LOTTE DEI LAVORATORI
IN ARGENTINA

(3 Giugno 2020)

Dal n. 89 di "Alternativa di Classe"

Martin Guzman

Martin Guzman

L'Argentina sta cercando di evitare un default con la recessione in crescita (-3% nel 2019, -5,7% nel 2020) e l'inflazione alle stelle (55%). Il governo argentino ha comunicato di non aver versato i 500 milioni di dollari che avrebbe dovuto restituire ai propri creditori internazionali entro il 22 Aprile. Il periodo di “grazia” previsto, di trenta giorni, è il tempo supplementare garantito dai regolamenti internazionali, in cui il governo peronista dovrà trovare un accordo con gli obbligazionisti proprietari del suo debito.
La scadenza dell'8 Maggio per l’accettazione dell’offerta di ristrutturazione del debito, avanzata dal governo argentino ai creditori possessori di bond sotto legislazione internazionale, sembra superabile da nuovi negoziati. Si tratta di convincere quei creditori che finora hanno declinato l’offerta. A manifestare ottimismo è l’altro grande creditore dell’Argentina, il Fondo Monetario Internazionale (F.M.I.), tuttavia non coinvolto nel caso specifico. Il portavoce Gerry Rice, infatti, segnala la fiducia dell’organismo nel raggiungimento di ”un accordo con un’alta adesione dei creditori, che porti a ristabilire una solida sostenibilità del debito”.
Il Ministro argentino dell’Economia, Martin Guzman, avrà due settimane per nuovi round di negoziati. Se alla data del 22 Maggio non ci sarà un accordo, l’Argentina non avrà che due possibilità: pagare o entrare in default. Il clima che si respira è quello dell’attesa piena di tensione che precede la tempesta: circola lo spettro del default economico, lo scenario della crisi del 2001 è inciso nella memoria e nell’esperienza dei lavoratori argentini.
Il governo dell’ex presidente, Mauricio Macri, associava alle politiche di taglio e smantellamento dello stato sociale, il disciplinamento costante e la repressione, per impedire il conflitto: questo si traduceva nei tentativi di scioglimento delle commissioni sindacali interne più combattive, attraverso la presentazione da parte delle aziende di falsi preventivi di crisi, che abilitavano i licenziamenti, quando non si arrivava ad arrestare direttamente i sindacalisti.
Con il nuovo governo peronista, il discorso politico-mediatico della classe borghese dominante suggerisce che il destino dell’Argentina dipenda dalla fiducia dei mercati internazionali. Una presa in giro per milioni di lavoratori, che hanno visto il proprio potere d’acquisto ridursi vertiginosamente, a causa della costante crescita dell’inflazione e al conseguente aumento dei prezzi e del costo dei servizi (in particolare luce, gas e trasporti), che ridicolizzano i minimi adeguamenti salariali, mentre le strutture sanitarie e scolastiche sono sotto attacco con tagli e licenziamenti. Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da un ciclo di lotte sociali esteso, dai sindacati più conflittuali, al movimento degli indigeni e al movimento femminista.
Le politiche economiche del nuovo governo peronista non sono in grado di risolvere i gravi problemi del Paese, e scavano un solco profondo tra chi detiene la ricchezza e chi vive del proprio lavoro. Inflazione e speculazione finanziaria colpiscono duramente i lavoratori e le lavoratrici. Sul fronte industriale la situazione è drammatica: l’attività economica si è ridotta pesantemente e sono stati licenziati centinaia di operai della fabbrica Metalpar e lavoratori dell’impresa di trasporti Ersa.
Con il processo di concentrazione dei capitali, si forma un settore strutturalmente escluso dal mercato del lavoro: disoccupati, contadini, indigeni, i cartoneros (raccoglitori informali e riciclatori di residui urbani). Uomini e donne tagliati fuori dalla globalizzazione capitalistica. Attualmente, un lavoratore regolare, se riceve un salario minimo, si trova sotto la linea della povertà estrema. La crisi economica e sociale, che devasta il Paese dal 2018, è peggiore di tutte quelle precedenti. Crescono l’indigenza, la povertà e la disoccupazione. L’emergenza ormai è arrivata ad essere alimentare.
Tutti i settori produttivi sono in crisi acuta. Nel settore della pesca, ad esempio, c’è sempre meno lavoro. I lavoratori rimasti nella zona del Mar del Plata sono estremamente vulnerabili, soprattutto quelli occupati in nero, ovvero il 70% della forza-lavoro. Il sindacato degli operai dell’industria ittica (Soip) è disorientato davanti alle ripetute chiusure delle aziende negli ultimi mesi. Il ritorno al potere del peronismo, incarnato da Alberto Fernandez e da Cristina Kirchner (presidente tra il 2007 e il 2015), aveva aggravato la situazione. A Mar del Plata, la chiusura in serie di aziende ha fatto impennare il tasso di disoccupazione, che, secondo le ultime stime dell’Istituto di statistica (Indec), ha raggiunto il 13,4% della popolazione attiva. Un record in Argentina, il cui tasso medio è del 10,6%.
Le prospettive sono sconfortanti per i giovani, i più colpiti dalla mancanza di lavoro. Secondo l’Indec quasi il 37% delle giovani ragazze sotto i trent’anni di Mar del Plata non ha un lavoro. Ogni posto di lavoro regolare, che sparisce, porta via con sé anche piccoli lavori informali. Le persone che perdono il posto di lavoro regolare smettono di chiamare l’elettricista del quartiere, e, se devono tinteggiare la casa, lo fanno da sé. Si aggrava la povertà strutturale. Secondo gli ultimi dati dell’Indec, il 30% della popolazione del Mar del Plata vive in condizioni di povertà. E la media nazionale è del 35,4%! Nella periferia, si sono sviluppate grandi baraccopoli, come Barrio Malvinas Argentinas, dove le strade in terra battuta si allagano continuamente a causa del clima instabile, tipico delle città di mare. La mensa sociale serve pasti caldi per le famiglie del quartiere, ma le quantità sono insufficienti. X
Con il Coronavirus, si profila una crisi alimentare globale. Entro la fine di questo anno, dicono gli esperti, potrebbe raddoppiare il numero di persone che soffrono la fame acuta nel mondo. La pandemia del Covid-19 avviene in una fase di crisi del sistema di produzione capitalistico; in Argentina, come negli altri Paesi, aggrava le contraddizioni. L’Argentina, secondo i dati resi noti dal Ministero della salute, è il Paese con il più alto numero al mondo di contagiati da Covid-19 tra il personale medico, essendo attualmente 374 su poco meno di tremila contagiati nel Paese (il 14% del totale). Anche in Argentina gli operatori sanitari, che affrontano ogni giorno il Covid-19, non sono protetti. Sia le cliniche private, che gli ospedali pubblici, denunciano la mancanza di elementi di protezione.
Da quando è stata implementata la misura preventiva e obbligatoria di confinamento sociale, sono emersi diversi casi di cliniche private, in cui l’inosservanza del protocollo sanitario ha causato il contagio da Covid-19 da parte di operatori sanitari, e persino di componenti del personale amministrativo. La maggior parte delle Compagnie sanitarie private ha cercato di nascondere i casi di positività al Covid-19. Storie simili del capitalismo di tutti gli emisferi!
Nella città di Buenos Aires, le cifre sono allarmanti; dopo che i delegati sindacali hanno denunciato ai media casi positivi di Covid-19 tra gli operatori sanitari, per la mancanza di dispositivi di protezione di base, due cliniche private hanno dovuto riconoscere le infezioni. Il Sanatorio De la Providencia, nel quartiere Balvanera di Buenos Aires, ha dovuto chiudere, dopo aver verificato che 34 operatori sanitari che vi lavoravano erano risultati positivi per il Covid-19. Le autorità dell’ospedale italiano, con sede nel quartiere di Almagro, hanno confermato in una dichiarazione di avere 19 infetti.
Per molti settori sociali in Argentina è difficilmente sostenibile l’obbligo di quarantena, e il distanziamento sociale, a causa delle condizioni urbanistiche, igieniche e sanitarie di diverse aree urbane e metropolitane: per esempio, quando le case sono sovraffollate, autocostruite e nei territori mancano i servizi essenziali, come luce, fognature e acqua corrente. Nei territori indigeni, nelle aree informali delle grandi metropoli, il governo peronista sta sperimentando, con poco successo, forme di quarantena di quartiere. La situazione di miseria, fame e povertà è drammatica sui territori dell’area metropolitana di Buenos Aires e di diverse altre province del Paese.
Anche in Argentina vi sono state proteste e rivolte nelle carceri, dovute all’assenza di condizioni minime di salute e alla costante sovrappopolazione. Nell’area metropolitana di Buenos Aires vi sono 45mila detenuti, quando i posti nelle carceri sarebbero 24mila. Anche con il nuovo governo peronista, le aziende stanno licenziando e tagliando i salari tra il 20 e il 50%, causando situazioni assai pesanti per i lavoratori.
Grande protagonista del conflitto di classe dalla parte dei padroni è Paolo Rocca, presidente del Consiglio direttivo e Amministratore delegato della holding italo-argentina Techint, multinazionale di cui fanno parte oltre 100 società nel mondo. E' uno dei gruppi economici più ricchi e potenti del Paese, padrone del mercato dell’acciaio e uno dei principali appaltatori di opere pubbliche e private sul territorio argentino.
I compagni dei partiti trotzskisti argentini portano avanti la battaglia per 'la rottura con il FMI, il no al pagamento del debito, soldi per i salari, il lavoro, la sanità, l'istruzione e gli alloggi'. ...Ma non dicono nulla sulla borghesia argentina! Sappiamo bene che il F.M.I. è una agenzia borghese internazionale, che presta capitali a basso prezzo in cambio di misure di austerità e di enormi sacrifici per i proletari, ma questo non giustifica affatto la borghesia argentina. La borghesia argentina è rapace quanto le borghesie straniere.
La pandemia rallenta la produzione, fa crollare il PIL nazionale, mette le frazioni della borghesia in spietata concorrenza. Ecco allora che i servi politici della borghesia chiamano i lavoratori a partecipare attivamente alla politica di unità nazionale.
L'obiettivo centrale per i proletari deve essere la difesa della specie umana. Con tutte le mobilitazioni possibili, urge rivendicare un salario per tutti. In Argentina, come negli altri Paesi, non si sospendano le lotte! Non è venuta meno la necessità della lotta di classe.
Il sistema capitalistico non ha un piano per l’umanità, data la sua essenza intrinsecamente disumana. Con le sue devastazioni, mette in pericolo l’esistenza stessa del genere umano e del pianeta. L’umanità ha di fronte l’alternativa tra comunismo o barbarie. I proletari di tutti i Paesi devono lottare uniti per abolire il lavoro salariato, cioè lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e costruire l’alternativa

Alternativa di Classe

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